Lucca 2017 – Due parole che se fossero state associate ai Rolling Stones solamente 5/6 anni fa non avrebbero avuto nulla in comune. Invece la storia si ripete: ancora una volta la più grande Rock’n Roll Band del pianeta ci torna a trovare per suonare dal vivo davanti al nostro pubblico, siamo ormai a quota 17 apparizioni!
Una scommessa vinta (in parte) dall’organizzazione, per la prima volta in Toscana, terra amata e frequentata da Mick Jagger, in un contesto davvero suggestivo, una piccola cittadina ricca di storia, senza dubbio la location più bella di tutto il tour.
Sono passati tre anni dall’ultima volta al Circo Massimo di Roma ma per i Rolling il tempo sembra scorrere molto lentamente, sono ancora in grado di regalare concerti grandiosi ed essere l’evento dell’anno. Intramontabili, certo invecchiati, a volte lenti ma non per questo superati, anzi, i vecchi leoni del Rock sono tra gli ultimi a tenere in piedi un genere da loro inventato e ormai giunto al termine.
Il "No Filter Tour" iniziato in settembre era fino ad oggi caratterizzato dal maltempo, a Lucca invece clima perfetto e sole durante tutta la giornata. Il palco con le 4 torri davvero imponente e bellissime le immagini trasmesse dai megaschermi, pochi filmati e piu inquadrature dei musicisti.
Lo show inizia alle 21:15 ormai buio pieno, attacco diretto con Sympathy For The Devil, l'ingresso di Jagger vale da solo il prezzo del biglietto (tra i meno cari d'Europa), poi sul ritornello entrano le chitarre, in particolare la Les Paul Jr gialla di Keith Richards ad un volume che si sente fino a Pisa.
Dopo IORR e Tumbling Dice si arriva ai due brani dal nuovo album Blue&Lonesome Just Your Fool e Ride 'Em Down. Mick si diverte tutta la sera a parlare in italiano e rievoca per la seconda volta (dopo San Siro 2006) “Con Le Mie Lacrime” con un finale un po improvvisato. Per il resto la scaletta e’ come al solito scontata, fingendo addirittura che il pubblico abbia votato Let’s Spend The Night Together.
You Can’t Always Get What You Want a mio parere miglior pezzo della serata con un assolo di Ronnie degno del 1975. Wood, che e’ sempre più la chitarra principale di questa band, fa il lavoro sporco e aiuta nei riff Richards, anch'egli ispirato e in forma, canta prima Happy poi la lunga ma bellissima Slipping Away.
Altri pezzi notevoli Midnight Rambler e Street Fighting Man, davvero potente l'open G di Keith con la telecaster verde.
Sinceramente mi aspettavo un maggior colpo d’occhio per quel che riguarda l’ambientazione, credevo fosse molto più simile al Circo Massimo come scenografia, invece le mura erano praticamente coperte interamente dalle strutture che formavano gli spalti, solamente gli alberi e le quattro case lungo il viale davano una sensazione di “cittadino” con la gente sui balconi e alle finestre.
Purtroppo abbiamo letto tante critiche negative per come sono state gestite le cose nel Prato B, effettivamente dal “privilegiato” settore Gold si e’ capito subito che da piu indietro sarebbe stato difficile vedere qualcosa del concerto che non assomigliasse ad un megaschermo coperto da un albero o da una torre, oltre a, sempre per sentito dire, una affluenza in uscita degna del peggiore degli incubi.
Evidentemente fortunato chi ieri sera era nel Prato A , e’ stato decisamente un sogno di comodità rispetto al ricordo devastante del concerto al Circo Massimo di tre anni fa dove la calca ci aveva lasciati fisicamente provati per giorni.
La festa all’Ottavo Nano del venerdi sera sarà ricordata come una delle serate piu belle che il nostro sito abbia mai organizzato fino ad oggi, locale zeppo di amici e Stoniani da tutto il mondo, personalmente suonare con i Donkeys e’ stata un’emozione incredibile.
Ci tengo inoltre a ringraziare lo staff del locale per averci ospitato non solo per la festa ma per tutto il fine settimana lucchese, dal preziosissimo parcheggio auto fino alle cene post-concerti.
Insomma, sarà difficile dimenticare questa splendida settimana (iniziata con la trasferta di Zurigo mercoledi 20) che speriamo di ripetere al piu presto, ad esempio a Parigi tra circa un mese! Mille di questi concerti!
Jacopo
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Il mito e il rito
Ormai non so piu' quante volte, all’annuncio di un loro tour, ho pensato: "questi c’hanno un’età, io pure, mi sa che sarà l’ultima occasione". E invece siamo ancora tutti qui, loro a dimenarsi su un palco, e io a sgolarmi lì sotto come in trance.
