|
Autore |
Messaggio |
|
Andrea
|
Inviato: 30 luglio 2009, 18:43 |
|
|
Messaggi: 171Località: MilanoIscritto il: 21 novembre 2007, 19:14 |
sul sito di Virgin Radio ho trovato sta cosa carina
GLI HOTEL DEL ROCK :
Si allunga la lista delle rockstar che tra l’incisione di un disco e un tour si sono gettati nel business degli alberghi. Gli ultimi della lista sono gli Iron Maiden che a Londra hanno inaugurato il Sanctum Soho Hotel. Un albergo extra lusso tutto design a tematica rock (c’è la stanza Purple Haze) e bar aperto 24 ore su 24.
Tra i proprietari di hotel ricordiamo Bono e Edge degli U2 che a Dublino hanno ristrutturato il Clarence. Kate Pierson dei B-52’s con il Kate’s Lazy Meadow Motel a New York mentre Jim Kerr dei Simple Minds, dopo una vita di eccessi ha aperto Villa Angela, un mini albergo di superlusso con 22 stanze a Taormina.
il bar ottagonale del clarence
gli U2 suonano sul tetto del loro albergo
Ma nella storia del rock gli hotel (camere distrutte incluse) hanno da sempre ricoperto, nel bene e nel male, un ruolo importante.
Ripercorriamo insieme i più famosi.
Chelsea Hotel
Sicuramente uno dei nomi più importanti, e conosciuti, alberghi nella storia della musica. Costruito nel 1883 è stato la residenza newyorkese di Jimi Hendrix, Sid Vicious (che ci passò la sua ultima notte), Janis Joplin, Grateful Dead e tanti altri. Famose le feste e le jam session che nascevano spontanee tra i corridoi dell’hotel che è stato citato in decine di canzoni: “Sara” - Bob Dylan, “Chelsea Girls” - Nico, “Midnight in Chelsea” – Bon Jovi, "Like a Drug I Never Did Before" - Joey Ramone, "Chelsea Hotel #2" - Leonard Cohen.
The Chateau Marmont
Situato sul Sunset Boulevard di Los Angeles è stato la dimora di Mick Jagger, Jefferson Airplane. Nel 1982 John Belushi fu trovato morto in una delle camere. I Led Zeppelin distrussero la hall entrando con le loro motociclette e Antony Kiedis dei Red Hot Chili Peppers ha registrato “By The Way” in una delle stanze.
The Beverly Hills Hotel
Non troppo distante dal Chateau Marmont compare nella cover di “Hotel California” degli Eagles ed era la residenza preferita dai Beatles nella città degli angeli.
Alta Cienega Motel
Sempre a Los Angeles, un po’ decentrato, Jim Morrison abitò dal 1968 al 1970 nella stanza numero trentadue diventata meta di culto dei fan che da allora l’anno riempita di messaggi e dediche all’ex Doors. Dormire una notte nella stessa stanza oggi costa 69 dollari.
Amsterdam Hilton
L’albergo, stanza 702, dove John Lennon e Yoko Ono fecero dal 25 al 31 marzo del 1969 il “Bed-in for Peace” e vennero fotografati da Ted Church.
la stanza come è oggi
Hotel Ellington
David Bowie registrò in questo albergo di Berlino “Low” e “Heroes” in compagnia di Brian Eno. Tra gli altri avventori anche Iggy Pop, Lou Reed, Carlos Santana e parecchie star del jazz tra cui Ella Fitzgerald, Count Basie e Dizzie Gillespie.
