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MessaggioInviato: 28 settembre 2009, 21:15
Avatar utenteMessaggi: 3987Località: MilanoIscritto il: 23 marzo 2008, 12:49
Exile On Main Street


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Titolo: Exile On Main Street
Artista / Gruppo: Rolling Stones (The)
Genere: Rock/Pop
Data di uscita: 08/1994
Anno di pubblicazione: 1972
Casa discografica: Virgin
Ingegnere del suono: Andy Johns; Glyn Johns
Produttore: Jimmy Miller
Numero dischi: LP 2 - CD 1
Registrazione: Studio
Stereo: Stereo
EAN: 724383952427
Numero catalogo: CDV 2731


Tracklisting:

Side one

1. "Rocks Off" – 4:32
2. "Rip This Joint" – 2:23
3. "Shake Your Hips" (Moore) – 2:59
4. "Casino Boogie" – 3:33
5. "Tumbling Dice" – 3:45

Side two

1. "Sweet Virginia" – 4:25
2. "Torn and Frayed" – 4:17
3. "Sweet Black Angel" – 2:54
4. "Loving Cup" – 4:23

Side three

1. "Happy" – 3:04
2. "Turd on the Run" – 2:37
3. "Ventilator Blues" (Jagger, Richards, Mick Taylor) – 3:24
4. "I Just Want to See His Face" – 2:52
5. "Let It Loose" – 5:17

Side four

1. "All Down the Line" – 3:49
2. "Stop Breaking Down" (Robert Johnson) – 4:34
3. "Shine a Light" – 4:14
4. "Soul Survivor" – 3:49



Band
Mick Jagger - voce principale, armonica. Charlie Watts - batteria.
Bill Wyman - basso. Mick Taylor - chitarra ritmica e solista, basso.
Keith Richards - voce, chitarra solista e ritmica, piano e basso.
Guest : Al Perkins - steel guitar. Bobby Keys - saxofono, percussioni. Jim Price - tromba, trombone, organo.
Ian Stewart, Nicky Hopkins - piano. Billy Preston - tastiere.
Amyl Nitrate - marimba. Bill Plummer – Basso acustico ed elettrico. Jimmy Miller - batteria, percussioni.
Clydie King, Vanetta, Jerry Kirkland, Tammi Lynn, Shirley Goodman, Joe Green, Kathi McDonald - cori.

Exile on Main St., Viene pubblicato nel 1972, è la quattordicesima uscita in Gran Bretagna e la diciassettesima negli Stati Uniti dei Rolling Stones.
Album doppio, uscito il 26 maggio in Inghilterra e il 22 maggio negli USA, Exile on Main Street aveva come titolo provvisorio Tropical Disease poi sostituito con quello noto.
Raggiunse il numero 1 sia nella classifica inglese, sia in quella statunitense, rimanendovi rispettivamente per una e quattro settimane.


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Il titolo dell’album allude al loro esilio dall'Inghilterra (raffigurato con una serie di foto nel retro della copertina) a causa di problemi con il fisco con conseguente trasferimento in Francia. Infatti, le registrazioni vengono fatte nella cantina della villa in Francia di Keith Richards.
Exile on Main St. occupa la settima posizione nella classifica dei 500 migliori album di tutti i tempi stilata dalla rivista Rolling Stone
Keith Richards nel 2004 affermò che questo fu "il primo disco grunge" della storia. In questo album infatti si instaura un duello tra blues e boogie, tra rumore e silenzio, tra armoniche country e chitarre slide in evidenza.
La canzone più famosa è probabilmente Tumbling Dice, ma molto note sono pure Rocks Off, Shine a Light, Sweet Virginia, All Down the Line e Happy. Quest'ultima fu incisa da Keith Richards insieme al produttore Jimmy Miller e al sassofonista Bobby Keys mentre aspettava gli altri membri che erano in ritardo in studio.


