Autore Messaggio

Indice  ~  Get Off Of My Cloud  ~  - Behind the Stars - (Macchine e Uomini)

MessaggioInviato: 23 settembre 2009, 10:18
Avatar utenteMessaggi: 3987Località: MilanoIscritto il: 23 marzo 2008, 12:49
- Ciao a tutti -

Da questa settimana partirà questo topic interamente dedicato alle tecniche di registrazioni - strumentazioni - studi di registrazioni - Fonici e tecnici del suono - che hanno contribuito a rendere ancora più grande la musica -
Premetto che saranno argomenti di levatura molto tecnica - e che non si parlerà di soli Stones -

Vorrei poter avere anche testimonianze su strumenti, studi usati e problematiche riscontrate da tutti i musicisti e cantanti di questo forum -

Olia


Nell'organizzarmi, intanto, vi posto una interessante intervista a Big Mick Hughes
il mitico fonico dei Metallica che ci racconta i suoi 25 anni con loro.
Ciao a tutti.



Il mitico fonico racconta i suoi 25 anni con i Metallica - prima parte



Immagine





Il 22 giugno si è tenuto al Forum di Milano il concerto dei Metallica e grazie all’intervento di Texim, distributore italiano per Midas e altri importanti marchi come Electrovoice, Klark Teknik e Dynacord, abbiamo avuto la possibilità di intervistare uno dei personaggi tra i più quotati (e simpatici ndr) tra i fonici di “serie A”, stiamo parlando di “Big” Mick Hughes.
Nel suo Nightliner (una specie di casa su quattro ruote) ci ha spiegato perché dopo 25 anni è ancora il fonico di uno dei gruppi Metal più significativi nella storia del rock, quanto è difficile lavorare “on the round”, e perché il Midas XL8 gli ha cambiato la vita.
Abbiamo voluto lasciare la traduzione volutamente molto “rough” e senza troppa censura perché questo è il solo modo di apprezzare la spontaneità e la brillantezza di Big Mick! Eccovi la prima parte dell’intervista con l’uomo con la barba più voluminosa che io abbia mai visto: Big Mick Hughes, Rock on!




ZG: a novembre festeggerai 25 anni con i Metallica, vuol dire che hai passato metà della tua vita con loro. Che effetto fa?

BMH: [ride fragorosamente]

ZG: utilizzi tappi per le orecchie?

BMH: [continua a ridere] C’è gente che li usa ma io non utilizzo alcuna protezione per le orecchie, non sarebbe leale.

ZG: stavo scherzando...

BMH: guarda, invece è un ottima domanda. Vedi, io faccio 5 show alla settimana. Di solito la gente che viene ai concerti magari ne vede solo uno o due alla settimana, perciò non bombardano costantemente l’apparato uditivo. Io non porto delle protezioni perchè non mi piace la sensazione e in generale non vado pazzo per tappi, cuffie, in-ear monitors o cose del genere. Faccio spesso un check-up uditivo e, fortunatamente, sento ancora perfettamente. Sento meglio del mio dottore. [ride]. Lui dice che dipende molto dall’individuo. C’è chi soffre di più un importante e costante stress dell’udito, chi di meno. E’ un processo elettromeccanico interno dell’orecchio.

ZG: 25 anni di Metallica. Come hanno influito sulla tua vita, sarà ormai come stare in una famiglia...

BMH: qualsiasi lavoro che fai per 25 anni di fila ha una importante influenza sulla tua vita. Metti che lavori per esempio in una fabbrica di macchine o in qualsiasi altro posto, dove fai le tue esperienze e i tuoi progressi e magari dopo 25 anni poi arrivi a diventare un manager. Ovvio che questo influenzerà la tua vita.

ZG: e poi Metallica non è proprio una rock band “regolare”...

BMH: [ride] effettivamente ...è stato un tipo di esperienza diversa. Cosa posso dire, in qualche modo ha determinato la mia vita. Mi ha fatto diventare cosa sono. Sono stato ovunque nel mondo ed è stato un lungo periodo, chiaro che tutto il viaggiare e il confrontarsi con cosi tante culture diverse per 25 anni ti identifica come persona.

ZG: se lavorate insieme da cosi tanto tempo siete sicuramente molto legati. Può risultare difficile a volte lavorare insieme quando si è “buoni amici”?

BMH: no. Perché ho sempre mantenuto un approccio da dipendente, e credo che è questa la ragione perché sono ancora qui. Durante questi anni sono passate un sacco di persone che ho visto arrivare ed andare via. Persone che erano molto amici con la band e magari pensavi “ah...ecco qualcuno che rimarrà per tanto tempo”, invece il tour seguente non c’erano più.
Io ho mantenuto sempre questo tipo di approccio: se c’è un problema, per l’audio o qualcos’altro, se hai un rapporto da amico è difficile dirsi le cose come si deve. Se invece ti comporti da dipendente la cosa funziona. Ovviamente siamo anche buoni amici, loro avevano 18 o 19 anni ed io 25 o 26. Ero il ragazzo più grande, siamo come una famiglia, loro sono come fratelli, passo più tempo con loro che con la mia di famiglia! Perciò, certo che siamo amici, ma ho tenuto sempre un’attitudine professionale, cosi se loro devono dirmi qualcosa, possono farlo senza problemi e nessuno se la prende a livello personale. E’ semplicemente un “business”, una cosa che stiamo facendo insieme. Di solito poi loro non è che mi dicono un granché in fatto di suono. Faccio quello che so fare, loro si trovano bene, ed io cosi vado avanti a farlo.



ZG: che cos’hai pensato quando i “tuoi amici” ti hanno comunicato che volevano nuovamente un palco centrale per i live del Death Magnetic Tour, dopo l’esperienza con il St. Anger Tour e quello precedente? Presumo che per il fonico ciò significhi abbastanza dolore in una certa parte del corpo.

BMH: [ lungo e profondo sospiro] si, grandissimi dolori da quella parte del corpo [o-tone: a total pain in the arse, n.d.r.]. Se avessimo tutta la giornata a disposizione potrei spiegarti quanti dolori comporta la soluzione del palco centrale, cioè “in the round”!
Però è fantastico per il pubblico e per i “kids” in particolare, perché hai un palco con quattro fronti, e i Metallica ormai sanno sfruttare bene una situazione del genere. All’inizio loro suonavano e basta ecome tutte le band giovani avevano poca esperienza, ma con il passare del tempo sono diventati veri entertainer ed avere quattro fronti di palco ha un impatto fortissimo. Qualcuno dei gruppi di supporter ha trovato delle difficoltà a gestire il palco essendo abituati avere il pubblico solo di fronte. Ma devi tenere conto anche di tutta la gente “dietro”. Pensa che abbiamo otto microfoni per la voce sul palco, perché James (Hetfield, n.d.r.) è in giro ovunque...

ZG: 8 microfoni per la voce? Come fai a gestirli? Usi i gate?

BMH: si certo!

ZG: a proposito, fai tutto “dentro” il MIDAS XL8? Non ho visto altro outboard nella zona FOH?

BMH: assolutamente! Non ti serve dell’outboard con un MIDAS XL8!

ZG: sai che c’è qualche fonico che dice: “Non potrei mai fare a meno del mio Lexicon 480 o di quel specifico compressore o preamp... “

BMH: non serve, una volta fatto tutti i setting sul XL8 posso salvare le impostazioni su una chiavetta, e portarla da qualsiasi parte nel mondo dove c’è un altro XL8 o anche un Pro6, basta mettere la chiavetta con il file XL8 nel Pro6 e usarlo per uno show piccolo, come abbiamo già fatto.
Ai tempi, quando usavo un banco analogico, utilizzavo i T.C. M6000, che erano fantastici, ma ogni volta che noleggiavo uno, arrivava con un firmware diverso, perciò diventava impossibile importare i riverberi del rullante o della voce o dei tom nel sistema, e bisognava sempre partire ex-novo. Adesso con il XL8 ho i miei riverberi pronti per l’ “Heavy Metal in the round”, dove comunque non servono dei gran riverberi, perché la stanza già lo fa per te. Spari con i diffusori in tutte le direzioni, e con tutte le riflessioni hai già un bel riverbero. Quando aggiungi equipment esterno devi comunque poi fare i conti con problemi come fase, latenza ecc. Con il banco digitale è tutto cosi comodo, basta mettere la chiavetta e schiacciare un bottone...



