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Indice  ~  Get Off Of My Cloud  ~  Jimi Hendrix

MessaggioInviato: 6 giugno 2009, 11:45
Avatar utenteMessaggi: 3987Località: MilanoIscritto il: 23 marzo 2008, 12:49
Ehh si lo penso anch'io, da sempre da Douglas alla sorella.....
Ma Jimi è Jimi!!!!


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MessaggioInviato: 6 giugno 2009, 12:18
Avatar utenteMessaggi: 3987Località: MilanoIscritto il: 23 marzo 2008, 12:49
come non detto.............

In vendita in agosto un cofanetto speciale di Jimi Hendrix



Sarà in vendita dal prossimo 11 agosto, in esclusiva su Amazon, un cofanetto speciale dedicato a Jimi Hendrix. Intitolato “Live in Paris & Ottawa 1968”, e contenente brani live già offerti su disco nel settembre 2008 a cura della Dagger Records, il box-set si distingue per la varietà di prodotti. Oltre al CD, con le registrazioni dei brani eseguiti dal grande chitarrista scomparso nel 1970 all’Olympia di Parigi e al Capitol di Ottawa appunto nel 1968, il cofanetto allinea due vinili, una t-shirt con tema Woodstock, un poster, delle cartoline, una custodia per iPod e un pass “All access” che dà accesso ad uno speciale contenuto online su Hendrix. Costo: sui 93 dollari.
© Tutti i diritti riservati. Rockol.com S.r.l.


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MessaggioInviato: 8 giugno 2009, 19:08
Avatar utenteMessaggi: 2825Località: SienaIscritto il: 25 agosto 2007, 15:22
Grazie della segnalazione!!!!


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MessaggioInviato: 21 giugno 2009, 12:44
Avatar utenteMessaggi: 3987Località: MilanoIscritto il: 23 marzo 2008, 12:49
Tributo milanese al grande Jimi Hendrix
Lunedì, 22 giugno sarà una giornata dedicata al grande Jimi.

Vi saranno infatti ben due eventi relativi a Jimi Hendrix.

Milano, lunedi 22 giugno 2009
Piazza Oberdan e dintorni di Porta Venezia
- dalle ore 18.00 -
"JIMI HENDRIX DAY"
Installazione di ALEX SCHIAVI
dedicata
a
Jimi Hendrix


In concomitanza, e con inizio alle ore 18.00, tutto attorno a piazza Oberdan, Porta Venezia ed angoli adiacenti, il Maestro e Musicista ALEX SCHIAVI (che da anni realizza installazioni dedicate a Jimi hendrix, e che ebbe anche la grandissima fortuna di assistere al suo unico show milanese del 23 maggio 1968) affiggerà mille locandine raffiguranti Jimi Hendrix. Un vero e continuato omaggio cartaceo , ed ognuno poi potrà staccare le locandine e portarsele a casa come un piacevole ricordo di questa giornata. E' quindi un invito a tutti, ancor più a chi vuole vedere (purtroppo solo in film) che cosa vuol dire suonare veramente la chitarra elettrica. Non mancate. Ingresso gratuito.



L'altro evento, assolutamente da non perdere, è organizzato dalla provincia.

Il 22 Giugno 2009
allo Spazio Oberdan alle ore 21,00
sarà riproposta
la serata non stop video dedicata
a
Jimi Hendrix.

replica della non-stop video Jimi Hendrix, affollatissima lo scorso 27 aprile, per soddisfare le richieste dei molti che non sono potuti entrare.
Ingresso libero fino ad esaurimento posti.


Per chi volesse sentirsi lo special di due ore su Jimi Hendrix trasmesso da Radio Lifegate il 4 giugno 2009:

http://www.lifegate.it/lg_radio/index.php


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MessaggioInviato: 21 giugno 2009, 12:48
Avatar utenteMessaggi: 3987Località: MilanoIscritto il: 23 marzo 2008, 12:49

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MessaggioInviato: 28 giugno 2009, 13:11
Avatar utenteMessaggi: 3987Località: MilanoIscritto il: 23 marzo 2008, 12:49
"My Friend"



Passatemi quella bottiglia
E io vi canterò una vera canzone.
Sì!
Lasciatemi accordare, ahem!

Bè, do un'occhiata per Harem
Il mio stomaco si lamenta solo un po'.
Una diligenza piena di piume e orme
Raggiunge la porta del mio palco di fortuna.
Ora, una donna con una sciarpa di perle fatta a mano,
Inchiodata al posto guida
Mi respira in faccia parole impregnate di bourbon e Coca;
Non ti ho già visto da qualche parte all'inferno,
o si è trattato soltanto di un caso?.
Tu sai come mi sono sentito, a parte tutto ciò.

E così prima che potessi chiedere, Quello era il lato est o ovest?.
I miei piedi gemevano dal dolore.
Le ruote di un carro da banda lasciano un segno profondo
Nella mia mente, ma non così profondo come la pioggia
E quando loro se ne sono andati sono riuscito a vedere le sue parole
Che barcollavano e cadevano sulla mia tenda di fango.
Bè, le ho raccolte,
E tu non ci crederesti.
Vieni nella mia stanza con il dente in mezzo,
E porta con te una bottiglia e un presidente.
E qualche volta non è così facile, baby
Specialmente quando il tuo unico amico
Parla, vede, guarda e sente come te
E tu fai esattamente come lui.
Ci si sente molto soli fuori di qua, baby.

Ho altro da dire

Bè, viaggio per L.A.,
Su una bicicletta costruita per i pazzi
E ho visto uno dei miei vecchi compari,
E mi dice: Non sembri quello di una volta.
Io dico: Bè, molte persone assomigliano a un salvadanaio.
Lui dice: Ci assomigliano, tu non hai un soldo da risparmiare.
Io aspetto, e dopo averci pensato,
Gli ho detto:
Ho raccolto il mio orgoglio proprio da sotto al telefono a gettoni,
E ho pettinato il suo respiro fuori dai miei capelli,
E a volte non è così semplice:
Specialmente quando il tuo unico amico
Parla, vede, guarda e sente come te,
E tu fai esattamente come lui.