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In "Exile on Main Street" i Rolling Stones escono dalle formalità commerciali puntando dritto alle viscere del rock nella sua forma piu' grezza e brutale. In effetti le canzoni perdono la tipica orecchiabilita' dei riff-stoniani dilagando il tutte le tradizioni care ai nostri.A Mick Jagger non piacque molto : lo considerava troppo grezzo e mal prodotto. Il Buon Keith si immerse con tutta la sua passione per gli stili tradizionali lavorando al disco e registrandolo, in buona parte, nella sua villa nel sud della Francia,rielaborando scarti dei dischi precedenti."Exile on Main Street" è la summa del Richard-pensiero.
Nel doppio album del 1972 c' e' tutta la usica con la quale il chitarrista era nato: il blues, il gospel,il boogie, la tradizione popolare ed il folk, il rock”n”roll, l' honky tonk avvolti dal nuovo stile “cockney” di cantare dell’ottimo Jagger.
La vena creativa di Richards, in quel 1972, risente in parte, probabilmente, anche della frequentazione ed amicizia con il country-rock man Gram Parson.
Il periodo così prezionso, fu paradossalmente uno dei più fragili per la vita di Keith,ormai tossicodipendente di eroina ma comunque mai così prolifero nelle composizioni.
Esiliati come fuggitivi nella claustrofobica umidità del seminterrato della villa di Richard (il che probabilmente spiega perché l’lp stesse per essere intitolato “malattia tropicale”)i Rolling Stones riuscirono a produrre il loro capolavoro,un album che non solo essi stessi,ma anche i loro contemporanei, devono ancora superare.
In verità, questo è l’album che tutti desideravano che gli Stones ambissero a realizzare e così facendo essi superarono di gran lunga tutte le aspettative.
E' un album impreziosito anche da Mick Taylor e da Ian Stewart : i loro apporti nella miscela rollingstoniana in "Exile" sono impareggiabili. Richard non amava molto Taylor : lo considerava bravissimo con la chitarra elettrica, ma privo di cuore : troppo tecnico, insomma. Taylor non amava molto il tipo di vita degli Stones, ma probabilmente non tollerava che alcune sue intuizioni chitarristiche fossero poi non incise nei brani ... (un anno e mezzo piu' tardi se ne ando' dal gruppo di sua volonta' ... ). In effetti il duo Jagger-Richards era parecchio egoista sui brani da inserire nei dischi. In effetti Bill Wyman, anni dopo, se ne ando' proprio per quel motivo!





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"Rock off" apre l' album : e' un rock' n' roll' uscito da una session di"Sticky Fingers"; che si muove tra chitarre ritmiche ed il piano di Ian Stewart. Stupendo l’arrangiamento ai fiati di Jim Price.In effetti la realizzazione dell’album dipese spesso da improvvisi momenti d’ispirazione e “Rock off” è un esempio calzante.La registrazione si era protratta fino all’alba, fino a quando,anche Keith Richard era crollato esausto.Solitamente per Andy Johns, il fonico,quello era il segnale che la seduta di registrazione era aggiornata e che finalmente poteva andarsene anche lui a dormire .Fece così anche quella volta, ma non appena fu arrivato alla casa(distante una mezzora d’auto da Nellcote) che divideva con il trombettista Jim Price sentì squillare il telefono: era Keith .<Dove cazzo sei?>gli chiese il chitarrista .Beh dormivi, gli rispose Johns e ho pensato che avessimo finito visto che erano le 5 del mattino.Normalmente Richards avrebbe atteso fino alla seduta di registrazione della sera seguente, ma in quel momento si sentiva particolarmente ispirato e pertanto voleva assolutamente sfruttare il momento.Oh no torna qua devo assolutamente registrare quella parte di chitarra disse.Johns tornò a Nellcote: “tornai là, lui attaccò la telecaster e registrò la seconda parte di chitarra ritmica e il brano come dire, decollò”Ricorda Johns,il secondo take fu quello buono,evidentemente Richard era davvero ispirato…

In "Rip this Joint" gli Stones suonano un boogie abbastanza indurito e di facile presa con un grande solo di sax di Keys.

"Shake your Hips" (cover di James Moore) e' costruito sopra un riff che assomiglia molto ad ''On the road again'' dei Canned Heat nel giro di note suonate dal basso di Wyman. Un chiaro omaggio alle loro radici .

"Casino Boogie" lento shufle si smuove tra honky tonk e boogie raffonzata con la slide ed il sax.Troviamo Richard al basso.Brano ispirato dalle giornate passate da Keith al vicino casinò.


"Tumbling Dice" in questo brano Jagger suona parti di chitarra e le parti di basso sono a cura di Mick Taylor e grande groove di Richards.
Titolato in origine "Good time woman", il brano viene provato all'infinito a causa dell'insodissfazione di Richard a trovare il riff centrale.
Il brano richiama il boogie blues caro a Richards : il pezzo si muove anche in territori gospel. La voce di Jagger risulta affogata tra gli strumenti.

"Sweet Virginia"Un avanzo della session di Sticky Finger tenute a Stargroves, si spiega il perché di un suono separato migliore.Una song-tradizione, molto honky tonk e splendidamente condita di armonica, piano e sax. Anche qui cori gospel.