Immagine


ZG: perché 8 microfoni per la voce?

BMH: ce ne sono 8 che usiamo sempre, più altri due radiomicrofoni che servono per qualche pezzo in particolare tipo “The Unforgiven” dove suona la chitarra acustica. James è talmente tanto in movimento sul palco che non ce la fa a tornare sempre nello stesso punto, perciò mettiamo i microfoni un po’ ovunque.

ZG: che microfono usate per la voce?

BMH: l’Audio-Technica AE5400. Adesso James però si è fissato con il look vintage dei vecchi microfoni Shure, quello quadrato, e stiamo tentando di costruirne uno con dentro la capsula del 54.

ZG: cosa succede sul canale della voce?

BMH: assolutamente niente EQ sui singoli canali, perché mando tutti i canali della voce in un sub-group e poi equalizzo quello..

ZG: i gate però su ogni singolo canale?

BMH: certo! I gate e i compressori vanno su ogni singolo canale, altrimenti, prova controllare 8 microfoni diversi per la voce.!

ZG: sarebbe o tutto “on” o tutto “off”...

BMH: esatto! Sarebbe molto peggio [ride]. Uso come compressore sui singoli canali della voce quello nero del XL8 [adaptive compressor, n.d.r.] che è molto morbido. Uso quello blu invece per la batteria, che non mi ricordo mai come si chiama [creative compressor, n.d.r.], che è stato proprio disegnato per la batteria, ha un treshold fisso che va bene per le percussioni. Poi quello “corrective” sul basso, quello è il più “feroce”, il più cattivo. Poi il “vintage” sulla chitarra acustica che dà un po’ di frizzantino al suono, un sound tipo valvolare con un po’ di aggressività e funziona bene anche sugli overheads.

ZG: beh, sarebbe meglio chiamarli “underheads” visto che vengono piazzati sotto i piatti...

BMH: [ride] si, ne abbiamo sei. Il tutto è successo durante un concerto del tour per il Black Album, dove c’erano due batterie sul palco che sparivano poi sotto lo stage.

ZG: perché due batterie?

BMH: ah, non so proprio. Perché Lars voleva suonare con due batterie! Ovviamente per me era una pessima idea visto che dovevo aggiungere un sacco di canali. Comunque c’era un complesso sistema ingegneristico ad azionamento idraulico per far sparire le batterie, ma non era stato considerato l’altezza dei microfoni d’ambiente e una volta abbassata la batteria sbucavano fuori le aste con i due microfoni. Mi ricordo ancora adesso lo sguardo trucido dell’ingegnere quando gli ho chiesto: “Non si può abbassare le pedane semplicemente un po’ di più?” Ovviamente non si poteva, allora occorreva inventarsi qualcosa. A quei tempi, intorno agli inizi degli anni 90, esisteva un sistema per amplificare i piatti che si chiamava ZMC1, ma non mi ricordo il produttore, che consisteva di una unità rack con 6 entrate dietro, 6 regolatori di volume e un master volume davanti. C’erano poi sei piccole scatolette che venivano applicate sotto i piatti...



ZG: direttamente appiccicate sotto i piatti?

BMH: si, effettivamente era quello il problema, ogni piatto suonava come un gong [ride tantissimo imitando il suono di questi piatti, n.d.r.] e suonava veramente di mer*a! Perciò bisognava inventarsi qualcos’altro. Visto che avevo comunque i canali a disposizione, mi è venuto in mente di microfonare ogni piatto da sotto con piccoli microfoni a collo d’oca, se mi ricordo bene usavamo dei SM 98, adesso usiamo gli Audio-Technica 350. Visto che mi piace comunque sentire il suono dell’attacco della bacchetta, e non voglio sentire solo il “sshhh” o “psshh”, occorre posizionare le capsule più verso il bordo del piatto. Altro problema: se la capsula è troppo verso il centro fa anche un brutto effetto parabola quando si muovano i piatti. Questo si traduce in un aumento o una riduzione del sound del rullante o dei tom con un risultato davvero strano. Cosi abbiamo semplicemente allungato un po’ i colli d’oca dei microfoni per poterli mettere più verso il bordo del piatto. Questi microfoni vengono trattati come dei normalissimi canali microfono, li faccio passare da due sub-groups dove applico un passa alto globale e un eq shelving, cosi se mi serve di schiarire un po’ tutti i piatti, non devo stare li a farlo canale per canale.

ZG: usate per tutto microfoni Audio-Technica?

BMH: si, quasi per tutto. Giusto dentro la grancassa abbiamo un Audix D6 e un Shure SM 91. Prima usavo solo il 91, ma poi ho scoperto l’Audix e adesso gli usiamo tutti e due. Tanto grazie al Midas XL8 non ho più problemi riguardo la quantità dei canali! Pensa che usiamo “solo” quattro canali per la grancassa, tre per il rullante, sei per gli “underheads”, e mi piace tanto microfonare anche i tom sopra e sotto. Una volta che cominci non ti fermi più! Ovviamente prima con il XL4 era sempre un problema, perché avevamo 48 canali a disposizione che poi, usando vari truchetti -come per esempio mettere più moduli stereo possibili - riuscivamo ad estendere fino a 60 canali. Cosi, quando mi dicevano “senti Mick, stasera verrà Lemmy [dei Motörhead, n.d.r.] a fare un paio di pezzi con i ragazzi” era sempre una tragedia, e io pensavo“nooo...dove trovo adesso un buco per il suo basso?”. Mi toccava sempre sacrificare il canale per i vocals di “The Unforgiven” o cose del genere. Quando hai 96 canali a disposizione tutto questo non è più un problema.


Immagine

ZG: ma in tutto quanti canali usi?

BMH: mah, mi pare che in tutto siano 80 canali...

ZG: 80 canali per un gruppo di quattro elementi? Non ti sembrano tanti?

BMH: [ride] non sono proprio 80 canali nel senso di 80 microfoni.

ZG: ok, tutto quello che ti arriva dal palco e poi?

BMH: si, palco e cose come per esempio trigger che comandano i gate dei tom e la grancassa. Mettiamo dei piccoli seducer pick-up nei tom, per la grancassa usiamo il “clamp” della D-Drum, che mandano i vari impulsi nella I/O-Box sul palco, che poi mi arrivano al XL8 in sala..

ZG: come un gate fisico...

BMH: si, diciamo che funziona praticamente da interruttore per i gate.

ZG: Ho capito! Altrimenti causa il volume elevato sul palco i gates sarebbero sempre aperti...

BMH: esatto!

ZGo: geniale!

BMH: questa è un trucchetto che mi è venuto in mente un sacco di tempo fa, perché Lars (Ulrich) già durante il primo pezzo riusciva a distruggere il rullante. Il timbro cambiava cosi drasticamente, che ho pensato di dover fare qualcosa. Abbiamo provato ad aggiungere un suono triggerato della D-Drum 2, ma il timbro non mi ha mai convinto e si percepiva comunque un piccolo flam tra il rullante vero e quello triggerato, non era mai bello amalgamato insieme. Usare i gate in un modo convenzionale era diventato veramente difficile, con dei valori di treshold cosi alti ogni tanto si perdeva un tom, abbassandolo magari rientravano i piatti, davvero fastidioso. Però avevo ancora i pick-up della D-Drum, e mi sono detto “perchè non provo di usarli per comandare i gate direttamente...”. A quei tempi avevo i Drawmer come gate, ho fatto un test e funzionava! Questo è successo all’incirca 15 anni fa e da li che abbiamo usato sempre questo sistema, anche quando usavamo l’analogico avevamo i trigger sulla batteria che arrivavano dal palco con il multicore e entravano poi nel rack dei gate. Però, a differenza di adesso, non potevo “vedere” il segnale perché li attaccavo direttamente nei gate e poi facevo il treshold, invece adesso gli ho come canali normali e posso realmente vedere il segnale ed alzarlo a mio piacimento per tarare il treshold del gate.