Hard Days Night Hotel
Questo hotel di Liverpool (116 stanze) non ha nulla di storico, anzi è nuovissimo, tranne il fatto che è stato dedicato interamente ai Beatles. Si trova a due passi dallo storico Cavern, il club dove i fab-four iniziarono la loro storia musicale.
|
Top
|
|
Isy
|
Inviato: 30 luglio 2009, 18:49 |
|
|
Messaggi: 3207Iscritto il: 12 gennaio 2006, 1:44 |
bello sto post.....al Chateaux Marmont, mi pare di aver letto che Jim Morrison e Nico ne hanno combinate di tutti i colori!!!!
|
Top
|
|
bigpaul72
|
Inviato: 30 luglio 2009, 19:59 |
|
|
Messaggi: 4253Località: ladispoliromaitaliaeuropamondoIscritto il: 9 gennaio 2008, 22:17 |
grande Andrea
|
Top
|
|
zac
|
Inviato: 31 luglio 2009, 13:11 |
|
|
Messaggi: 4405Località: CelleIscritto il: 18 settembre 2006, 13:04 |
C'è anche il TROPICANA MOTEL:
Tom Waits e Chuk E. Weiss si conobbero a Denver nel 1972. Tom viveva già a Los Angeles, in Coronado Street (tra Echo Park e Silver Lake); nel 1974 invitò l’amico a trasferirsi, cosa che Chuck fece stabilendosi al Tropicana Motel, all’8585 del Santa Monica Boulevard, West Hollywood. Il posto gli era piaciuto per via del piccolo e squallido bar che si trovava accanto all’albergo: il Duke’s Coffee Shop. Racconta Weiss: «Sette-otto mesi dopo il mio arrivo, Tom si trasferì anche lui al Motel. Ci viveva un sacco di gente: Sam Shepard, lo sceneggiatore, e poi i Dead Boys, Lee Vi & the Rockats. Dopo poco arrivò anche Blondie».
Nel suo Wild Years, the Music and Myth of Tom Waits Jay S. Jacobs così descrive il Tropicana: «Era territorio r’n’r: musicisti banditi e groupies, aspiranti rockstar e commessi viaggiatori ubriachi. Andy Warhol girò il suo film underground Heat proprio in quel posto. Jim Morrison ci abitò per anni, durante il periodo magico dei Doors – fu cliente del Tropicana dal 1966 al 1969. Van Morrison vi scrisse l’album T. B. Sheets; Fred Neil era registrato al Tropicana quando incise Everybody’s talkin’; Janis Joplin, Bob Marley e Alice Cooper vi facevano base. Ben presto iniziarono voci sulle “porcherie” che venivano perpetrate al Tropicana: dall’uso smodato di droghe alle abitudini “sessualmente deviate”, ma fino a quando non uccidevi nessuno e pagavi il conto regolarmente, la direzione chiudeva un occhio. Nell’ottobre del 1970 Janis Joplin fu trovata morta in una “suite” del Tropicana. Investito dalla tragedia, il Motel visse un periodo di declino». Ma poi arrivò Tom Waits: «Dal suo arrivo, il Motel crebbe di nuovo in reputazione e fu di nuovo un posto d’elezione per molti musicisti: i futuri Stenie Fleetwod Mac, Stenie Nicks e Lindsey Buckingham, vi andarono ad abitare; così come i Dickies, i Ramones e Tom Petty. Il Tropicana era di nuovo l’indirizzo preferito della scena rock, e Tom ne era l’attrazione principale». In articolo pubblicato sulla rivista «Contemporary Keyboard Magazine» nell’aprile del 1977 (Waits. Offbeat Poet and Pianisti) Dan Forte descrive la camera di Tom: «Waits dà un’occhiata al suo appartamento (che in realtà è una stanza sul retro di uno dei motel meno eleganti di Hollywood), letteralmente tappezzato di libri tascabili, Lp, 78 giri, riviste, lattine di birra vuote eccetera. “Vivevo nei pressi di Echo Park, prima, ma ero sempre in giro a fare concerti e i vicini volevano organizzare le loro rivendite di mobilia nel mio salotto” ».