"Torn and Frayed" Si denota l’ispirazione Country Western fornita agli Stones dalla presenza a Nellcote di Gram Parson con la vivace steel guitar di Al Perkins.La vesione definitiva di “Torn and frayed” è contraddistinta da una rarissima prestazione all’organo da parte di Jim Price.Semplicemente si sentì ispirato a suonare un’organo Hammond che si trovava a portata di mano, senza rendersi conto di poter essere sentito dalla sala controllo e che nell’udirlo suonare Johns e Miller decisero su due piedi di registrarlo….

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"Sweet Black Angel" altro avanzo di Sticky Finger e' un bel brano dove la chitarra acustica e le percussioni dominano; il finale e' lasciato ad un d' armonica. Brano discusso dai media per l’onesta dedica all’attivista di colore Angela Davis.

"Loving Cup" si sogna con il piano del grande Nicky Hoopkins ; diventa un bellissimo gospel impreziosito dai fiati della coppia Price & Keys.

"Happy" è l’inno disperato commovente e al tempo duro di Keith.L’enfasi ritmico del brano è come sempre estremamente grintoso e trascinante e se anche la voce di Richards è in questa occasione più sottile e sgangherata che in altre occasioni è difficile resistere allo spirito presente in Happy, grazie anche alle ben posizionate armonie vocali di Jagger.

"Turd on the Run" In questa specie di rito voodooo che è “Turd on the run” si trova una delle prestazioni all’armonica di Jagger più trascinanti e ipnotiche di sempre.Mentre Richards e Taylor infuocano le proprie chitarre, jagger suona e geme in modo inquietante quasi sinistro sputando fuori un testo che parla di amore tormentato e tormentoso.


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“Ventilator blues” Brano che rievoca le radici blues e in particolar modo Robert Johnson.Tra le altre cose questo è l’unico brano dove Mick Taylor viene accreditato come compositore.Rimarrà anche l’unico….Canzone sicuramente ispirata dal caldo pazzesco con unico aiuto un ventilatore che penzolava dal soffitto.

In "I just want to see his face" gli Stones sperimentano riti voodoo ed affini con vocalizzi : siamo nella semi-psichedelia gospel, ma lontani da "Simpaty for the Devil".Alle percussioni Jimmy Miller e Bill Plummer al basso.

"Let it Loose" presenta memorabili fraseggi di piano, di chitarra elettrica e la voce aggressiva di Jagger; il brano quindi si fa trascinare con le trombe in pieno gospel. Troviamo, dopo una richiesta da parte di Jagger a Dr John, ai cori Tammy Lynn, Shirley Goodman e lo stesso Dr John.

"All down the Line" trascinante sound rock, costruito sulla base di accordi carichi di saturazione di Keith assieme a a qualche breve lampo solistico da parte di taylor.In all down the line gli eleganti fiati di Price & Keys si intrecciano con con un coro di pressanti armonie vocali che accompagnano Jagger mentre chiede “non vuoi essere la mia bambina per un po’?”

"Stop Breaking down" e' un blues di Robert Johnson che gli Stones rendono grande e molto pulito soprattutto con la ottima solista di Richard; la batteria suona come dinanzi ad un rito pagano. Oltre alla notevole chitarra di Mick taylo, un altro elemento chiave in “Stop breaking down” è la prestazione al pianoforte di Ian Stewart.Si tratta di una delle tre apparizioni nell’album da parte dell’uomo che era stato buttato fuori dagli Stones perché aveva un aspetto troppo normale.Stu era una specie di pilastro di sostegno in simili circostanze e la sua collaborazione nella incisioni della band era sempre la benvenuta:senza dubbio una canzone come questa sembrava particolarmente adatta al suo stile pianistico ispirato al boogie woogie

"Shine a Light" l’Hammond pulito e vibrato di Billy Pereston fa da tappeto alla song che si muove tra pop e rock easy con ottimi coretti gospel .