ZG: e sono abbastanza veloci...

BMH: assolutamente si, sono immediati. Addirittura creano un leggero “look ahead” gating [una apertura anticipata del gate, n.d.r.], dipende quanto è lontano il microfono dalla pelle. In questo modo puoi sparare tutto il volume che voi sulla batteria ma non si aprirà mai un gate. Se tocchi anche solo leggermente la pelle, il trigger manda immediatamente l’impulso al gate del canale che si apre. Anche se ci fosse una leggerissima latenza è comunque minore della distanza tra pelle e la capsula del microfono. Ho anche fatto degli esperimenti ritardando i canali della batteria per essere sicuro che arrivassero dopo ma non si sentiva nessuna differenza. Perciò si può dire che questo sistema è effettivamente un look ahead gating, che sulla batteria è importante perché non perdi l’attacco. Adesso sulla XL8 è veramente comodissimo lavorare con un sistema cosi.

ZG: stai già usando la versione 1.10 del software per il Midas XL8?

BMH: no, non qui, ma l’ho usato. Sai, abbiamo due XL8, quello che uso per i festival ha la versione aggiornata, ma quello che sto usando qui è la versione 1.6. Non ho nessun problema con i vari update del sistema, effettivamente già la versione 1.6 è fantastica! Nella 1.10 è stata migliorata ancora la grafica e altre cose utilissime, e non vedo l’ora di usarla anche con questo banco. Piccolo problema: questo banco non ha ancora aggiornato il loader. Nella versione 1.7 hanno inserito qualche cambio del programma che ti permette di updatare tutti i componenti del network dalla chiave, ma per implementare il loader nuovo bisogna disfare lo splitter dei canali e nel bel mezzo del tour non mi va proprio di farlo. Ti ricordo che ogni show viene registrato con tre sistemi diversi: C’è un Tascam 48 tracce sul palco, poi un Klark Teknik 9696 nella posizione FOH, e poi c’è un sistema ProTools completo nei camerini con una console SSL.



Immagine



ZG: domanda stupida. Come mai registrate tutti i concerti?

BMH: perché ogni show viene venduto su internet. E non possiamo mancarne uno. Molti live sono già stati venduti prima e non possiamo arrivare e dire: “...ci dispiace, stasera non siamo riusciti a registrare...” Visto che c’è sempre una remota possibilità che il sistema ProTools abbia qualche problema e crasha, siamo pronti con le altre due soluzioni. La postazione ProTools con il banco SSL viene usato dai Metallica durante tutto il tour, perciò dietro nei camerini è stato allestito un vero e proprio studio, con regia e sala.

ZG: che banco SSL è?

BMH: mah... è quello nuovo, piccolo. Non chiedermi la sigla, non ricordo, ma è veramente bello! Comunque ogni giorno prima dello show la band entra in questo “tuning room”, per scaldarsi o per ripassare i pezzi che non suonano da tanto tempo o magari per registrare del materiale nuovo. Quando poi viene l’ora del concerto basta switchare i due I/O-Box da 24 canali sul nostro network, cosi noi abbiamo già tutti gli split dei microfoni patchati e pronti per la registrazione. Come vedi la dietro succede molto di più di quello che ci si possa immaginare. Tutto il sistema è super ridondante: Il 9696 registra tutto il tempo con drive esterni, perché se il ProTools ci lascia a piedi e, anche per un caso il Tascam di backup avesse dei problemi, possiamo mandare gli hard disk nello studio dei Metallica a San Francisco per mixare il tutto e venderlo su internet. All’inizio pensavamo proprio di fare cosi, spedire ogni volta le registrazioni in America per mixare, ma l’ingegnere che si occupa di ciò è un vero perfezionista e ci metteva anche 5 giorni per mixare uno show. Ovviamente è troppo tempo! Poi è successo un’altra cosa curiosa: durante uno dei primi show del tour americano uno dei ragazzi aveva un grosso problema e ha smesso di suonare per un tot di tempo. L’ingegnere ha quindi sostituito questa parte con un altra del giorno precedente, per fare si che nessuno si accorgesse di niente. Non l’avesse mai fatto! Il popolo di internet si è incazzato di brutto, proprio perché hanno scoperto il “trucco”. Da li hanno preteso categoricamente le registrazioni delle show cosi come vengono. Ovviamente l’ingegnere ProTools ha fatto un salto di gioia! In questo modo si è risparmiato un sacco di editing e fa praticamente quello che faccio io: mixa la serata. E’ chiaro, se vuole, può comunque aggiustare qualche livello anche dopo, ma comunque tutto il processo è molto più rapido.

Immagine



..continua


Profilo
MessaggioInviato: 23 settembre 2009, 17:18
Avatar utenteMessaggi: 3987Località: MilanoIscritto il: 23 marzo 2008, 12:49
E ora un'intervista a Bruce Johnston fonico degli Oasis:




Bournmonth (UK).

Qualche settimana fa ci siamo recati a Bournemouth, a sud ovest di Londra, per assistere ad una data della prima parte della tournée degli Oasis che li ha visti impegnati nelle principali venue inglesi.
Complice qualche vecchia conoscenza - il P.A. man Davide Lombardi - e qualche “luogotenente” dell’azienda Outline (il sistema Buttefly è stato impiegato nelle date inglesi ndr) siamo riusciti ad approcciare un fonico di fama mondiale che annovera tra le sue collaborazioni nomi di assoluto prestigio, non ultimi proprio gli Oasis, considerati da molti (senza considerare il paragone “Beatlesiano” che fece qualche anno fa lo stesso Noel ndr) una della band più popolari del pianeta.
Stiamo parlando di Bruce Johnston, un signore australiano sulla cinquantina dall’aria piuttosto sorniona ed abituato a convincere a suon di mix più che con le parole. Da qui a poco andremo a porgli una bella serie di domande.

Non siamo convinti di essere stati al cospetto della band più popolare e più “ispirata” del pianeta, ma per quanto riguarda la produzione del tour inglese proprio nulla da dire!
In questo appuntamento ci siamo concentrati sull’audio, ben consci che in UK quasi nessuno in una produzione si occupa sia di audio sia di luce contemporaneamente; quindi ci perdonino gli amici luciai e sappiano che, alle fine della fiera, non ci sentiamo di segnalare nulla di particolarmente esaltante su questo versante.
L’allestimento audio era affidato ad una struttura che abbiamo imparato a conoscere come una delle migliori a livello europeo, Britannia Row che, ancora una volta, affidava al P.A. man Davide Lombardi il sistema di sound reinforcement tutto made in Italy (Flero Bs) Outline Buttefly.
Parentesi patriottica: a sonorizzare il tour degli Oasis nel loro paese di origine ci abbiamo pensato noi italiani...

Lo show ci ha fatto scoprire Bruce nella sua veste probabilmente migliore, quella di fonico "poche pippe"! (Pippe nel nostro ambienbte si può dire ed ha un significato molto eloquente ed è entrato nel gergo comune ndr). Non tanto per il concerto in sé – gli Oasis sono una buona rock band e lo spettacolo illuminotecnico è stato godibile – quanto per l’audio che usciva potente, pulito e…molto analogico.
Non mi fraintendano gli amici e i colleghi con i quali sostengo sempre più spesso le mie tesi pro-digitale. Nel 2008 - quasi 2009, auguri per il nuovo anno - siamo in piena era digitale e con questo archivio la pratica.
Il concerto suonava proprio rock, punchy, estremamente caldo e… incazzato!
Incazzato è proprio l’aggettivo giusto, come perennemente incazzati sembrano essere i fratelli Gallagher sul palco.
Chissà se abbia influito sul risultato il Midas xl4 corredato di Outbord hi-end posto in regia FOH, del quale lo stesso Bruce sostiene la supremazia sonora. A conti fatti, a questa tornata, la ragione è la sua..