Sono appena uscito da una prigione scandinava
E sto venendo dritto a casa da te.
Ma mi sento così stordito, mi do un'occhiata veloce allo specchio
Per essere sicuro che anche i miei amici siano qui con me.
E tu sai molto bene che non bevo caffè,
Così riempi fino all'orlo la mia tazza di sabbia,
Ma le foglie di tè ghiacciato sul fondo
Si mischiano al rossetto intorno al bordo rotto,
E la mia giacca su cui hai lasciato stendere il cane vicino al fuoco acceso,
E il tuo gatto mi aggredisce dalla sua cuccetta
Pensavo che tu fossi mio amico,
Ehi, la mia ombra viene fuori da me prima che da te.
Scopro che non è così semplice,
Specialmente quando il tuo unico amico
Parla, vede, guarda e sente come te,
E tu fai esattamente come lui.

Dio, lui è così solo.

Sì.
Passatemi quella bottiglia laggiù.


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MessaggioInviato: 9 luglio 2009, 15:17
Avatar utenteMessaggi: 3987Località: MilanoIscritto il: 23 marzo 2008, 12:49
da http://jimihendrixitalia.blogspot.it/


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Era una notte tempestosa di novembre quando
arrivarono le doglie e la diciasettenne
Lucille Jeter, accompagnata dall'amica Dorothy Harding, raggiunsero il King County Hospital.

Il 27 novembre 1942, alle 10 e 15 del mattino, dopo un lungo e difficile travaglio, la ragazza partorì un bambino del peso di tre chili e mezzo circa, con tanti capelli, occhi grandi, colorito pallido, lineamenti delicati come la madre e un sedicesimo di sangue Cherokee nelle vene.


Senza consultare il marito Al Hendrix, Lucille chiamò il bambino Johnny Allen Hendrix, nome che sarebbe poi mutato in James Marshall Hendrix e successivamente per tutti Jimi.


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Quando Jimi nacque, il padre Al Hendrix nel frattempo si trovava sotto le armi, in Alabama, di stanza in un campo di addestramento, pronto per essere inviato sul fronte del pacifico.

Si trovava alle Isole Fiji quando ricevette la prima foto del bambino.

Lucille era una ragazza fragile ed inesperta e dopo la nascita di Jimi passò dei tempi veramente difficili.
Molti dei problemi della giovane madre erano di natura economica, perchè fu solo quando Jimi aveva già compiuto un anno di età che lei cominciò a ricevere parte della paga di Al.


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Poi una serie di disgrazie, tra cui la morte del padre di Lucille, Preston Jeter, portarono la ragazza e il figlioletto a vivere in condizioni ancor più precarie e per avere un tetto sopra la testa dovettero farsi ospitare da parenti o amici.
Alla fine, Lucille in condizioni economiche disperate, si fece lusingare da altri uomini sperando che questi fossero in grado di mantenerla.
La fragilità e la vita disordinata della giovane madre però le impedivano di badare adeguatamente al piccolo Jimi, persino i parenti più stretti di Lucille cominciarono ad essere preoccupati per la crescita e la salute del bambino.
L'accudimento di Jimi ricadeva sempre più spesso su amici o familiari come la nonna Clarice e la zia Dolores.



Quando il bimbo ebbe quasi tre anni di età venne affidato alla famiglia Champ che viveva a Berkeley, la custodia di Jimi da parte dei Champ avrebbe dovuto essere temporanea, ma si prolungò fino a diventare quasi un'adozione informale.

Alla fine del 1945 Al Hendrix venne congedato e per prima cosa tornò a Seattle per procurarsi un certificato di nascita del figlio e con questo recarsi a Berkeley dai Champ per reclamare il figlio, ma sopratutto fare la sua conoscenza.


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Ricorda Al Hendrix:

Prima di rientrare dalla guerra, Lucille e io ci separammo. Durante il periodo del mio servizio militare aveva lasciato Jimi a diverse persone, che s'erano sempre tenute in contatto con me. Appena la nostra nave attraccò a Seattle cercai immediatamente il modo di andare a Berkeley da Jimi. Era l'inizio del 1946, Jimi aveva tre anni e non mi aveva mai visto.
Quelle persone avevano una fotografia ed era tutto ciò che Jimi conosceva di me.
Se fosse stato un neonato, sarebbe stato tutto diverso.
Invece eccolo lì, un bambino di più di tre anni, già in grado di guardare
e giudicare in consapevolezza.
Rimpiangevo tutti i suoi giorni di bambino che non avevamo potuto vivere assieme. Non mi diedero nemmeno la licenza quando nacque.


Al insieme al piccolo Jimi, tornati a Seattle, andarono a vivere a casa della zia Dolores, sorella di Lucille di cui nel frattempo non si sapeva più nulla...

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In un volgere di eventi che colse tutti di sorpresa, Lucille, invece, si presentò alla porta di casa e le prime parole che rivolse ad Al furono "Eccomi qua. Ti va di riprovarci?"

Lucille non sapeva come sarebbe stata accolta dal figlio che non vedeva da parecchi mesi e dal marito che non vedeva da quasi quattro anni.

Al, da parte sua, non sapeva se dar voce a tutta la sua rabbia oppure prenderla tra le braccia.


Chi lo sa poi cosa si dissero ma alla fine Al decise di abbandonare i propositi di divorzio.
Forse era ancora innamorato di Lucille o forse rimase colpito da quanto fosse attraente sua moglie: negli anni trascorsi da quando l'aveva vista l'ultima volta, la ragazzina che si ricordava era diventata una splendida donna.

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Per la prima volta i tre Hendrix si ritrovarono tutti insieme e per circa un anno la famigliola visse a casa di Dolores che così descrive quel periodo:
Sembravano in luna di miele, era la prima occasione per loro di vivere insieme.
Uscivano tutte le sere, andavano a ballare, si divertivano e credo che solo allora Jimi sia stato veramente felice.


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L'11 settembre 1946, Al cambiò il nome del piccolo Jimi da Johnny Allen a James Marshall.

Per la famiglia Hendrix le cose, pur con i problemi dovuti alla precarietà del lavoro di Al e alla "vivacità" di Lucille, sembravano andare per il meglio.

Fu così che nel gennaio del 1948 nacque anche il secondo figlio della coppia che fu chiamato Leon.