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"Soul Survivor" con quell’aspro e tagliente riff di chitarra che va avanti all’infinito come se fosse un loop.Nonostante Jagger si dia da fare con la voce, qui la vince il muro di suono creato dalle chitarre e questo brano sottolinea la potenza ritmica di Richards.”Se si vuol capire come suona la chitarra Keith richard, bisogna osservarlo come gioca a biliardo” diceva George Chkiantz”Ha dei problemi a mantenere le palle sul tavolo…è assolutamente esplosivo”


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Con "Exile on Main Street" del 1972 si chiude un ciclo per i Rolling Stones. Nessuna delle pagine discografiche successive si accostera' piu' alle vette musicali raggiunte da dischi degli anni '60 e dai primi due album dei '70 : "Sticky Fingers", il disco leggendario, ed "Exile on Main Street", appunto. Quest' ultimo doppio LP viene considerato anche l' ultimo grande disco dei Rolling Stones ed e', probabilmente, il miglior disco blues "bianco" realizzato. I fiati sono un monumento, il piano di Ian Stewart lo e' anch' esso. Ma il disco in toto e' parecchio inferiore al precedente "Sticky Fingers" e, probabilmente, comunque, il piu' impegnato album delle Pietre Rotolanti.
Il doppio album e' il piu' memorabile furto perpetrato ai danni, o a favore, dei neri. Sudicio e selvaggio e grezzo, "Exile on Main Street" e' fatto del cantare di Jagger (qui come cantante soul istrionica) e della inventiva di Richard. Nonostante la minore presenza dei riff tipici degli Stones e', comunque, "Exile on main street" un inno al sano e creativo Rock.
Il Suono Stones negli anni in avanti non e' stato piu' lo stesso. Jagger diventa troppo attaccato a seguire le musiche in voga al momento. Richard non le considerava per niente. Raggiunsero compromessi negli anni successivi, ma anche divergenze che misero in crisi la band; con un Ron Wood (entra nei Rolling Stones ufficialmente nel 1975, ma li frequentava da tempo addietro) a fare spesso da paciere tra le parti. Quello che e' certo : e' che il primo grande periodo degli Stones termina con questo bel doppio disco.


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MessaggioInviato: 28 settembre 2009, 22:41
Messaggi: 3367Iscritto il: 29 giugno 2007, 9:18
LA RUGGINE E LA STRADA

Il 1972 è l'anno di Exile On Main Street, un doppio concentrato blues e rock'n roll di spietata bellezza, cupo, già grondante di storia fin dalla copertina, che puzza di alcool e fumo di sigarette consumete a metà in stanze e scantinati umidi e freddi di una villa in Francia affittata da Keith Richards. Tutta l'atmosfera che si vive in quella villa fatta di anarchia e sregolatezze, è riportata tra i solchi di pezzi come Ventilator Blues, Casino Boogie, Loving Cup, All down Line, Rock Off, Rip This Joint, Soul Sourvivor, Sweet Virginia, Sweet Black Angel e le altre pietre ruvide che compongono questo capolavoro assoluto e unico della storia del rock. Exile è, fondamentalmente il Richards pensiero, l'uomo chitarra ci fa sanguinare il cuore e lo cicatrizza allo stesso tempo, con dolcezza rugosa da rocker spietato e anarcoide. Questo disco non va solo ascoltato, bisogna spararselo in vena perchè circoli a tutta velocità nel sangue e arrivi a trafiggere lo scudo delle nostre certezze e sicurezze perchè, Exile, è dei bassifondi, è l'abisso Stones in cui sprofondare e non rialzarsi. Ascoltando Stop Breaking down, si ha la sensazione di trovarsi, con altri diseredati dal mondo, appoggiati ad un bidone arruginito nei pressi di una fabbrica abbandonata a fumare un Joint e bere vino rosso. La potenza del rock'n roll che trasuda dai solchi del vinile, ti scava l'anima e, di colpo, sei in corsa sulla tua vecchia moto per raggiungere l'alba livida e diafana della grande città ostile e metropolitana. L'armonica di Jagger è vellutata e aspra allo stesso tempo e ti lascia scorrere dentro un fiume di lacrime trattenute in serate poco stellate. La compatezza del sound, accompagnata, dai fraseggi al pianoforte di Ni.Hopkins, è sorretta dalla possente ritmica di Keith e dalla preziosa e bluseggiante mano di Mick Taylor. Non c'è nulla fuori posto e allo stesso tempo, Exile, è il fottuto baraccone Stones che sferraglia con la slide ,a tratti maestosa, verso la piu' cupa notte in cui discutere di eroina, di rock'n roll, di musica e di un futuro inesistente. Gli Stones, asseragliati, in questa villa francese scaraffano nei loro bicchieri un liquore velenoso che danno in pasto ai fans con la consapevolezza di farli felici nella loro lunga agonia in attesa del prossimo vinile solcato da una lingua beffarda. Il rock è servito. Il 1972 è l'anno della baraonda anarchica della band immortalata nel film Cock Suker Blues imperniato sul tour in corso e sulle sregolatezze del gruppo. Un film crudo e un manifesto della band spietato. Exile è la teatralità dei Rolling nella sua piu' sconcertante realtà. Pochi dischi nella storia del rock riescono a stare al suo fianco senza impallidire. Gli Stones dunque sfidano ancora e lo fanno in modo ancora più sfacciato senza dimenticare l'essenza della loro esistenza: la musica. ROSSO57 2009

Questo è EXILE ON MAIN ST. le recensioni giornalistiche non sono mai scritte con l'anima. Cmq ottimo topic Olia.