Fatto sta che il sonoro, oltre ad avere una copertura perfetta, un bilanciamento calibratissimo ed un volume confortevole, sembrava essere molto rotondo e morbido.
La sala concerto di Bournemouth, a mio avviso efficace acusticamente, ha aiutato a far emergere le doti di pulizia e coerenza del sistema Outline che Bruce ha gestito al meglio soprattutto rendendo piacevolissima la parte medio alta, un range di frequenze sempre molto a rischio con una band “chitarrosa” come gli Oasis.
I quattro cluster di Butterfly (due main e due side) sembravano “averne” ancora e di molto, restituendo un sound con bassi corposi e controllati, medie rotonde e frequenze alte molto “ariose”. Ho come l’impressione che gli Hi-Pack di Buttefly aiutino non poco nelle medio-alte, vi farò sapere quando mi riuscirà mixarci sopra, mannagia…
Nessun appunto se non l’unico, un po’ becero, che il nostro fonico è uno di quelli che tende a mettere veramente poco le mani sui fader durante la serata e qualche volta alcuni livelli apparivano leggermente migliorabili. Se fosse scelta artistica sarebbe peraltro più che comprensibile.

Ma torniamo a quel vecchio volpone di Bruce Johnston che abbiamo intervistato in un caratteristico bar davanti al mare e davanti ad una’altrettanto caratteristica birra. Bruce non è uomo che ama teorizzare pratiche di mixaggio esoteriche e raccontare di mirabolanti tecniche di ripresa, ma piuttosto un fonico con una bella manetta nelle mani!


--------------------------------------------------------------------------------------------------

ZG: Bruce qual’è il tuo approccio al mixaggio con una band come gli Oasis?

Bruce Johnston: dunque, cerco di mantenere un sound naturale, coerente nella gamma alta ed in quella bassa, è una band di rock and roll lineare, come si dice dalle mie parti: “carne e patate”! Io non uso troppi effetti ma faccio uso di molta compressione. Questo è il suono che voglio, non è nulla di speciale ma è quello che ci vuole per loro. Mixo in modo molto semplice, senza ricorrere a troppi cambiamenti da brano a brano e, anche per questo, sto adoperando un mixer analogico.

Immagine

ZG: beh, questa è la mia seconda domanda!

Bruce Johnston: eh già, in questa occasione ho fatto ritorno all’analogico…

ZG: tu preferisci l’analogico in questa situazione oppure preferisci una console di mixaggio analogico anche in altre situazioni?

Bruce Johnston: io penso semplicemente che il suono analogico sia migliore. Sono cresciuto come tecnico sui mixer analogici e, nonostante queste console oggi possano apparire antiquate come una zappa, sono sempre in grado di emettere un suono di qualità, di mixare musica. Capiamoci meglio, lavorando sul digitale il suono è ok, ma non penso che questo suono sia sempre il migliore, soprattutto per una band come gli Oasis. Loro sono una grande band chitarristica e necessitano di questo tipo di sound, un sound analogico.


Immagine

ZG: hai qualche feedback da parte dell’artista, sul bilanciamento o sul mix in genere?

Bruce Johnston: oh, beh, mi hanno lasciato fare, mi hanno lasciato mixare secondo il mio gusto secondo il mio “feel”. Mi hanno lasciato libero di assecondare le mie esigenze, si limitano a venire da me dicendomi “wow, così suona veramente bene” oppure “in questo modo suona meglio, preferiamo questa soluzione”. Ma ripeto, credo che gran parte della “potenza” del sound sia merito di questo stupendo set analogico dove riesco sempre ad ottenere una somma convincente e pulita anche con le chitarre come le usano gli Oasis che risultano sempre molto in evidenza. Ho mixato band sul digitale e suonava alla grande ma il contesto era diverso…

ZG: quali sono le differenze fra un banco analogico ed uno digitale quindi?

Bruce Johnston: beh, tanto per cominciare, prima di parlare di suono la differenza sta nel layout, nella disposizione e di conseguenza nella modalità di lavoro. Non è cosa da poco…


Immagine


ZG: approfondiamo il discorso, perché tutti ne fanno solo una questione di suono, invece…

Bruce Johnston: sul banco analogico so dove si trova tutto, non ho bisogno di guardare continuamente uno schermo o una serie di tasti, so dov’ è l’equalizzatore e basta che muovo un braccio riesco ad operare continuando a guardare il palco. Sul digitale sono costantemente alla ricerca di qualche bottone guardando qualche schermo. Per me questo rappresenta un limite perché tendo a distrarmi e prestare meno attenzione allo show. È semplicemente un approccio diverso e io sono convinto che la scelta dovrebbe tener conto di questa sostanziale differenza ancor prima di qualsiasi considerazione sul sound. Con l’analogico tieni la testa alta, sul digitale la testa bassa…(ride ndr)

ZG: vorrei parlare dell’uso del riverbero e del dalay. Quale riverbero usi e quale dalay?

Bruce Johnston: uso fondamentalmente uno Yamaha spx900 per la batteria e un delay TC Electronics D-two e poco altro. Solo per questo tour poi houn TC Electronics tc4000 dedicato esclusivamente alla voce! Come vedi ho veramente pochi effetti, questo perché voglio tenere tutto il più asciutto possibile.


Immagine



ZG: e per quel che riguarda le compressioni?

Bruce Johnston: uso ancora un sacco di compressione, ho compressa tutta la batteria in “massiccio”, soprattutto sul rullante, poi il basso, le chitarre acustiche, la voce, insomma parecchie cose. E non finisce qui, perché oltre al singolo strumento, in alcuni casi, comprimo anche i gruppi. Per la maggior parte adopero macchine DBX 160A, semplici ed efficaci, mentre per tutta la batteria mi affido ai Drawmer.
Per le voci di Liam e Noel altri due “classici” Avalon 737.

ZG: cosa cerchi in un moderno sistema P.A.? Da cosa sei attratto se così possiamo dire?

Bruce Jonhston: io ascolto molto quello che gli altri colleghi mi riportano sugli impianti per il sound reinforcement. Spesso sento addetti ai lavori che mi dicono “ho usato questo sistema audio e suona bene” oppure “questo sistema ha una particolare resa in quella situazione…” e così via. Con questa produzione ho anche la fortuna di poter provare impianti che magari non conoscevo, perché mi è permesso farlo. Me lo hanno chiesto in questo tour. La società che fornisce il P.A. (Britannia Row) e la produzione stessa del tour, che aveva avuto modo di usarlo con soddisfazione in precedenza, mi ha contattato e mi ha chiesto se volevo utilizzare il Butterfly e io ho risposto: certo, vediamo come suona, proviamolo.
Per la verità io posseggo già qualche sistema Buttefly acquistato da poco in Australia, dove vivo e dove ho un service (molto importante ndr) ma, essendo sempre in giro come fonico, non avevo ancora avuto modo di provarlo per bene e mai in questa configurazione così grossa. Quindi anche da parte mia l’interesse era notevole…

ZG: beh, come ti sei trovato, che ne pensi?

Bruce Jonhston: intanto ha una sezione medio-alti, gli Hi-Pack, che è molto potente, proprio quello che stavo cercando per gli Oasis. Dopo un breve rodaggio abbiamo preso le “misure” al sistema e ho subito ricevuto i pareri degli opinion leader, i quali sostengono che - quello con Outline Butterfly - sia stato il miglior Oasis tour mai suonato prima d’ora. Con 15 Outline Subtech per lato abbiamo goduto di una gamma infrabassa sorprendente, così forte da squotere le arene. A dispetto della sua compattezza, ci siamo resi conto di quanto grandi siano le capacità acustiche di Butterfly anche per una band come gli Oasis. L’impianto ci avrebbe regalato ancora più SPL se lo avessimo voluto…era sufficiente alzare il volume e lui rispondeva. Abbiamo ottenuto un risultato eccellente e quindi non esiterò ad utilizzarlo di nuovo…



ZG: parlando in generale dei sistemi line array, non hai notato una certa differenza con i sistemi “tradizionali”, soprattutto nel range delle medio basse? I line array sembrano sempre essere più scarichi. Come la pensi?