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La luna di miele tra Al e Lucille durò circa tre anni.
Al accettava qualunque tipo di lavoro anche il più umile e malpagato.
La povertà aveva insegnato ad Al la frugalità e il valore del denaro e tutto questo mal si addiceva alla passione per la bella vita maturata da Lucille, che cercava ad ogni occasione di uscire.

Nel frattempo inoltre i due ebbero un terzo figlio, Joe e la coppia non aveva i mezzi per far fronte ed accudire il terzogenito che nacque in più con varii problemi fisici e malformazioni.

Al e Lucille avrebbero continuato a litigare su chi dei due fosse stato la causa dei problemi fisici di Joe.
Al si infuriava per l'incapacità di Lucille di essere la classica moglie e madre.
Lucille dava la colpa ad Al per aver alzato le mani su di lei durante la gravidanza; Al accusava la moglie di aver abusato con l'alcool.


Alla fine del 1949, la famiglia giunse così ad un punto di rottura, i due si separarono nuovamente. Jimi, Leon vennero affidati a parenti, mentre il piccolo Joe alla madre.

Questo schema di separazioni e riavvicinamenti tra Al e Lucille comunque andò avanti a lungo.

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Jimi e Leon dovevano sempre essere pronti a fare le valigie e trasferirsi a Vancouver dalla nonna Nora o dallo zio Frank.


Al e Lucille durante un periodo di riappacificazione, nell'autunno 1950, videro l'arrivo di un altro figlio Kathy Ira, nata prematura di sedici settimane e ancor peggio, la bambina nacque cieca.

Per un periodo la bambina visse con il resto della famiglia ma all'età di undici mesi, l'affidarono alla custodia dello stato e la mandarono in affido familiare.

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Ancora una volta, Al rifiutò di assumersi questa nuova paternità nonostante Kathy, come in precedenza Joe, gli somigliasse moltissimo.

Una seconda figlia, Pamela, nacque un anno dopo, nell'ottobre 1951. Anche lei aveva problemi di salute, seppure non gravi come quelli di Kathy. Al non riconobbe neppure Pamela, nonostante venisse citato come padre sul certificato di nascita.
Anche Pamela venne data in affido.

Le cose si sarebbero presto complicate per la famiglia Hendrix, i bambini erano tre (le due bambine erano finite in affido). Lucille non riusciva a smettere di bere, come del resto Al che inoltre non riusciva nemmeno a mantenere un lavoro stabile.

Tra tutti i problemi, furono le questioni legate alla salute di Joe a mettere definitivamente in crisi l'unità della famiglia.

Al non se la sentiva di sobbarcarsi il costo delle cure mediche per Joe e fu irremovibile, il bambino doveva finire in affido.

Lucille aveva già dovuto rinunciare a due figlie; l'idea di dare in affido anche Joe, che aveva vissuto con Lucille per tre anni, era per lei assolutamente intollerabile.

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Verso la fine dell'autunno 1951, quando Jimi aveva già compiuto nove anni, Lucille lasciò Al, non fu quella tuttavia la fine della loro relazione; nemmeno il divorzio poteva soffocare l'attrazione che provavano l'uno per l'altra, infatti nell'estate 1952 i due, pur essendo ufficialmente divorziati tornarono a vivere insieme per un po' e Lucille rimase incinta nuovamente.

Il 14 febbraio 1953, nacque il sesto figlio della coppia, Alfred Hendrix.
Anche a lui Al avrebbe negato la paternità al figlio. Il piccolo Alfred era il quarto figlio della coppia ad avere problemi congeniti e venne dato immediatamente in affido.

Poco dopo Lucille se ne andò un'altra volta.

Ricorda Leon Hendrix:
Quando mamma era a casa, al mattino si sentiva profumo di frittelle e di bacon e io e Jimi ci alzavamo di scatto gridando "Mamma è a casa!" ma la cosa poteva durare anche solo un giorno, perchè poi cominciavano a bere e poi a litigare e mamma se ne andava.

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Nonostante i drammi di famiglia, Jimi aveva gli stessi passatempi degli altri ragazzi:
leggeva i fumetti, disegnava automobili sul suo blocchetto per appunti, adorava il football e andare al cinema a vedere film di fantascienza.

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..continua...


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MessaggioInviato: 13 luglio 2009, 10:17
Avatar utenteMessaggi: 3987Località: MilanoIscritto il: 23 marzo 2008, 12:49
da http://jimihendrixitalia.blogspot.it/


...............Fin dalla fanciullezza, la musica fu parte integrante della vita di Jimi Hendrix, fu qualcosa che il suo subconscio assorbì profondamente molti anni prima di iniziare a muoversi con passo incerto lungo il cammino che avrebbe dato forma al suo immaginario musicale.
Le visite a Vancouver erano punteggiate dalle reminiscenze di Nora (la nonna) a proposito dei tempi trascorsi nel corpo di ballo e da stupefacenti storie indiane nelle quali musica e danza svolgevano un ruolo fondamentale all'interno del rituale magico.


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La musica significava momenti di gioia, quelli dei tempi felici in cui i genitori di Jimmy vivevano ancora insieme, accudivano lui e il fratellino Leon durante il giorno e la sera andavano a ballare. Al e Lucille prendevano sul serio il ballo e i passi principali venivano prima provati a casa al suono dei dischi della collezione di Al.
Si facevano feste nelle case dei quartieri popolari e nella zona dei bordelli, i luoghi dove Jimmy trascorse tanta parte della primissima infanzia. Il sound di Duke Ellington e di Count Basie e il tempo ben scandito del rhythm'n'blues di Louis Jordan, Joe Turner e Roy Milton riempivano l'aria della notte mentre la gente rideva, beveva e ballava fino al sorgere del sole.

La musica era divertimento.