Nel 1999 il giornalista Rip Rense ricordava il suo primo incontro con Waits: «Era l’autunno del 1976, al Tropicana Motor Hotel, West Hollywood. Lui viveva lì. Facevo la cronaca nera per un giornale cittadino ma la mia aspirazione era la pagina dello spettacolo. Sapevo che il manager di questo Tom Waits ero lo stesso di Frank Zappa, l’artista che più mi sarebbe piaciuto intervistare. Così mi dissi: “Se scrivo un pezzo su questo ragazzo, magari la cosa mi darà la possibilità di incontrare Zappa…”. Non sapevo nulla di Tom Waits. O quasi. Avevo ascoltato parzialmente l’album che il suo manager mi aveva mandato, The Heart Of Saturday Night. Il nuovo disco, Small Change, sarebbe uscito di lì a pochi giorni. Comunque, quella notte portai con me un gruppo di amici (una cosa che non si dovrebbe fare, come potrebbe dirvi qualsiasi manager): uno era alto due metri e aveva un’enorme acconciatura afro; un altro avrebbe potuto essere un difensore dei Dallas Cowboys… Sembravamo… “inarrestabili”. Ci facemmo strada tra i bungalow in stucco bianco e legno, a lato della trafficata Santa Monica Boulevard. Saranno state le 10 della sera. Waits se ne stava appoggiato ad un muro, fuori dal suo bungalow, sotto un neon bianco. Fumava. Indossava stivali neri appuntiti, pantaloni neri e una camicia a maniche corte che rivelava un grosso tatuaggio su un bicipite. Barba di tre giorni. E un cappellaccio così calcato sulla fronte che i suoi occhi rimanevano nell’ombra. Sembrava Henry Hull in Un lupo mannaro a Londra. Mi presentai. “Entra pure” borbottò Waits. Accedemmo nella cucina del bungalow, piccolo come un ripostiglio per le scope. Sedemmo su un paio di poltroncine in legno, stretti in un angolo. I miei amici erano rimasti sulla soglia. Waits ogni tanto lanciava loro delle occhiate come se stesse considerando l’eventualità di fargli un bel cappotto di cemento. Accavallò le gambe, e iniziò a fumare e dondolare senza sosta. Aspirava il fumo come se quello avesse dovuto essere il suo ultimo respiro. Aveva le nocche delle mani incerottate come un pugile… Realizzai con panico che non sarebbe stata la tipica intervista con un musicista emergente. Domande classiche tipo “a cosa stai lavorando?” o “a chi ti ispiri?” non avrebbero funzionato. “è molto che vivi qui?” chiesi ad un tratto. “Uhm… Da un po’” disse Waits. Tutto quell disordine, la dentro, era “familiare”. Se per familiare s’intende un posto in cui ti circondi di tutto ciò che ti interessa senza dare particolare cura allo stile. Mi sembra di ricordare che in cucina c’era perfino il paraurti di un’auto. “Sto pensando di installare un pianoforte qui in cucina” disse. “Ah, bene… Un pianoforte in cucina. Bé, certo… e come mai?”. Rispose che gli piaceva l’idea. Parlava intervallando il discorso con grattate di capelli e borbottii gracchianti tipo. “Certo, dovrei eliminare il lavello per farcelo entrare”. Cosa? Eliminare il lavello? Assentì col capo, gesticolando con la mano che teneva la sigaretta: “Sì… uhm… be’… Certo, dovrei eliminarlo. Non ci starebbe”. Lessi alcuni articoli, anni dopo, in cui si faceva riferimento al fatto che Waits avesse un pianoforte in cucina. Dunque, lo fece davvero!».
Nel 1977 Dan Forte avvalora la storia: «Lo Steinway di Waits occupa un angolo della sua cucina. “Ti renderai conto di cosa io abbia dovuto fare per farcelo entrare”, mi dice facendomi strada. “Innanzitutto, quasi non riuscivo a farcelo passare dalla porta. Poi ho dovuto eliminare il lavello. L’ostacolo successivo era il ripostiglio delle scope. Chiaramente ho dovuto togliere di mezzo anche quel figlio di puttana”. L’angolo in macerie della stanza d’ingresso testimonia la veridicità della sua affermazione».