Bruce Johnston: certo, anche se un line array riproduce un buon suono, talvolta quando si torna a mixare su un sistema tradizionale capita di pensare: “Woah, che botta!” (ride ndr). Il mio pensiero però è sempre lo stesso: credo che alcuni sistemi soddisfino in pieno certe produzioni e certe band, altri sono più votati ad altre situazioni. Se volessimo tornare indietro ed utilizzare un P.A. tradizionale con gli Oasis, un point source come un Nexo Alpha – o un qualsiasi altro marchio per capirsi - riprodurrebbe probabilmente un sound altrettanto buono. Abbiamo scelto un line array per le sue qualità di maggior chiarezza e per la sua limpidezza e questo mi ha aiutato non poco.

ZG: quello del line array è un suono attuale, io penso che questo sia il suono dei moderni concerti alla fine…

Bruce Johnston: chiunque adesso ne utilizza uno e chiunque lo usa per il sound reinforcemnt, il discorso è presto fatto…

ZG: ci sono particolari suggerimenti o trucchi sui microfoni, microfonazioni multiple o particolari?

Bruce Johnston: tendo ad utilizzare sempre gli stessi microfoni, ho usato un sacco di microfoni per show, sulla cassa della batteria ho uno Shure SM 91 e un Beta 52, sul rullante utilizzo gli Shure SM 57 e ne ho due.

ZG: due microfoni per il rullante? Uno sotto ed uno superiore?

Bruce Johnston: due SM 57 per il sopra e sulla cordiera uso un SM 58!



ZG: interessante, per il resto invece mi sembra abbastanza standard.

Bruce Johnston: sì, tutti molto standard, sulla voce Noel utilizza uno Shure Beta58A mentre Liam utilizza un Beta 57A, che ama di più a livello scenico, gli piace visivamente…

ZG: e tu gradisci questo microfono sulla voce?

Bruce Johnston: a me non piace tanto il suono sulla voce, ha un sacco di cancellazioni. Più che altro va bene sulle frequenze medie e, probabilmente, è adatto ad altri strumenti ma meno per la voce; ma lui lo vuole così…

ZG: credo che in uno spettacolo di rock and roll moderno come questo sia molto importante avere una gamma di frequenze basse molto controllata, come del resto ho sentito questa sera. Hai qualche trucco particolare per ottenere ciò?

Bruce Johnston: mi applico molto per intervenire sulla fase. A volte ritardiamo i subs o se ritardiamo il P.A. portiamo i subs “avanti” perché diventino più compatti, dipende dal luogo. A me piace un suono fermo e compatto; la sala di questa sera suona molto “libera”, ma potrebbe diventare più controllata con l’arrivo del pubblico…


Immagine


Profilo
MessaggioInviato: 5 ottobre 2009, 14:24
Avatar utenteMessaggi: 3987Località: MilanoIscritto il: 23 marzo 2008, 12:49

Wah Wah



Immagine


Uno dei più noti effetti per chitarra nonchè caratteristica assoluta di musicisti del calibro di Jimi Hendrix , Eric Clapton , Mick Taylor e Stevie Ray Vaughan per citarne alcuni, nasce all'inizio degli anni 60.Fautori della ricerca di uno strumento come questo furono Dunlop e Vox.
Si presenta come un pedale con inserito all'interno un potenziometro da azionare con il momvimento(punta e tacco ) del piede.
La pressione del piede aziona il taglio o il rilancio graduale delle frequenze alte e basse producendo un suono molto particolare

Tuttora questo strumento è rimasto invariato con il passare del tempo e le nuove tecnologie.Infatti il wah wah non deve essere semplicemente inserito e disinserito in funzione del brano musicale da eseguire, ma viene controllato in modo continuo e a totale discrezione di chi lo usa, applicando un effetto potenzialmente diverso a ogni singola nota. Esistono tuttavia in commercio wah wah digitali, a costo relativamente basso, che applicano un effetto prefissato a ogni suono riprodotto.


Immagine



Particolari tipi di wah sono gli auto wah, che sono costituiti generalmente dallo stesso circuito di un normale wah; la differenza sta nell'apparato che varia il cambiamento di tono: esso è sostanzialmente costituito da un oscillatore che pilota una resistenza variabile al posto del potenziometro collegato meccanicamente al normale pedale. Altri tipi di wah sono i wah dinamici, che utilizzano come parametro di controllo il volume della nota suonata: a volume più alto corrisponde un tono più acuto o più basso e viceversa. Esistono altri tipi di wah, come i wah ottici, a sequencer e digitali. Spesso questo genere di effetto è già caricato in versione digitale nei preset di numerose apparecchiature multi-effetto per chitarra, basso o per il trattamento della voce.


Immagine

Storicamente parlando, il wah wah Vox veniva prodotto in inghilterra precisamente nel Kent, dalla Jennings Musical Industries Ltd.
E riallacciandomi al topic di Briano a proposito su chi avesse per primo adottato il wah wah:"Jimi Hendrix":sul primo album Are You Experienced?, c'è un pezzo che si chiama I don't live today, dove la chitarra fa un assolo di Wah Wah.Beh quello è un wah wah manuale così la Vox e un'altra ditta che sta in California per aiutarmi hanno costruito questa cosa....Il primo pezzo che abbia sentito con il wah wah è Tales Of Brave Ulysses dei Cream, uno dei miei preferiti in assoluto.Una volta però usavamo tutti il wah wah manuale e suonava proprio bene...
Questo effetto lo si può ascoltare in molte canzoni di Jimi, come ad esempio The burning of the midnight lamp e Voodoo chile (slight return) ambedue su Electric ladyland.
Le prime immagini di Jimi che usa il wah wah sono datate 15 agosto 1967, in occasione di un concerto al Club Fifth Dimension di Ann Arbor.
Usò il Vox per tutta la sua carriera pur ricorrendo anche, per u n breve periodo, al Jennings "Cry Baby".
Oggi la Californiana Dunlop Manufacturing e l'Italiana Jen Elettronica producono un Cry Baby identico all'originale.
Nel corso delle incisioni per l'album "Axix:Bold as love" Roger Mayer modificò i pedali del wah wah di jimi per ottimizzare l'effetto di filtro e migliorare l'interfaccia con il distorsore.


Immagine

http://www.youtube.com/watch?v=UtFNYApYi7E


Profilo
MessaggioInviato: 5 ottobre 2009, 16:28
Messaggi: 1247Iscritto il: 11 giugno 2008, 19:39
Perfetto Olia! Allora Hendrix è tra i primi ad usare il manuale dal vivo e in un brano di Are you experienced. Invece Clapton con Disraeli Gears è il primo ad usarlo diffusamente su un album. Perfetto

Mi ricorda la questione della batteria elettronica:
Sly Stone l'ha usata in una canzone che ha prodotto nel 1971 ma è Arthur Brown che l'ha usata in un intero album nel 1973: Journey.

A me ste cose tecniche garbano un sacco!


Profilo
MessaggioInviato: 7 ottobre 2009, 10:47
Avatar utenteMessaggi: 3987Località: MilanoIscritto il: 23 marzo 2008, 12:49
Marshall serie MA



Immagine


Da mezzo secolo Marshall è un nome simbolo per chiunque suoni la chitarra rock,con la nuova serie MA, oggi il leggendario "valve sound" Marshall si sta rendendo disponibile ai prezzi più accessibili della sua storia.
La serie MA comprende quattro amplificatori, da 50 e 100 Watt, disponibili sia in versione combo, sia come testata. La famiglia è caratterizzata dalla classica accoppiata ECC83 al preamp ed EL34 al finale (due per il 50 Watt e quattro per il 100 Watt). L'elettronica, progettata e ingegnerizzata nel Regno Unito, è comune a tutti e quattro i modelli, che condividono l'efficace semplicità del progetto: due canali (clean e overdrive boost)dotati ciascuno di una sezione EQ dedicata, FX loop, riverbero a molle controllo di presenza e risonanza.