Anche la musica con un messaggio era divertimento, la musica di quella Chiesa Pentecostale tanto importante per coloro che Jimmy considerava la propria famiglia. Egli andava spesso a cantare inni nella chiesa di Dio e Cristo, fra la Ventitreesima e Madison. Da bambino Jimmy venne cacciato una volta da una chiesa per esservi entrato con le scarpe da tennis, fatto che segnò negativamente il suo rapporto con la religione organizzata. Tuttavia il ragazzo non poteva fare a meno di notare (come spiegò una volta a Freddie Mae) che la gente in chiesa sembrava proprio contenta. Era questo il senso del Pentecostalismo, una celebrazione gioiosa del Signore in netto contrasto con il modo molto formale di frequentare la chiesa dei bianchi e con l'austero fondamentalismo dei battisti neri. I pentecostali ospitavano nelle loro chiese musiche e balli religiosi e cantavano canzoni in cui venivano sovente rispecchiate le esperienze quotidiane degli strati più poveri di quella classe operaia nera che costituiva il nucleo principale della congregazione. I cantanti delle Chiese Santificate, compresi i pentecostali, non si facevano problemi morali ne temevano di usare strumenti di solito associati alla musica profana o di far suonare musicisti profani nei loro dischi. C'era posto praticamente per tutto: armoniche, chitarre, tamburelli, anche i suoni delle jug bands. Raccontando le esperienze dei neri sulla terra, i cantanti pentecostali avevano come pericolosi compagni di viaggio i bluesmen, vale a dire i seguaci della musica del diavolo, ma la cosa li turbava molto meno di quanto preoccupasse i battisti e i metodisti.
(Una foschia rosso porpora, Harry Shapiro - Caesar Glebbeek, Arcana Editrice)

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Tra i dodici/quattordici anni Jimi era un ragazzino timido ma dotato di una vivace immaginazione, scriveva storie e disegnava immagini elaborando un vivido universo di stelle e pianeti.
Una delle poche materie a cui era interessato e andava bene a scuola era l’arte e il disegno, sebbene, come ai suoi genitori, anche a lui piacesse la musica, stranamente in quella materia non eccelleva anzi era piuttosto scarso.
Jimi crebbe ascoltando la collezione di dischi di suo padre Al, c’erano dischi di Muddy Waters, T-Bone Walker e altri grandi del blues.

Più tardi così ricorderà Jimi:
“Il primo chitarrista che veramente mi colpì fu Muddy Waters. Ascoltai uno dei suoi vecchi dischi quando ero ancora un ragazzino e mi spaventò a morte”


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Ricorda invece Leon Hendrix:
Era un fulmine con la scopa , la suonava come fosse una chitarra e lo faceva in maniera così energica che si staccavano tutte le paglie dalla scopa. (ride) Poi arrivava papà, appena entrava cominciava a gridare come un matto, le vene sulla fronte sembravano dovessero scoppiare. “Le scope costano soldi!...”, ma Jimi continuava a urlare le note pretendendo di suonare la chitarra. Usciva con la scopa, se la portava anche a scuola, tutti avevano cominciato a pensare che fosse un po’ matto. Dopo la scopa, Jimi fece un buco in vecchia scatola di sigari, vi tiro una cordicella nel mezzo e con quella ci tentò di tirar fuori della musica finchè un giorno, papà venne chiamato a pulire un garage, e lì trovò un vecchio ukulele con una sola corda e che stava per essere gettato via, quella fu la prima “chitarra” di Jimi, è da allora che cominciò a far sul serio con la musica, suonando canzoni e facendo esperimenti su una corda sola.

Provare il brivido della musica dal vivo e suonare su una corda sola erano cose che potevano andare bene per un po', ma Jimmy, se voleva imparare sul serio, aveva bisogno di una vera chitarra. Uno degli amici con cui Al giocava a carte possedeva una chitarra acustica. Mentre i grandi erano impegnati nel gioco, Jimmy prendeva di nascosto la chitarra e andava sulla veranda a tentare di suonarla.
Racconterà Jimi in seguito:
Non sapevo di dover girare le corde perché ero mancino ma capivo che così non andava. Ricordo di aver pensato: 'Qui c'è qualcosa di sbagliato'.

La vita familiare di Jimi continuava a declinare.
Suo padre aveva perso un altro lavoro, la loro casa si stava deteriorando fino allo squallore. Ad un certo punto l’elettricità fu addirittura tagliata.
Dopo la scuola Jimi, come quasi tutti i suoi coetanei, vagabondava per il vicinato trascorrendo gran parte del tempo in strada.
Jimmy con il suo fedele cagnolino Prince e il piccolo Leon a rimorchio.


Leon Hendrix:
Mi portava in giro e tornavamo soltanto quando faceva notte. Papà non lo sapeva perché non era quasi mai a casa, anche se qualche volta le denunce dei vicini per il nostro stato di abbandono causavano l'intervento dell'assistente sociale…L’assistente aveva continuato a venire a casa nostra per anni. Ogni volta si fermavano un po’ di più di quella precedente. Io e Jimi venivamo mandati in un’altra stanza, ma riuscivamo a capire cosa dicevano: dovevamo venire dati in affidamento… …D'estate, verso le tre di mattina, noi ragazzi del quartiere ci svegliavamo bussando uno alle finestre dell'altro e ci dirigevamo verso il centro città, dove c'era il mercato, per farci dare frutta e tortine dolci. Nei mesi caldi era una cosa normale. Poi prendevamo un autobus e andavamo a raccogliere fagiolini a un dollaro l'ora. Qualche volta facevamo tardi e lo perdevamo. Lì vicino c'era lo scalo merci. Saltavamo sul primo treno che partiva e viaggiavamo gratis fino al campo dei fagiolini. Lavorando fino a mezzogiorno guadagnavamo qualche dollaro, dopo di ché andavamo a nuotare. Eravamo dei vagabondi e trovavamo sempre chi ci dava da mangiare. Ci facevamo ospitare da chiunque. Jimmy era tutto il mio mondo, il mio unico amico.

Nei suoi vagabondaggi Jimmy spesso si fermava ad ascoltare chiunque stesse suonando.
Jimmy assorbiva la musica da qualsiasi fonte disponibile: i dischi, la radio, capitava persino che si sedesse accanto a un anziano bluesman che suonava in un portico pochi isolati lontano. Il
vecchio eseguiva pezzi country blues e uno dei suoi artisti preferiti era Big Bill Broonzy. Come Jimmy, anche Big Bill Broonzy (che da ragazzo viveva in Arkansas) aveva ricavato da una scato-
la per sigari il suo primo strumento, un violino con cui suonare canzoni country. Fu solo dopo essersi trasferito a Chicago nel 1920, quando aveva già quasi trent'anni, che imparò a suonare la
chitarra e si dedicò al blues. Nel suo repertorio c'erano ragtime, pezzi ballabili, danze rurali; si esibì anche con un gruppo di cinque elementi con fiati. Nei blues lenti e melodici veniva spesso
accompagnato al piano da Black Bob. Jimmy ebbe sempre un debole per le ballate e alcuni dei suoi momenti compositivi migliori trassero ispirazione da questa profonda vena romantica. e finalmente all’età di quindici anni, Jimi ebbe la sua prima vera chitarra.