A Lucca si è consumato l'ennesimo rito, un’altra di quelle giornate che si ricorderanno per la vita, che si racconteranno ai nipoti davanti al caminetto, un altro biglietto da appendere in bacheca. In mezzo l’arrivo col treno, la ricerca dell'ingresso con la coda già sostanziosa fin dal primo mattino, i controlli più rigidi del solito per via delle minacce terroristiche, vari step prima di poter accedere al pit, le inevitabili lamentele di quelli che avrebbero organizzato tutto diversamente, il sole, i bracciali, i personaggi, le chiacchiere, il prato sotto le mura che si riempie, il tramonto, il gruppo di spalla.
The Struts, rock essenziale di chitarra basso e batteria, energici ma nulla di nuovo e con un front man, finalmente degno di questo nome, che si danna l’anima per attirare l’attenzione e coinvolgere il pubblico. Bravissimo, solo che… se ti pettini e ti trucchi come Freddie Mercury prima maniera, se ti muovi e corri e sculetti sul palco come Steven Tyler o Mick Jagger, se il chitarrista porta al dito un anello con un teschio d'argento, la prima cosa che viene in mente è che tra poco su quello stesso palco salgono "Gli Originali", e il confronto potrebbe essere impietoso.
Pausa, cambio strumenti, e l'attesa che sale. Il palco si colora di rosso inferno, l’inconfondibile ritmo delle percussioni introduce il Diavolo, "Please to meet you!"… SDREEENG… e l'inimitabile unico osannatissimo Keith Richards fa il suo ingresso in scena. Cappottone lungo fino ai piedi , l’immancabile fascia tra i capelli, dei canyon al posto delle rughe, le dita delle mani nodose come rami di un antico ulivo, è il Re, e non ne vuole sapere di abdicare, ecchissenefrega se canna già il primo assolo e se zoppica nell’intro della successiva "It’s only R&R". D’altra parte il tour si chiama "Senza Filtro", è ben più ruspante rispetto alla perfezione del Circo Massimo di tre anni fa, e di errori e inciampi ce ne saranno tanti da parte di tutti, tra attacchi sbilenchi e strofe mancate.
Già su "Tumbling dice" il rodaggio è finito, due pezzi dall’"album blu", armonica protagonista per un blues scarno e potente, così come dovrebbe sempre essere, per legge!, e poi Keef imbraccia l’acustica a 12 corde e arpeggia "As tears goes by". Mick "stasera sono romantico" la canta in italiano. "You can’t always get…" senza tanti fronzoli si rivela una luminosissima sorpresa, e dà modo all’ineffabile Ronnie Wood, insieme a Chuck vera zattera di salvataggio a tutto campo, che Dio ce lo conservi, di lanciarsi in assoli da cineteca. Dietro di lui il flemmatico imperturbabile Charlie batte sui suoi tamburi con quel suo tipico incedere ipnotico, mai appariscente, mai fuori sincrono.
Keef si avvicina al microfono per cantarne un paio delle sue, il pubblico lo acclama con cori da stadio, lui ride, si schernisce con quella sua aria sempre un po’ stralunata, "Thank you, scusa, I've got a job to do… alla faccia di chi ci vuole male", così, in italiano. E sul riff di "Happy" credo di avere un mancamento.
Il campanaccio di "Honky tonk woman", "Miss you" con Mick alla chitarra e il basso sincopato del bravo Darryl Jones, poi la Telecaster sale in cattedra e il suo inconfondibile sound ruvido come carta vetrata a grana grossa graffia i cuori. "Midnight rambler" tiratissima, "Street fighting man" da infarto, "Start me up", "Brown sugar" (hi Bobby!) e “Satisfaction”per finire in Bellezza, con Mick Jagger che non si capisce quali santi in paradiso debba avere per sfoggiare un fisico, un sex appeal e un’energia tuttora da ragazzino, non è stato fermo un attimo, il 90% delle foto che gli ho scattato sono mosse o sfuocate.
Pausa per rifiatare, e rientro sul palco per una "Gimme shelter" orfana di Lisa Fisher, e fuochi d’artificio col suggello di "Jumping Jack Flash".
Questa la cronaca, ma d’altronde che altro dire? Delle tre generazioni di pubblico che ogni volta si sobbarcano viaggi costi e disagi pur di vedere da vicino il Mito? Di una città, Lucca, che conta 50 mila abitanti che ne ha ospitati e abbracciati altrettanti? Di un bischero che se si impegnasse e sacrificasse sul lavoro come lo fa per andare a un concerto sarebbe ceo della Apple? Boh, so solo che sono senza voce, che non ho dormito per 24 ore di fila, e che ricomincerei daccapo anche adesso. Barcellona vero?
Franz Duka
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