ROSSO57


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MessaggioInviato: 28 settembre 2009, 23:53
Messaggi: 4076Località: SALERNOIscritto il: 5 maggio 2008, 23:29
Come ho gia' avuto modo di dire, Exile e' la Route 66 dell'anima...E' desolazione, alienazione al quadrato tra un hot dog che sa di tabasco e una birra da 1 dollaro in qualche bettola a stelle e strisce, ma allo stesso tempo e' un bagno purificatore che porta alla redenzione, tra peccatori che diventano Santi e Santi che chiamano l'ennesimo "Buio" nel poker itinerante dell'esistenza fumando lucky strike senza filtro bagnate nel bourbon...Exile e' tutto questo ed altro ancora, ed il bello e' che piu' lo ascolti, piu' ci trovi delle sfumature che diventano illuminazioni da leggere come i tarocchi,l'oracolo o i fumetti di Tex Willer...Let it Bleed e' il mio preferito...Ma Exile e'...UNICO!!


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MessaggioInviato: 29 settembre 2009, 0:40
Avatar utenteMessaggi: 1658Località: TORINOIscritto il: 14 giugno 2007, 16:56
direi che questo disco sono i "Basement tapes" dei Rolling, visto che lo spirito artigianale di quelle registrazioni di Dylan e the Band del 1967 riecheggiano in queste piste, come pure il suono sbandato e fuorilegge, da buona la prima, grezzo e cosi autentico come mai piu' riuscira agli Stones in futuro. Ma e' giusto anche dire che e' straordinario lo spirito gospel di queste canzoni, mai toccato prima (e dopo) dagli Stones: un suono di salvezza, un senso come se il gruppo potesse toccare non solo la dannazione in questi solchi, ma anche la speranza, una catarsi positiva che i guai futuri renderanno impossibile al quintetto. Gli Stones sopravviveranno a loro stessi, ma lo spirito di Nellcote non torno' piu', e un po' come Gram Parsons nel deserto dello Utah, anche loro scomparvero nella loro forma (e formazione) migliori: rimase la miglior rock band del mondo, ma il gruppo di Exile rimase, come un miraggio nel deserto, per sempre cristallizzato su queste immortali tracce...


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MessaggioInviato: 29 settembre 2009, 12:03
Avatar utenteMessaggi: 430Iscritto il: 17 gennaio 2006, 21:22
qualche appunto che avevo annotato ...

Rocks Off
l'intro di keith, poi entra una seconda chitarra, sempre suonata da keith, che comincia a tenere un ritmo cadenzato stile peter gunn theme. poi entra una terza, mick t., più latineggiante con un suono ricavato da un leslie fatto girare a palla. in cuffia la sentite in centro. le tracce base vennero buttate giù una notte. uscirono tutti all'alba, compreso andy johns, tecnico del suono. keith andò a farsi un giro in macchina con jim price. un'ora e mezzo dopo tornò alla villa. andy sentì squillare il telefono. era keith "dove cazzo sei?" "pensavo stessi dormendo ..." rispose johns, pensando che fretta ci fosse,, di solito keith sapeva aspettare. ma keith era pronto e non era dell'idea di farsi scappare il momento. disse "man, devo incidere la seconda chitarra, ritorna". dice johns "the whole thing came into light and really started groovin'". la terza chitarra segue il piano di nicky hopkins, che dà un notevole contributo ritmico e di fills. aveva bisogno di sentire la canzone una, due volte poi era già sua. suona un boogie alla professor longhair, alla jerry lee, mai gratuito, trainante quanto le chitarre. verso la fine della canzone mick t. sembra quasi uscire dal pianoforte e ci picchia dentro un solo blues dove si sente molto l'ambiente, spesso utilizzavano un microfono solo per più elementi, come facevano staple singers e soul stirrers. in una cantina ... jim price e bobby keys dimostrarono di essere all'altezza di questa band ormai di 8 elementi e suonarono magnificamente, parte del gruppo non session men ai quali veniva data una parte scritta da eseguire, fatta? ciao buonanotte, questi ci mettevano del loro. keith era entusiasta di bobby, stesso giorno di nascita, suonava con buddy holly ... jagger buttò giù i versi di volta in volta, come gli prendeva la take. il "oh yeah" che si sente all'inizio sembra sia casuale e non voluto a testimoniare come l'ambiente influiva a livello di sussurri ed echi. jagger e richards vanno a braccetto e le loro voci si intrecciano fino ad arrivare al ponte, in minore, quasi psichedelico "feel so hypnotized, can't describe the scene ...". e il finale di charlie, una finezza via l'altra, in risposta ai fiati ed alla mano destra di hopkins. il finale è sfumato tranne il solettino che fa mick t. che rimane alto nel mix.