Leon Hendrix:
Papà pagò con riluttanza i cinque dollari, regalò quella chitarra a Jimi solo dietro l’insistenza e le parolacce di zia Ernestine. Jimmy era così eccitato per la sua nuova chitarra che difficilmente questa rimaneva al di fuori della sua vista (ride) o delle sue mani. Papà insisteva perché lui la suonasse destra perché pensava che tutte le cose che erano mancine venivano dal diavolo, ma nonostante le sue insistenze appena papà usciva, Jimi riaccordava la chitarra al contrario così che la potesse suonare mancina, per lui era più naturale sentire la sua mano destra sul manico. Per capire come accordare la chitarra Jimmy andò in un negozio di musica e lì provò una chitarra già accordata, ci fece passare su le dita un po’ di volte, poi tornò a casa e da allora accordò la sua chitarra .


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Subito dopo, il 1 febbraio 1958, Jimmy e Leon dovettero affrontare la più grande tristezza per le loro giovani vite.
Lucille Jeter la loro madre moriva di cirrosi alla giovane età di trentadue anni.
Sebbene lei e Al avessero da tempo divorziato i ragazzi erano molto legati alla madre.
Sia Jimmy che Leon non perdoneranno mai al padre di non aver loro concesso di andare al funerale della madre.
La morte della madre sconvolse il giovane Jimmy che interiorizzò la sua tristezza e seppellì il dolore per la perdita della madre diventando ancora più ossessivo nel suonare la chitarra.
I suoi sentimenti avrebbero trovato completa espressione nei testi delle canzoni e non sembra esagerato affermare che Lucile fu la sua principale ispirazione poetica.
La madre di Jimi era uno “spirito libero”, alieno da ogni convenzione sociale, che spesso eccedeva con l’alcool e si accompagnava ad uomini che si approfittavano di lei e le impedivano di aver cura dei figli. Ma per Jimmy rimaneva pur sempre sua mamma, l’andava a trovare in ospedale di nascosto dal padre e le portava i disegni che aveva fatto a scuola, lui le voleva bene ed era l’unica cosa che sapeva e di cui gli importava. Le era grato per l’amore, poco o tanto che fosse, che lei riusciva a dargli. Lucile diventò una leggenda colma di mistero e fantasia che influenzò profondamente la sua vita.

Jimmy suonava per conto proprio, imparando pazientemente, sperimentando, tentando di
creare un rapporto con lo strumento. Jimmy e la chitarra erano diventati inseparabili; lo strumento si era trasformato in una parte di lui, in un prolungamento del suo corpo e della sua mente, nella porta d'accesso alla sua anima. Si poteva in un certo senso dire che la chitarra fosse Jimmy, gli desse un'identità e gli donasse quella stima di sé che gli era sempre mancata a causa del disordine e dell'emarginazione conosciuti sino allora. La chitarra sarebbe diventata la sua collocazione nel mondo, la sua voce. Ma ora aveva bisogno della potenza necessaria per far arrivare, quella voce il più lontano possibile.


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MessaggioInviato: 13 luglio 2009, 15:59
Avatar utenteMessaggi: 1691Iscritto il: 7 marzo 2008, 18:22
Gran bei servizi..... e, documentazione meritata per l' irraggiungibile Hendrix !!!! :wink: ....... sarebbe bello dedicargli un tributo con le bands di questo forum !!!!!

Grazie, Holiaaaaaa !!!!! :D

JJ <)


Ultima modifica di Jigi il 13 luglio 2009, 20:05, modificato 1 volta in totale.

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MessaggioInviato: 13 luglio 2009, 19:00
Avatar utenteMessaggi: 1069Località: torinoIscritto il: 22 luglio 2006, 15:11
magari JJ, bella idea...


grazie Olia, davvero, ottimo materiale 8)


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MessaggioInviato: 13 luglio 2009, 20:09
Avatar utenteMessaggi: 1691Iscritto il: 7 marzo 2008, 18:22
Allora !!!! ....... diamoci da fare .....fuori le locations e le bands che ci stanno !!!!

JJ <)


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MessaggioInviato: 21 luglio 2009, 18:22
Avatar utenteMessaggi: 3987Località: MilanoIscritto il: 23 marzo 2008, 12:49
da http://jimihendrixitalia.blogspot.it/

Axis: Bold As Love

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Circa un anno dopo essere arrivato in Inghilterra da perfetto sconosciuto, senza sapere cosa aspettarsi,
Jimi Hendrix era diventato il chitarrista più discusso e acclamato della scena musicale.

Dopo l'entrata in classifica di alcuni suoi singoli (Hey Joe, Purple Haze, Foxy Lady) e di un album
(Are You Experienced?), era giunta l'ora di presentare al pubblico dei nuovi brani per mostrare che il gruppo nel frattempo era ulteriormente maturato.

Tra il mese di settembre e ottobre del 1967, gli Experience dovettero diradare le date dei loro tour per avere più tempo da dedicare al lavoro sul loro secondo album.

Axis: Bold As Love venne registrato agli Olympic Studios di Londra, con produttore Chas Chandler e Eddie Kramer come tecnico del suono.



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Ricorda Eddie Kramer:

Non c'erano incontri preliminari. Jimi creava in assoluta libertà. Lui aveva le idee chiare su cosa fare e come farlo. Si portava quintali di fogli pieni di testi ma non sceglieva mai a caso. Studiava nei dettagli ogni sovrincisione, ogni assolo registrato alla rovescia, ogni ripetizione. Era qualcosa di molto riservato ed ermeticamente chiuso nella sua testa. Io era all'oscuro di tutto finché Jimi non entrava nello studio. Credo che da questo punto di vista fosse davvero unico.