Racconta John Lamb: «Ho avuto modo di vedere l’appartamento di Waits al Santa Monica Boulevard. Erano due stanze adiacenti a cui era stato rimosso il muro divisorio. Giornali, manoscritti, portacenere e bottiglie vuote riempivano l’ambiente. Se fosse stata vegetazione avresti dovuto usare un machete per farti largo».
Ecco cosa ricorda Tom Waits: «Quel posto era pieno di termiti, le tubature erano rotte… Pitturarono la piscina di nero per non doverla lavare spesso. Ma prendevano i messaggi per me, in portineria, tenevano la mia posta, e non dovevo pagare né gas né elettricità; quindi non era poi così male. Quando mi trasferii al Tropicana era un posto da nove dollari a notte. Ben presto, però, diventò per me come un palcoscenico, perché tutti associavano quel posto a me: la gente veniva per vedermi, mi chiamavano nel mezzo della notte. Quando dipinsero la piscina di nero, decisi che era l’ora di andarmene da lì. Non penso di avere avuto asciugamani puliti per tutti i nove anni che ci vissi. Ma non li chiesi mai, non volevo scocciare nessuno. »
|
Top
|
|
pietrarotolante
|
Inviato: 31 luglio 2009, 15:55 |
|
|
Messaggi: 2966Località: Lamezia TermeIscritto il: 16 febbraio 2007, 19:51 |
zac ha scritto: Saranno state le 10 della sera. Waits se ne stava appoggiato ad un muro, fuori dal suo bungalow, sotto un neon bianco. Fumava. Indossava stivali neri appuntiti, pantaloni neri e una camicia a maniche corte che rivelava un grosso tatuaggio su un bicipite. Barba di tre giorni. E un cappellaccio così calcato sulla fronte che i suoi occhi rimanevano nell’ombra.
Fantastico, una descrizione bellissima! mi sembra quasi di vederlo, il vecchio Tom!
molto bella questa storia degli hotel, sopratutto questa del Tropicana e di Tom che ci si trasferisce.
Voglio dire, credo che all'epoca avrebbe sicuramente potuto permettersi qualcosa di meglio, invece se ne va in quel posto, probabilmente per stare a contatto con più gente possibile, trarre magari ispirazione da ordinarie faccende quotidiane e non perdere troppo il contatto con la realtà.
poi anche lo squallido bar è un buon motivo per starci vicino..
e non tutti lo fanno..
|
Top
|
|
carla
|
Inviato: 31 luglio 2009, 16:56 |
|
|
Messaggi: 4670Iscritto il: 8 luglio 2006, 17:02 |
c'è molta poesia in tutto ciò
che bel topic!
|
Top
|
|
carla
|
Inviato: 25 agosto 2009, 0:14 |
|
|
Messaggi: 4670Iscritto il: 8 luglio 2006, 17:02 |
Hotel Byblos
Saint Tropez
Camera 401 MICK JAGGER CHIESE A BIANCA DI SPOSARLO
|
Top
|
|
colditalianpizza
|
Inviato: 25 agosto 2009, 17:35 |
|
|
Messaggi: 430Iscritto il: 17 gennaio 2006, 21:22 |
mi permetto di aggiungere il memory motel, montauk, NY
e l'hotel di clearwater, florida (non mi ricordo il nome) dove keith incise su un registratore philips il riff di satisfaction ...
|
Top
|
|
|
Tutti gli orari sono UTC +2 ore [ ora legale ]
Visitano il forum: Nessuno e 12 ospiti
|
Non puoi aprire nuovi argomenti Non puoi rispondere negli argomenti Non puoi modificare i tuoi messaggi Non puoi cancellare i tuoi messaggi
|
|
|