ciao
p.


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MessaggioInviato: 29 settembre 2009, 12:09
Avatar utenteMessaggi: 430Iscritto il: 17 gennaio 2006, 21:22
altri appunti ...

Rip This Joint
non si fa in tempo a riprendersi dalla botta di rocks off ed ecco che parte rip this joint, quasi che i ragazzi avessero la bocca piena di anfetamine, con l'acceleratore al massimo, per la vera ouverture del viaggio attraverso l'america anni '50, plot narrativo trainante di tutto exile. stop in "alabam'", santa fe, dallas, new orleans, fino a washington per salutare "dick and pat down in old DC". la canzone decolla e non torna indietro. keith disse "it was the fastest song (tempo) we ever cut". gli stones qui hanno un'attitudine pre-punk associata ad un groove sexy, molto fifties. la canzone ha un sentore molto rockabilly, a la Hasil Adkins, "a true rock'n roll primitive", molto grezza, minimalista. l’ impeto anfetaminico di parole di jagger è un omaggio al tradizionale viaggiare on the road dei primi numeri di rock’n roll, route 66, il chuck berry di back in the u.s.a. e sweet little sixteen, riveduto alla luce di quel modo di comportarsi sfrontato tipico del set (cosa che tornerà con respectable) . sulla galoppante linea di basso, anzi upright bass di bill plummer (strano non la suonò bill, amante di quel rock’n roll) , la chitarra di keith senza respiro, la batteria pulsante di charlie, jagger attacca con “momma said yes / poppa said no …”, un paio di urla inurbane e “dick and pat down in old DC / they’re gonna hold some shit for me …” il verso più oltraggioso della canzone subito dopo il sarcastico “mister president, mister immigration man / let me in, sweetie to your fair land” . con questo testo rip this joint avrebbe potuto essere la canzone d’apertura dello stones touring party del 72. jagger tira in ballo “new orleans, con dixie dean”, un personaggio della città negli anni ’20 (o un calciatore inglese ?) e “dallas, texas with butter queen” , barbara una groupie molto creativa che, assieme alle amiche, faceva giochetti con il burro. keith “ facevano cose splendide con il burro ma non ho mai avuto a che farci, le evitavo come la peste, niente a che fare con il lavoro” e le groupie avevano tutte dei titoli (cynthia plaster custer, …). l’influenza di little richard, il riferimento già nel titolo (rip it up), è evidente in tutta la canzone e l’ammirazione di charlie lo testimonia “richard è un artista molto sottovalutato, ottimo pianista e grande cantante, e grande intrattenitore, aspetto che oscura i primi due. E mentre la canzone swinga come un boogie di richard o di jerry lee lewis, gli stones evidenziano la chitarra alla chuck berry ed il piano di hopkins a livelli hard rock, charlie rulla sui toms come ebbie hardy e odie pain, batteristi di berry, ne citano pure un titolo let it rock, un urlo di mick che sa di wild turkey. tutti e 8 sputarono l’anima. dominique tarlè, fotografo presente a nellcote disse “keith era esausto, suonò notti intere, era difficile tenere perfettamente quel ritmo così veloce, così come voleva jimmy miller. keith diede tutto quello che aveva”. bobby keys suona sax baritono e tenore, con un paio di soli squillanti al tenore, mentre jim price, tromba e trombone, ne accenta la trama. bill plummer era un session man di los angeles, introdotto da jim keltner, e suonò un contrabbasso regalando un autentico tocco anni ’50. nicky hopkins fa, se vogliamo, la parte di ian stewart, suonando ottave alte in triplette di accordi di settima. neanche 2 minuti e mezzo che la canzone finisce.

ciao
p.

ps che faccio, vado avanti?