Prendiamo, tanto per fare un esempio, uno degli assoli di chitarra incisi alla rovescia, e ce ne sono parecchi. Quando il nastro veniva fatto girare alla rovescia, Jimi riusciva, nonostante la musica scorresse velocissima, a individuare con assoluta precisione ogni passaggio dell'assolo, non importa da che momento si iniziasse ad ascoltarlo. E mentre suonava l'assolo sapeva esattamente che effetto avrebbe prodotto dopo. In ogni situazione era sempre perfettamente cosciente di quel che faceva e di quale sarebbe stato il risultato finale.

Il roadie Neville Chesters fornisce altri particolari sul modo di lavorare di Jimi in studio durante
le registrazioni di Axis: Bold As Love.
"Scriveva le liriche durante le sessions... Le parti strumentali venivano messe giù alla buona e quindi rielaborate. Dopodiché Jimi andava a sedersi in cabina di regia o da qualche altra parte e allora lo vedevi che scriveva dei versi, ci pensava un po' su e poi li suonava... Gli veniva naturale, credo... Certo lui e il gruppo un po' provavano, ma molto, molto poco..."

"Tutto quanto gravitava intorno a Jimi", spiega Neville, incaricato in quelle occasioni di montare
le apparecchiature per le sessions. "Quando lavorava aveva un modo di fare per cui uno evitava di discutere con lui.
Ai tempi di Axis ricordo che un paio di volte Chas cercò di dire la sua: 'Penso che dovresti fare così', e Jimi rispondeva in tono rispettoso: 'Sì, d'accordo' e poi faceva di testa sua."

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Nella sua veste di produttore, Chas doveva osservare la situazione con sguardo "panoramico",
preoccupandosi soprattutto del problema costi.
Non è che Jimi ignorasse Chas e neppure che lo assecondasse, ma alla fine riusciva sempre ad averla vinta.
Non litigavano quasi mai sul serio, ma ci potevano essere delle tensioni se Jimi voleva ripetere
troppe volte un pezzo magari soltanto per migliorare un assolo oppure per aggiungere dei versi che, a parere di Chas, rendevano la canzone troppo lunga.

Noel, molto più contento di stare sul palco che in studio, condivideva l'esasperazione di Chas nei
confronti del perfezionismo di Jimi e della sua mania di ripetere una cosa finché non era come piaceva a lui.
Si stancava rapidamente dei metodi di lavoro di Jimi e inoltre non sopportava che questi gli spiegasse come doveva suonare.

Nel caso di Mitch la faccenda era ancora diversa.
Racconta Eddie Kramer:
"Mitch aveva la capacità di leggere nei pensieri di Jimi. Per quanto Hendrix fosse a volte molto risoluto su certe questioni tecniche, tipo dove mettere gli accenti e dove inserire i riempitivi, in genere Mitch poteva dare libero sfogo alla sua fantasia, che era piuttosto vivace. Jimi non finiva mai di stupirsi per l'abilità di Mitch nel suonare cose assolutamente incredibili".

Su una cosa soltanto Jimi non era troppo sicuro di sé: il canto.
Nessuno doveva osservarlo mentre cantava.
Quando veniva il momento di registrare le parti vocali, Eddie Kramer doveva abbassare le luci
dello studio e tenere Jimi in ombra.

Un altro dei problemi che afflissero le registrazioni di Axis Bold As Love furono alcune piccole noie tecniche.
Un esempio: le cuffie.
Keith Grant direttore degli Olympic aveva dotato gli studios di obsolete cuffie stile telegrafista della seconda guerra mondiale.
Una vera schifezza, ma a dire di Keith reggevano a qualsiasi volume, erano oltretutto si
economiche ma anche estremamente scomode e questo fatto avrebbe dovuto dissuadere la gente che bazzicava negli studi a fregarsele.
Il povero Jimi faceva una fatica del diavolo a togliersi quelle cuffie e alla fine di ogni session
Hendrix aveva girato su se stesso tante di quelle volte che sembrava uscito dal film La Mummia.
Quelle cuffie piene di fili e di morsetti gli si impigliavano nei capelli e lui si incazzava tantissimo.

I vari conflitti tra personalità differenti e i problemi ed esigenze tecniche di Jimi, alla fine non
disturbarono più di tanto il lavoro di studio, anzi finirono per influenzare positivamente il risultato finale.

Verso la fine di ottobre 1967, la band completò Axis: Bold As Love.

Se Are You Experienced? era il razzo lanciato in orbita a tutta velocità,
Axis: Bold As Love ce lo fa ritrovare mentre viaggia ormai sicuro nello spazio per contemplarne
le meraviglie.
L'album presenta atmosfere più morbide e mistiche del precedente, con tessiture vocali più delicate ed effetti sonori usati con grande fantasia.

Dirà Jimi dell'album in un'intervista nel dicembre del 1967:
E' stato realizzato avendo in mente la stereofonia e spero che tutti possano ascoltarlo in stereo perché è fondamentale. Ci sono voluti sedici giorni per registrarlo; tutti quanti abbiamo aiutato Chas a produrlo e io mi sono occupato insieme a lui anche del missaggio. Insomma, è un disco che ci rappresenta fedelmente. Abbiamo cercato di trasportare quasi tutti i pezzi più "strani" in una nuova dimensione; ecco perché fanno l'effetto di arrivare direttamente dal cielo.


Per questo disco il management aveva stabilito che le due versioni americana e inglese avessero la stessa copertina.
Quando l'addetto stampa Tony Garland mostrò una bozza della copertina a Jimi, questi disse:
Wow grande! però forse vi state sbagliando non dovreste mettere quel genere di indiani ma indiani pellerossa. Noi tre non abbiamo niente a che fare con quelli raffigurati in questa copertina.

Poco a poco, Hendrix cominciò ad apprezzare la copertina, costata più di cinquemila dollari alla Track Records, se non altro perché sembrava sposare perfettamente la natura psichedelica
della musica contenuta nel disco.

Il primo dicembre fu pubblicato in Gran Bretagna il secondo album dei Jimi Hendrix Experience, Axis: Bold as Love.




Le recensioni inglesi erano entusiastiche: "Senza dubbio un disco di grande successo", scrisse il Record Mirror.
"È troppo", celebrò il Melody Maker in una recensione che assomigliava quasi
all'adesione a una nuova religione. "Sbalordite le vostre orecchie, ipnotizzate la vostra mente, rivoltate le vostre palpebre, fate quello che volete ma vi prego, entrate nel mondo di Hendrix come non avete mai fatto prima."