Immagine

In realtà gli MA possono essere considerati a tutti gli effetti degli amplificatori a tre canali, grazie al controllo "crunch balance" disponibile sul canale clean, che permette di aumentarne il drive fino ad avvicinarlo alla saturazione del canale overdrive, creando un terzo canale virtual. Il "crunch balance" viene impostato con una manopola sul pannello frontale e può essere inserito con il doppio switch a pedale in dotazione.



Immagine

I due combo 50 e 100 sono dotati rispettivamente di uno e due coni AX-75 da 12" sviluppati specificamente per armonizzarsi con le sonorità generate dai nuovi MA. Gli stessi coni sono montati nelle due nuove casse 4x12" dedicate, MA12A ed MA12B.


Profilo
MessaggioInviato: 19 ottobre 2009, 9:23
Avatar utenteMessaggi: 3987Località: MilanoIscritto il: 23 marzo 2008, 12:49

SHG32 - Milano Guitar Show si avvicina



Immagine


Milanoo Guitar Show - SHG è un evento unico e irripetibile. Due grandi sale zeppe di strumenti nuovi, usati e da collezione, dove tutti possono provare, scambiare, vendere, comprare. Due palchi su cui si succedono a ritmo continuo demo e workshop a cura di professionisti, insegnanti, esperti, liutai. In più, bar e ristorante a prezzi calmierati e ampi spazi per ritrovarsi con gli amici a bere una birra e scambiare impressioni. Sono gli ingredienti per una giornata indimenticabile. Quello che serve sapere:

* la manifestazione si svolge domenica 15 novembre 2009 a Milano, presso il Quark Hotel di via Lampedusa
* l'ingresso costa 10 euro e dà diritto a entrare eventualmente portando fino a due strumenti da esporre/scambiare/vendere (per chi vuole portarne di più c'è una soluzione espositiva a basso costo riservata a privati e collezionisti). Il biglietto comprende il diritto a partecipare a tutti gli eventi. Ai visitatori sarà consegnato un braccialetto di riconoscimento con cui potranno girare liberamente per le aree della manifestazione.
* per i collezionisti interessati a vedere in anteprima gli strumenti è previsto un pass d'ingresso VIP (costo 50 euro) che consente di accedere alla sala durante le fasi di allestimento.
* il ristorante-bar interno offrirà pasti, panini e bevande a prezzo speciale ai visitatori di Milano Guitar Show - SHG
* chi viene da lontano può prenotare una camera nell'hotel, la soluzione migliore per potersi godere in assoluta tranquillità la manifestazione
* l'Hotel Qaurk, sede della manifestazione, è dotato di ampio parcheggio ed è raggiungibile comodamente coi mezzi pubblici.
* molti espositori sono attrezzati con POS per i pagamenti elettronici, comunque nell'atrio del Quark è in funzione una macchina Bancomat


Immagine

Dopo 31 edizioni in continua crescita di pubblico ed espositori, Second Hand Guitars si prepara a festeggiare la maggiore età (18 anni di vita) con una serie di importanti novità. La prima è un ritorno, in grande stile, alla gloriosa sede dell'Hotel Quark, che vide SHG fare il primo salto di qualità, da evento amatoriale organizzato nelle sale parrocchiali a guitar show vero e professionale, con ospiti illustri e un grande afflusso di pubblico. Nelle nuove sale congressi del Quark, con una superficie espositiva del 50% superiore a quella della precedente sede, è stato possibile accettare le richieste di un numero maggiore di espositori, che per questa 32a edizione sfiorano quota 100.

Immagine

Gli strumenti in mostra saranno tantissimi. Una vetrina enorme, una vera e propria shopping mall, in cui gli strumenti nuovi saranno affiancati agli usati, al vintage e alle proposte dei visitatori, che come sempre potranno portare in sala i propri strumenti che desiderano mettere in vendita o proporre in scambio.

Immagine

Strumenti nuovi, usati, da collezione, in linea coi più prestigiosi guitar show d'oltreoceano. Per questo, pur mantenendo il nick "SHG" che tutti conoscono, la manifestazione assume il nuovo nome di Milano Guitar Show, un nome di più ampio respiro, che meglio riassume in sé tutti i contenuti unici dell'evento.

Immagine

Il programma di eventi di contorno, ricchissimo, si svolgerà su tre palchi: due in sala Chicago, quella più "elettrica" e uno in sala Memphis, quella più "acustica". Orari e nomi (molti dei quali di spicco) saranno messi online a breve, per una serie di demo e workshop di valore assoluto. Tra i nomi, i grandi musicisti che da anni animano la manifestazione (tra cui Tony De Gruttola, Paolo Pilo, Massimo Varini) ci saranno dei mostri sacri come Tuck Andress, Cesareo e Gigi Cifarelli. Altri nomi prestigio sono in via di definizione.


Profilo
MessaggioInviato: 21 ottobre 2009, 10:33
Avatar utenteMessaggi: 3987Località: MilanoIscritto il: 23 marzo 2008, 12:49
Tecniche di registrazione

di Bruce Bartlett, Jenny Bartlett

Euro 39,90



Immagine





Questo volume è un supporto pratico all'apprendimento di tutti gli aspetti legati alla registrazione, da quelli basilari - la velocità del suono, l'interferenza delle onde sonore e la loro diffusione - ai più complessi. I lettori vi troveranno contenuti di alto livello e apprezzeranno la particolare attenzione dedicata alle novità tecnologiche per il miglioramento della qualità del suono e per la pubblicazione sul Web delle produzioni audio. Ricco di grafici e figure, il libro fornisce le nozioni necessarie, anche ai principianti, per la creazione di uno "studio di registrazione casalingo", avanzato o "low-cost", soffermandosi sulle nuove strumentazioni disponibili sul mercato, più economiche e alla portata di tutti.

Disponibili online i file audio degli esempi trattati nel volume, gratuitamente scaricabili dal sito di Pier Calderan, curatore dell'edizione italiana del volume.

In breve:

* La catena di registrazione-riproduzione
* Concetti base sul suono e sui segnali
* Creazione di uno studio di registrazione
* Suggerimenti per migliorare l'acustica dello studio
* La strumentazione di registrazione e i diversi tipi di microfono
* Tecniche di produzione audio in formato digitale e MIDI-sequencing
* Sviluppo del suono surround e dell'audio sul Web

Gli autori

Bruce Bartlett, membro dell'Audio Engeneering Society e della Syn-Aud-Con, ha conseguito una laurea in fisica e, in particolare, ha sviluppato ampie competenze sull'audio e la progettazione di microfoni, su cui ha scritto numerosi articoli e volumi di carattere tecnico.

Jenny Bartlett, freelance, è anch'essa autrice di testi di carattere tecnico.


Profilo
MessaggioInviato: 4 novembre 2009, 15:42
Avatar utenteMessaggi: 3987Località: MilanoIscritto il: 23 marzo 2008, 12:49
- Milano Guitar Show - SHG 32 - 15 novembre 2009 -


I nuovi spazi dell'hotel Quark hanno consentito di definire una disposizione che consente la massima visibilit a tutte le postazioni. La mostra si sviluppa su due sale attigue, che abbiamo chiamato sala Memphis e sala Chicago. Ingresso e uscita sono collocati in modo strategico per condurre i visitatori lungo un percorso che tocca tutti gli stand.

Sala Memphis
Sono ammesse solo amplificazioni minime, controllate, di breve durata, tali da consentire a tutti anche le prove di stumenti acustici non amplificati. Consigliata anche a chi punta sull'acustica, ai liutai, ai collezionisti e comunque a tutti coloro che desiderano un ambiente più tranquillo per poter comunicare con facilità coi clienti. Le prove a volume più alto possono comunque essere effettuate in uno spazio attiguo dedicato. Il palco della sala Memphis sarà dedicato a demo e workshop acustici o comunque meno rumorosi.