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MessaggioInviato: 29 settembre 2009, 12:16
Avatar utenteMessaggi: 1658Località: TORINOIscritto il: 14 giugno 2007, 16:56
molto interessante Pizza per me puoi continuare,,,


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MessaggioInviato: 29 settembre 2009, 12:45
Avatar utenteMessaggi: 430Iscritto il: 17 gennaio 2006, 21:22
altro ancora ...

Shake Your Hips
volendo si possono dividere le canzoni di exile in full-tilt rockers, gospel-ballad, folk acustico, musica country e solidi blues come ventilator blues, casino boogie, turd on the run e shake your hips, di slim harpo (Olia, slim harpo non james moore!) , bluesman caro alla band. la canzone è forte di un groove costante che cresce d’intensità di performance che di arrangiamento, in particolare nell’infllessione vocale e nella risonanza emozionale. slim aveva inflessioni molto country-western sebbene fosse cresciuto alla corte di jimmy reed, un suono ben distinto, un ritmo che si impadroniva del cervello da una diversa angolazione. jagger si rifà molto all’accento southern di harpo, dolce e sciolto nel falsetto “now ain’t that eeeeeeeeeeasy…”. dopo il solo di sax e armonica nel mezzo di “shake your hips” jagger canta “met a girl in a country town” per irrompere con “SHAKE your hips, baby SHAKE your hips! con un’intensità senza cedimenti fino all’ultimo coro. charlie suona rullatine sul lato della cassa e dà un colpetto di rim shot qua e là. questa è una delle poche canzoni dove suona ian stewart. l’assolo di chitarra è di keith e bobby keys doppia il riff principale per un perfetto call-and-response con gli attacchi di jagger e i cori. il mood di shake your hips trova la sua perfetta collocazione in un album come exile, concepito per non essere una parata senza fine di singoli, ma come un insieme. parecchi fans, e gli stones stessi, vedono exile intimamente legato a sticky fingers, la prosecuzione dello stesso progetto. ma con canzoni come shake your hips e sweet virginia la band torna a beggars banquet e ne riprende alcune idee, quello schema country e quel blues oscuro, tetro. se non altro su queste cover gli stones solidificano le proprie radici e la loro musicalità mostrando un’autoritaria aria di autencità e una disinvolta familiarità con il lessico blues “non vuoi toccare pezzi di altri artisti a meno che tu abbia qualcosa di differente da aggiungere, cosa che penso noi abbiamo” disse keith.

per oggi basta
ciao
p.


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MessaggioInviato: 29 settembre 2009, 14:16
Avatar utenteMessaggi: 2239Località: BeneventoIscritto il: 11 settembre 2006, 22:40
Pizza grazie mille per i racconti, sono cose molto interessanti.... ;)

Olia grazie anche a te per aver tirato fuori questo post ;)


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MessaggioInviato: 29 settembre 2009, 15:54
Avatar utenteMessaggi: 2966Località: Lamezia TermeIscritto il: 16 febbraio 2007, 19:51
Io non sono molto bravo a scrivere, quindi mi perdonerete se copio qui un post lasciato tempo fa, in un topic che parlava di Exile. non saprei spiegermi meglio, quindi lo riposto qui:

Ho sempre pensato ad Exile On Main Street come ad una festa data dagli Stones, una festa data nella loro villa in costa azzura in una sera d'estate.
dico questo perchè mi ha sempre colpito quest'aria informale nella registrazione, nell'esecuzione dei pezzi, nella disinvoltura con cui Keith Richards grida nel microfono facendo il controcanto, magari con la bottiglia di JD's in mano, per quei soli di Mick Taylor che magari sta seduto in un angolo di quella cantina accanto a Charlie, per il sax che all'improvviso si inserisce nel bel mezzo della canzone e per i cori che vengano cantati da chissà quanti amici che passavano da quelle parti..
io me li immagino ubriachi, come si conviene in ogni festa che si rispetti, mi immagino Gram Parsons che se ne sta li seduto e che suona con loro l'acustica.
certo girava anche un sacco di droga..
Credo non si possa chiedere di meglio, in Exile c'è tutto: il blues, il rock'n'roll, il country, un pò di soul.
e poi il fatto che la produzione venga definita pessima... è questo che mi intriga ancora di più di Exile, la produzione non proprio professionale, il concetto del 'così com'è, suoniamo e incidiamolo'. a voi non piace così?
personalmente, le mie canzoni preferite degli Stones non sono necessariamente su Exile, a parte un paio, ma è proprio l'atmosfera che lega i brani a rfenderlo fantastico.