L'Experience si trovava nel bel mezzo di un altro tour inglese al momento dell'uscita di Axis, quindi non ci fu molto tempo per assaporare il successo. Questo tour li vide suonare in particolare
insieme ai Pink Floyd, ai Move e ai Nice.
Prese il via alla Royal Albert Hall di Londra in uno spettacolo annunciato come "II matrimonio alchimistico", a causa della natura aliena delle band coinvolte e del loro sound fortemente influenzato dalle droghe.
Jimi si inventò un soprannome per Syd Barrett, il perennemente imbronciato membro dei Pink Floyd, definendolo "il sorridente Syd Barrett".
Hugh Nolan scrisse sulla rivista Disc: "Lo spettacolo di Jimi, eccitante fino al limite dell'isteria, costituisce il più devastante, appassionato e coinvolgente atto conclusivo che ci si possa augurare per un concerto pop, fatta eccezione, forse, per i Beatles". Nel caratteristico ritmo brutale dei tour dell'Experience, che solitamente prevedeva due performance a sera, questa tournée li
vide effettuare trentadue concerti in ventidue giorni.

Per leggere un reportage a riguardo di un concerto di questo tour cliccare qui:
"Christmas On Earth Continued", Olympia, London. 22 dicembre 1967
Jimi compì venticinque anni a metà del tour, e la crew gli preparò una torta di compleanno. Quando tornò a casa, a Londra, la Etchingham gli regalò un bassotto femmina.
Jimi la chiamò Ethel Floon, ma di solito la soprannominava "Regina delle orecchie". Jimi le aveva parlato spesso del cane che aveva avuto da piccolo, Prince, ed era proprio per fargli riassaporare quei ricordi che Kathy gli aveva fatto quel regalo.

Jimi sentiva che Axis rappresentava un gigantesco passo avanti per quanto riguardava le registrazioni e la composizione dei brani; le reazioni entusiastiche dei fan e della critica per il nuovo disco degli Experience lo fecero sentire pienamente realizzato.

Ma l'orgoglio di Jimi per il suo lavoro si stemperò presto.
Si agitò e finì per ammalarsi quando Jeffery lo informò che la pubblicazione di Axis in America, prevista per quello stesso mese, sarebbe stata rimandata al gennaio del 1968.
Chalpin aveva negoziato un affarone con la Capitol Records, in base al quale Get That Feeling, una raccolta di vecchi pezzi di Curtis Knight con Jimi alla chitarra, sarebbe stato pubblicato prima del nuovo curatissimo album di Hendrix.
Jimi aveva trascorso lunghe ore a scrivere e registrare Axis, e si deprimeva al pensiero che quella "vecchia robaccia di Chalpin" sarebbe apparsa nei negozi proprio qualche settimana prima di Axis.
Alcuni mesi dopo si sarebbe sentito nuovamente ferito e tradito quando Chalpin e la Capitol Records fecero uscire un secondo LP di Hendrix, Flashing, composto per lo più da pezzi soul registrati velocemente durante una session supervisionata da Chalpin nel 1967.
Hendrix si era presentato a quella seduta di registrazione in segno di cortesia dopo le insistenti suppliche di Curtis Knight e nel tentativo di "raffreddare la situazione" con Chalpin. Oggi è ancora in circolazione un bootleg del 1967 che riporta una conversazione in cui Jimi dice: "Suonerò, ma non potrai usare il mio nome se pubblichi questa roba". E Chalpin lo rassicura: "Lo so. Lo so. Non lo farò. Non preoccuparti".


Immagine




















(Continua)


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MessaggioInviato: 21 luglio 2009, 20:10
Avatar utenteMessaggi: 3987Località: MilanoIscritto il: 23 marzo 2008, 12:49
Jimi Hendrix è stato assasinato?



"E' plausibile che Jimi Hendrix sia stato assassinato". Questa è la dichiarazione del Dottor John Bannister, medico che nel 1970 effettuò l'autopsia del chitarrista, trovato morto il 18 luglio nella sua camera d'albergo. Nel libro di James 'Tappy' Wright, "Rock Roadie", viene accusato del delitto il manager di Hendrix, Mike Jeffery. Secondo l'autore, Jeffery, per riscuotere i due milioni di dollari di assicurazione sulla vita stipulata dal suo pupillo, avrebbe assoldato una gang che, dopo essersi introdotta nella camera di Hendrix, avrebbe sciolto dei sonniferi in alcune bottiglie di vino e lo avrebbe costretto a bere il liquido avvelenato. L'ipotesi sarebbe stata confermata dall'affermazione del Dottor Bannistrer: "Jimi aveva lo stomaco pieno di vino, il livello di liquido arrivava fino alla gola, una quantità mai vista. E' come se fosse morto annegato nel vino"
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MessaggioInviato: 21 luglio 2009, 20:13
Avatar utenteMessaggi: 4750Iscritto il: 29 ottobre 2007, 20:25
certo che ci dai dentro con Hendrix! ci sono molte cose interessanti bravo Olia!


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MessaggioInviato: 24 luglio 2009, 15:59
Avatar utenteMessaggi: 3987Località: MilanoIscritto il: 23 marzo 2008, 12:49
Compie 70 anni Brian Auger, l'uomo che disse no a Jimi Hendrix