Sala Chicago
Negli stand sono ammesse piccole amplificazioni finalizzate alla dimostrazione dei prodotti, ma tali da non risultare fastidiosi agli espositori vicini (in caso di abuso l'organizzazione si riserva il diritto di sospendere l'erogazione dell'energia). Le prove devono comunque essere sospese durante demo e workshop che si svolgono sul palco.


Immagine



Sala Chicago

11:00 A Alexguitarlab - Cris Bertini
11:25 B Fx Case - Massimo Varini
11:50 A Brbs Amplification - TBA
12:15 B Benny / Spazio Suono - Cosimo Zannelli
12:40 A Vinteck - Tony De Gruttola e Miki Bianco
13:05 B Liuteria GNG - Dr. Viossy Vioni
13:30 A De Marchi - Gianluca Ferro
13:55 B I-spira - Luca Villani e Francesco Boni
14:20 A Music Gallery - Max Pontrelli
14:45 B Manne Guitars - Steve Saluto
15:10 A Laa Custom - Alessio Berno – Pigio – Pietro Quilichini
15:35 B Bugera - Andrea Maddalone
16:00 A Dogal - Tony De Gruttola
16:25 B Prina - Luca Vaghi
16:50 A Brunetti Amplification - Massimo Varini
17:15 B Jacaranda / Masotti - Antonio Cordaro
17:40 A Timur Semprini - TBA
18:05 B Tordini / Reference - TBA
Sala Memphis

11:00 Davide Facchini (Mytele) - Tecniche fingerstyle per chitarra elettrica e acustica
12:10 Liutaio Magico - Presentazione corsi liuteria Fusion School
12:50 Vintage Authoriry - Show Case Vintage con Cristiano Maramotti
13:30 Gabor Lesko - Presentazione nuovo libro sull'improvvisazione
14:10 Massimo Varini - Prsentazione disco Acustico e nuovo libro didattico
14:50 Cesareo & Xotta - Meet & Greet con Cesareo di Elio e le storie tese
15:00 Tuck Andress - Meet & Greet con l'inossidabile chitarrista di Tuck & Patty
16:10 Gigi Cifarelli & Peerless Guitars - Il grande ritorno di Gigi Cifarelli a SHG.
16:50 Paolo Pilo - Tecniche di arrangiamento per chitarra acustica
17:30 Crismusic - Come assemblare una chitarra da zero

Nota: TBA (To Be Announced) indica che ancora non è pervenuto il nome dell'artista.


Profilo
MessaggioInviato: 20 novembre 2009, 22:17
Avatar utenteMessaggi: 3987Località: MilanoIscritto il: 23 marzo 2008, 12:49
2009-11-20 - La Gibson, celebre produttrice di chitarre, è stata posta sotto inchiesta dalla FBI con l’accusa di utilizzare legno di rosa importato illegalmente dal Madagascar passando per la Germania. I federali hanno perquisito la fabbrica della Gibson a Nashville, Tennessee, martedì scorso e hanno sequestrato legno, computer, file e chitarre
Il legno di rosa è molto caro, costa circa il doppio del mogano ed è un elemento cruciale di molte chitarre (usato per le casse acustiche e le tastiere). Il Madagascar è uno dei principali produttori ma per questioni ecologiche le importazioni sono una questione controversa e l’importazione è vietata negli USA. Da notare che Henry Juszkiewicz, responsabile della Gibson, fa parte del consiglio della Rainforest Alliance, per uno sfruttamento sostenibile delle foreste.


Profilo
MessaggioInviato: 25 novembre 2009, 12:11
Avatar utenteMessaggi: 3987Località: MilanoIscritto il: 23 marzo 2008, 12:49
Agenti federali USA hanno perquisito la sede di assemblaggio della Gibson, la celebre azienda che produce chitarre, alla ricerca di indizi di reato. Gli agenti intervenuti a Nashville, Tennessee, ritengono che la Casa si faccia spedire illegalmente dal Madagascar, attraverso la Germania, notevoli quantitativi di palissandro; le leggi statunitensi proibiscono l'importazione di questo legno sia per motivi ambientali sia per questioni legate alla corruzione locale.
Sono stati sequestrati computer, chitarre e ovviamente del palissandro. Gibson Guitar Corporation, fondata nel 1902, ha emesso una nota con la quale si informa che sta "pienamente cooperando" con l'investigazione federale e che acquista legno da "fornitori con requisiti legali". Tra i numerosi artisti che hanno usato chitarre Gibson figura Eric Clapton, il quale ha utilizzato fino al 2004, quando decise di venderla per fini benefici, una ES-335 rossa del 1964, e Angus Young degli AC/DC, da sempre fedele al modello SG.


Profilo
MessaggioInviato: 4 gennaio 2010, 11:56
Avatar utenteMessaggi: 3987Località: MilanoIscritto il: 23 marzo 2008, 12:49

Da Jam on line un bellissimo articolo su un caro amico cui la musica Italiana oggi deve tanto:


Un coraggioso promoter romano ha portato in California la crème della nuova musica italiana: testimonianze, ricordi e retroscena di un sogno
Si chiama Francesco Del Maro, ha 38 anni, due lauree e un’esperienza di successo nel music business on line. Dopo aver lavorato con Valtur, ha fondato nel 1997 www.cdflash.com, la più importante iniziativa italiana legata alla commercializzazione in rete di musica di tutti i formati con cui ha vinto (nel 2001) il premio del Ministero dell’Industria come migliore sito. Quindi, ha lanciato www.instant.com, una nuova realtà che si occupa di registrare e rendere immediatamente disponibili cd e dvd con esibizioni live di artisti nazionali e internazionali. Da qualche tempo, però, il suo grande sogno è un altro: lanciare negli Stati Uniti la musica italiana. Già, perché Francesco è soprattutto un appassionato cultore di rock e dintorni. Me lo conferma nel corso di una chiacchierata sul roof garden del Fonda Theatre, nel cuore di Hollywood, mentre si sta svolgendo la prima delle due serate della Hit Week L.A., il suo big dream diventato realtà: una settimana (12–19 ottobre 2009) di musica, arte e cultura italiana in California con più di 30 eventi che hanno portato il rock nostrano alla conquista del West. Franco Battiato, Giovanni Allevi, Afterhours, Negrita, Africa Unite, Calibro 35, Linea 77, The Niro, Marco Fabi, Belladonna e altri artisti contemporanei hanno regalato un “touch of Italy” alla città degli angeli.
«Questa folle idea è nata due anni fa», racconta Del Maro, «quando ho cominciato a confrontarmi con gli operatori americani dello show business. Dopo qualche tempo è cresciuta la frustrazione di vedere ancora musica e cultura italiane associate alla triade “pizza, mafia e mandolino”. La mia percezione è stata quella che negli Stati Uniti fossero convinti che a Roma, a Firenze o a Milano si camminasse per strada cantando Volare. Mi sono detto: è ora che qualcuno faccia sentire in America il valore dei migliori artisti italiani di oggi. Ho cominciato chiedendo agli amici: in primis, mi sono rivolto ai Negrita e quando loro mi hanno detto di sì, ho capito che il progetto si poteva realizzare». «Conosciamo Francesco da anni», mi dice Pau. «La sua è un’avventura controvento e gli auguriamo un grande successo». «Quando Del Maro mi ha proposto di partecipare al suo progetto stentavo a crederci», gli fa eco Franco Battiato, «poi ho aderito volentieri perché questa mia incursione californiana mi ha permesso di mostrare negli Usa il mio film (Musikanten), di incuriosire il pubblico dell’Istituto Italiano di Cultura con una piccola mostra dei miei dipinti e infine di portare in concerto le mie canzoni al Broad Stage di Santa Monica». «Franco Battiato è stato la ciliegina sulla torta», sottolinea Del Maro, «è diventato una sorta di padrino culturale di questa iniziativa». La solidarietà tra i musicisti italiani qui a Los Angeles è stata una delle cose più piacevoli della intera Hit Week. Lo si è percepito già nel Day 1 quando tutti si sono riuniti nello Showroom della Gibson, a Beverly Hills. Lì, Francesco Del Maro e il suo “socio” Saverio Principini hanno illustrato i principi della Hit Week L.A., «un investimento per il futuro, e non un iniziativa “benefica”: noi seminiamo per creare nuovi business». Non si respira certo profumo di business all’Istituto Italiano di Cultura a Westwood ma nella piccola sala auditorium si svolgono delle performance interessanti come il recital degli Afterhours su testi di Ennio Flaiano o la open conference di Giovanni Allevi, con tanto di brani live a punteggiare una buffa conversazione in inglese. «Prima di venire in California, ho suonato alla Carnegie Hall di New York City», confessa il pianista di Ascoli Piceno, «un grande sogno, la gente mi ha riconosciuto una standing ovation…». Se nella riservatezza della piccola sala dell’Istituto la musica di Allevi e il rapporto affettuoso con il proprio strumento colpiscono i fortunati spettatori presenti, la sua performance al Fonda Theatre risulta invece un poco penalizzata. Lì, nel Music Box del teatro, hanno la meglio le rock band. E se Afterhours, Negrita, Africa Unite e Linea 77 forniscono le loro consuete, solide performance, a sorprendere sono i romani Belladonna con il loro affascinante rock noir al femminile e i raffinati songwriter The Niro e Marco Fabi (quest’ultimo, Battiato a parte, l’unico a portare sul palco della Hit Week la canzone d’autore). Ma soprattutto i Calibro 35: originali, coinvolgenti, bravissimi, escono dalla città degli angeli da trionfatori, almeno quanto il leggendario Bob Dylan che ho potuto ammirare in una delle quattro (bellissime) serate che ha tenuto al Palladium proprio mentre, a pochi isolati da lì, si stava svolgendo la Hit Week. Con il texano Charlie Sexton (strepitoso) nuovamente nella band, Dylan ha convinto tutti: specie il sottoscritto che lo ha visto 50 volte in vita sua ma che questa sera, per un autentico colpo di culo, lo ha ammirato da sotto il palco, a dieci metri di distanza, insieme alla vecchia amica Pamela Des Barres. Con lei, mi sono ritrovato a cantare a squarciagola il ritornello di Like A Rolling Stone immaginando per un secondo di fare il controcanto a His Bobness. Per una sera, con tutto il rispetto per Francesco Del Maro e per tutti gli artisti italiani della Hit Week, mi sono completamente dimenticato di loro…