Giuliano


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MessaggioInviato: 29 settembre 2009, 16:06
Avatar utenteMessaggi: 4314Località: leccoIscritto il: 18 luglio 2009, 23:29
<) Bè su questo album è stato detto tanto un capolavoro assoluto dei nostri rock blues country e via 18 tracce una piu bella dell'altra <)


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MessaggioInviato: 29 settembre 2009, 16:07
Avatar utenteMessaggi: 1658Località: TORINOIscritto il: 14 giugno 2007, 16:56
il paragone ai Basement Tapes era per l'atmosfera e la registrazione alla "buona la prima" quindi concordo Giuliano...


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MessaggioInviato: 29 settembre 2009, 18:08
Avatar utenteMessaggi: 3012Località: TORINOIscritto il: 26 luglio 2006, 0:15
Rolling Stones
EXILE ON MAIN STREET
Virgin (CD)



Rolling Stones








La storia del rock è strana, pure se ci si chiama Rolling Stones. Finisce che si viene considerati delle star, sia da pubblico che da critica. Finisce che ci si autodefinisce “la più grande rock ‘n’ roll band del mondo”, ed è pure vero. Finisce che si scrivono un sacco di grandi canzoni, destinate a rimanere immortali. Ma finisce anche che si incide il miglior disco della propria carriera, e questo viene quasi ignorato.
Perché questa è la storia di “Exile on main street”. Ovvero, quella di un doppio album originariamente pubblicato negli anni ’70 (nel maggio 1972, per la precisione), quando la band ha già sparato alcuni dei propri colpi migliori. Su tutti “Beggars banquet” o “Sticky fingers”, dischi tra di loro diversissimi, ma destinati a rimanere immortali, e non solo per ragioni musicali.
Quando esce “Exile”, gli Stones sono reduci da una serie di capolavori, che ne hanno dimostrato la crescita musicale e nello status di “star”, anche con episodi controversi (il noto concerto di Altamont e i relativi fattacci). Hanno poco da dimostrare, o forse si crede che sia così. Si rinchiudono in una villa in Francia: un esilio dorato per sfuggire al fisco inglese, e un’immersione totale nel consumo di droghe. Sulla Costa Azzurra producono il loro capolavoro assoluto. Ma al momento nessuno se ne accorge. Perché il paradosso di “Exile” è che questo è il loro disco più completo, più torrenziale, più trascinante. Il loro disco “più”, insomma. Ma al tempo venne largamente ignorato.
Riascoltarlo oggi significa capire perché gli Stones sono una grande band. Sono inglesi capaci di riscrivere la tradizione americana, dal rock ‘n’ roll e alla musica nera (la ballate quasi soul “Let it loose” e “Shine a light”), dal country (“Sweet Virginia”) al blues (“Ventilator blues”) e di farlo con una forza ed una personalità che pochi altri hanno avuto.
In questo disco, paradossalmente, il padrone della situazione è Richards, con i suoi riff micidiali, aiutato da Mick Taylor. La voce di Jagger, sempre grande, è impastata nel suono, quasi in secondo piano. Però che suono… Sporco, grezzo, tutt’altro che perfetto, ma con una forza senza pari. Viene quasi da sorridere, oggi, ascoltando bravi epigoni come i Black Crowes. Perché se c’è un merito di questo album, oltre di essere ancora piacevole a trent’anni di distanza, è quello di essere davvero una “pietra miliare”. Tutti, in futuro, lo citeranno come IL disco degli Stones. Quelli meno onesti, invece, più semplicemente lo scopiazzeranno con alterni risultati.

(Gianni Sibilla)


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MessaggioInviato: 29 settembre 2009, 23:03
Messaggi: 3784Iscritto il: 7 luglio 2006, 14:44
Ho letto tutto dopo averlo copiato sul computer, sono senza parole, davvero! Non so cosa aggiungere, avete detto tutto! <rsi


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MessaggioInviato: 30 settembre 2009, 11:09
Avatar utenteMessaggi: 4403Località: CelleIscritto il: 18 settembre 2006, 13:04
colditalianpizza ha scritto:
shake your hips, di slim harpo (Olia, slim harpo non james moore!) ,p.

per la cronaca, si tratta di un piccolo misunderstanding:
nome d'arte a nome vero della stessa persona ;)

a parte questo, grazie 'pizza: continuna così :D


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