E’ il padrino dell’acid jazz, il pioniere della fusion, il mediatore tra generi musicali che prima del suo arrivo, nella Londra primi anni Sessanta e non ancora Swinging, si guardavano con sospetto. Brian Auger, maestro dell’Hammond B3 e del piano elettrico, settant’anni compiuti sabato scorso, 18 luglio, e ben portati (“Il segreto? Bere acqua e mangiare poco”), continua a girare il mondo con una band a conduzione familiare in cui mette orgogliosamente in vetrina i talenti dei figli Karma (batterista) e Savannah Grace (cantante). E’ un musicians’ musician, stimato dai colleghi: solo i media e la discografia sembrano averlo dimenticato. “Ma è sempre stata una battaglia, tra me e le case discografiche” ci spiega in un ottimo italiano, imparato dalla moglie Ella che gli sta accanto da 42 anni. “Dopo il successo clamoroso che riscuotemmo con Julie Driscoll e i Trinity decisi, contro la volontà della mia etichetta, di approfondire quel percorso musicale. Chiamai il mio gruppo successivo Oblivion Express, treno espresso verso l’oblio, perché sapevo di andare controcorrente, di avere preso una direzione contraria al trend della musica commerciale”.
In concerto riprende ancora i vecchi classici e le cover che lo hanno reso celebre, la “Bumpin’ on sunset” di Wes Montgomery e la “Freedom jazz dance” di Eddie Harris, la “Season of the witch” di Donovan e la “Indian rope man” di Richie Havens , la “Save me” di Aretha Franklin e la “Light my fire” dei Doors. “Quando la ascoltai la prima volta, per la verità, non ne fui impressionato. Pensavo che non avesse grinta, che non avesse swing. Ma poi sentii la versione di José Feliciano e cambiai completamente idea”. Non ci sta a essere considerato un nostalgico, però. “E’ il pubblico più giovane, che le ha ascoltate dai genitori, a chiedermi di suonare quelle canzoni. E piacciono anche ai miei figli, che sono cresciuti con la mia musica: per questo le ripropongo, studiando nuovi arrangiamenti. Nonostante questo non sono legato al passato. Julie? La sento al telefono per gli auguri di Natale, tutto lì. E di rifare qualcosa insieme non se ne parla: già fu difficilissimo ai tempi di ‘Encore’, nel ’78. E’ sempre stata un po’ matta, musicalmente siamo troppo diversi. Con suo marito Keith Tippetts lei ha intrapreso la strada del free jazz, per me invece la musica è comunicazione e intrattenimento. L’autocompiacimento e la seriosità non fanno per me, mi è sempre piaciuto scherzare e parlare con il pubblico. E questo, nella scena jazz londinese in cui ero cresciuto, non era ben visto. Per questo la lasciai ”. Passando dal pianoforte all’Hammond… “Un giorno gironzolavo nel mercato di Shepherd Bush, e dalle casse sistemate all’esterno di un negozio di dischi sentii quel suono straordinario e mai ascoltato prima. Mi precipitai a chiedere che disco fosse e mi dissero che era il primo album di Jimmy Smith per la Blue Note, ‘Back at the Chicken Shack’. Corsi a comprarmi un Hammond, ma alla sede di Londra il B3 non ce l’avevano. Mi dissero che avrei dovuto rivolgermi a Chicago e così feci, mi spedirono i pezzi a Londra. E’ uno strumento straordinario, con tutti quei drawbar, quei tiranti che ti permettono di cambiare timbro e registro come in un organo a canne. Grazie all’Hammond ho trovato il mio stile, miscelando il ritmo del rock e del rhythm&blues con il senso dell’armonia che avevo imparato dal jazz. I puristi la presero male, fui accolto con molto snobismo”. Ma arrivò, inatteso, il successo internazionale di “Save me” (un hit in Francia) e soprattutto di “This wheel’s on fire”, un Bob Dylan “minore” riletto nel 1968 in chiave pop-psichedelica. “Fu una grossa sorpresa anche per me, io l’avevo immaginato come un pezzo buono per un album, non certo come un singolo. Da New York erano arrivati i nastri dei ‘Basement tapes’. Il primo a metterci sopra le mani fu Manfred Mann, che scelse ‘The mighty queen’. Quando fu il nostro turno optammo per ‘This wheel’s on fire’, che nella versione originale era un pezzo scarno per chitarra acustica e basso. A me e a Julie piacque subito la sua atmosfera misteriosa. Provammo un arrangiamento rock ma non funzionava; allora pensammo di farne una marcia jazz con un walking bass. Con l’aggiunta del piano, dell’organo e della voce della Driscoll diventò una bomba!” Successo difficile da replicare: “Per il nostro secondo album insieme, ‘Streetnoise’, l’etichetta prenotò uno studio per due settimane, pretendendo che gli consegnassismo il disco subito dopo. Era il 1969, eravamo impegnatissimi con i concerti. Non c’era tempo per scrivere pezzi nuovi, e decidemmo di interpretare i nostri artisti preferiti: Miles Davis, Laura Nyro, Doors, Richie Havens e Nina Simone , un idolo di Julie”. Oggi, senza pressioni delle case discografiche e con nulla più da dimostrare, le cose vanno molto diversamente. “Però continuo a scrivere e a incidere. In casa, a Venice Beach dove vivo da più di vent’anni, abbiamo uno studio di registrazione. Con i New Oblivion Express faremo un altro disco, appena ne troveremo il tempo. Siamo tutti molto occupati, Karma ha formato una sua band con Nick Sample, figlio di Joe, al basso e Julian Coryell, figlio di Larry, alla chitarra: un trio fenomenale, che sarà in tour in Europa a settembre. Conservo anche del materiale d’archivio che spero venga presto pubblicato: registrazioni con gli Steampacket, quando nel ’65 avevamo come vocalist la Driscoll, Long John Baldry e Rod Stewart ; una volta ho portato sei bottiglie di Guinness a un tecnico della Bbc per convincerlo a darmi qualche nastro. Ho compilato un album di materiale vario con un libretto di 36 pagine, prima o poi qualcuno lo farà uscire”.
Nessun rimpianto per la natia Inghilterra? “No, ho vissuto momentio duri a fine anni Sessanta quando il mio manager Giorgio Gomelsky mi lasciò senza un soldo in tasca. Quando si tratta di business, dei miei connazionali non mi fido più. Mi trovo bene in Italia, in Francia, in Germania. Mi sento europeo, anzi un cittadino del mondo”. Alla Londra dei Sixties però sono legate memorie indimenticabili…”Un giorno mi chiama Chas Chandler, il bassista degli Animals, proponendomi di assumere nei Trinity un chitarrista di cui si era messo a fare il manager, un certo Jimi Hendrix. Mi spiegò che era un bluesman, al che gli risposi che un chitarrista ce l’avevo già e che i Trinity avevano già scelto la loro direzione musicale. Accettati però di ospitarlo in una delle nostre serate per una jam session. In quell’occasione mi illustrò gli accordi di una canzone che non conoscevo, ‘Hey Joe’. Quella sera vennero a vederlo Jeff Beck, Alvin Lee ed Eric Clapton. Rimasero tutti scioccati. Dopo la sua esibizione Clapton, sconsolato, continuava a ripetere: sono finito!”.


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