Grande Francesco!!!


Profilo
MessaggioInviato: 5 gennaio 2010, 7:08
Avatar utenteMessaggi: 1465Località: PalermoIscritto il: 23 gennaio 2007, 22:03
[quote="Olia"]Tecniche di registrazione

di Bruce Bartlett, Jenny Bartlett



Grazie :cool:


Profilo WWW
MessaggioInviato: 13 marzo 2012, 17:17
Avatar utenteMessaggi: 3987Località: MilanoIscritto il: 23 marzo 2008, 12:49
Wall Of Sound - Grateful Dead

Nei primi anni settanta la tecnologia audio ha vissuto una stagione di sperimentazione straordinaria.
I Grateful Dead in quegli anni erano costantemente in tour, spesso insoddisfatti degli impianti che trovano sul posto.
Giusto per entrare nel contesto storico: la famosa tre giorni di Woodstock, svoltasi nell'agosto del 1969, è stata realizzata tecnicamente da Bill Hanley con materiale costruito ed assemblato per l'occasione, i monitor wedge ancora non esistevano, in postazione FOH c'erano una serie di mixer Shure 4:1.
Un gruppo di tecnici legati all'Alembic, seguendo un'idea del fonico dei Grateful Dead Owsley "Bear" Stanley, progettò così un vero e proprio impianto personalizzato, che i fan chiamarono Wall Of Sound.

Immagine

La necessità del gruppo era di avere un impianto di amplificazione molto potente, e allo stesso tempo di migliorare il monitoraggio, senza il quale avevano grossi problemi a cantare intonati e a gestire le dinamiche. Il Wall Of Sound venne quindi progettato in maniera molto particolare.
Era posizionato dietro i musicisti (di fatto era anche una bellissima scenografia!), ed era composto da ben undici diversi "canali", costituiti da gruppi di "casse" progettate specificatamente. In pratica, ogni strumento aveva il suo gruppo di casse, ottimizzando in questo modo efficienza e rendimento. Addirittura il basso di Phil Lesh, che montava un pickup quadrifonico, aveva un impianto per ogni corda, il che permetteva di suonare accordi sul basso con la massima intelligibilità.

Immagine


Immagine


Uno dei problemi principali era, ovviamente, il rientro nei microfoni per le voci; per alzare la soglia di feedback e attenuare i rientri, fu aggiunto un secondo microfono (B&K) in controfase per ogni cantante. Il segnale proveniente dall'impianto, pressoché uguale in entrambi i microfoni, veniva in questo modo attenuato fortemente.

Immagine


Owsley "Bear" Stanley racconta così le origini del progetto:
For years we discussed the concept (that Phil and I had come to), about the microcosm and the macrocosm. The microcosm being the world on stage, and the macrocosm being the world for the audience, and how to approximate the two so they became one. That was always my goal. The best soundman is perfectly transparent. As far as I'm concerned, the soundman should be as superfluous as tits on a boar hog. All he should do is make sure things run and don't break down; plug the wires in and unplug them. All the control of what's going to the audience should be fully in the hands of the performing artists themselves. That's the only way you'll ever get close to true art.

Il Wall Of Sound, usato dal 1973 al 1974, nonostante i continui perfezionamenti e le prestazioni leggendarie, fu però troppo costoso e complicato da gestire, e quando i Grateful Dead ripresero l'attività nel 1976 passarono ad altri sistemi più convenzionali.


Immagine

Immagine

Immagine

Immagine

Immagine

Immagine


Profilo
MessaggioInviato: 13 marzo 2012, 17:23
Avatar utenteMessaggi: 4404Località: CelleIscritto il: 18 settembre 2006, 13:04
Molto interessante, grazie, un'altra particolarità nella storia particolarissima dei Dead.
Avevo già letto sull'argomento ma non ho mai capito - per mia ignoranza - la faccenda dei due microfoni in controfase che eliminano il feedback


Profilo WWW
MessaggioInviato: 14 marzo 2012, 23:52
Avatar utenteMessaggi: 171Località: MilanoIscritto il: 21 novembre 2007, 19:14
interessante analisi sul sistema audio adottato dai Dead in quegli anni
credo che una parziale versione del Wall of Sound sia stata sperimentata il 9 febbraio del 1973
alla Stanford University in California mentre il sistema completo da 26.400 watt di potenza
lo si può sentire il 23 marzo del 1974 al Cow Palace di San Francisco, è il Dick’s Picks n.24.
aggiungo che l’impianto di Owsley "Bear" Stanley raggiungeva una distanza di mezzo miglio
dal palco senza degradare i suoni.

il sistema speciale dei microfoni progettato per impedire il feedback consisteva in una coppia di microfoni spaziati di 60 mm l'uno dall'altro
il cantante usava il microfono in alto mentre il microfono inferiore raccoglieva qualsiasi altro suono provenisse dall'ambiente del palco.
i segnali venivano sommati con un amplificatore differenziale in modo che il suono comune dei due microfoni (il muro del suono) li annullava, e solo le parti vocali restavano amplificate.
4 semi-rimorchi e 21 membri dell'equipaggio erano necessari per trasportare e impostare
il Wall of Sound

Immagine


Profilo

Visualizza ultimi messaggi:  Ordina per:

Tutti gli orari sono UTC +2 ore [ ora legale ]
Pagina 1 di 2
20 messaggi
Vai alla pagina 1, 2  Prossimo
Visitano il forum: Nessuno e 0 ospiti
Cerca per:
Apri un nuovo argomento  Rispondi all’argomento
Non puoi aprire nuovi argomenti
Non puoi rispondere negli argomenti
Non puoi modificare i tuoi messaggi
Non puoi cancellare i tuoi messaggi