Autore Messaggio

Indice  ~  Get Off Of My Cloud  ~  Intervista a Paul Stanley

MessaggioInviato: 6 luglio 2008, 19:41
Avatar utenteMessaggi: 3987Località: MilanoIscritto il: 23 marzo 2008, 12:49
Da Rolling Stone

Kiss... me!
Paul Stanley spiega a 'RS Italia' perché, nonostante tutto quel trucco, non ha mai mentito ai suoi fan

DI Dan Stapleton 30.06.2008
FOTO DI Neil Zlozower

Senza il trucco ormai diventato il suo marchio di fabbrica e il costume stravagante, il cantante e chitarrista dei Kiss Paul Stanley appare incredibilmente normale. In più, è molto attraente: gli zigomi alti, di solito così ben nascosti dal bianco del make-up, lo fanno sembrare dieci anni più giovane (ha compiuto da poco 56 anni) e sul suo viso, incredibilmente, non c'è traccia né di rughe né di altre imperfezioni che di solito accompagnano la mezza età (soprattutto quella rock&roll). Se non fosse per la camicia vistosissima che porta (sbottonata fino al ventre) e l'assortimento di gioielli che pendono dalle braccia e dal collo, Stanley potrebbe essere chiunque, uno qualunque tra i centinaia di membri della crew che accompagna i Kiss nei loro tour mondiali, forse. Ma non appena Stanley apre bocca, il suo pedigree da rockstar diventa immediatamente percettibile.

Siamo seduti nel camerino di Stanley, un paio d'ore prima che i Kiss salgano sul palco a Sydney, in Australia. La sua eccitazione per lo show della sera sembra davvero genuina. In parte, spiega, perché è passato molto tempo dall'ultima volta in cui i Kiss si sono imbarcati in un simile tour mondiale: «In un giorno c'è solamente un numero limitato di ore e a una data ora puoi essere in un posto solo. Ma c'è sempre così tanto da fare. L'anno scorso, tra l'altro, ho anche esposto i miei quadri in 14 gallerie d'arte diverse». Poi aggiunge: «Noi tutti abbiamo altre cose che amiamo fare, e per quanto riguarda i Kiss bisogna tenere presente che, al di là del grande divertimento che ci regala, è pur sempre un incredibile carico di lavoro. Per sopportarlo, fisicamente intendo, dobbiamo davvero impegnarci a fondo, perché non c'è modo di farlo col culo. Essere i Kiss significa regalare piena energia, esserci al 100%, e se non siamo in grado di mantenere questo impegno, allora non siamo i Kiss. Così, quando andiamo da qualche parte, siamo sempre pronti a mettercela tutta. E questo non succede ogni anno».

L'Italia ha aspettato più di quasi tutti gli altri paesi per il ritorno della band: nove anni, per essere precisi, ma ora, dopo la data di Verona a maggio, la band fa doppietta a Milano, al Forum di Assago, il 24 giugno. Ma Stanley dice che non è niente di personale e, dopotutto, l'Europa non è l'unico continente a essere stato privato dei Kiss negli ultimi anni. Anzi, il cantante tesse velocemente le lodi dell'Europa e dell'Italia: «Onestamente, questo tour è il più grande, quello più di successo che abbiamo mai fatto in Europa, punto e basta», dice lapidario. «L'Europa è sempre stata speciale per noi, e ogni paese è speciale per diverse ragioni. L'Italia è un luogo di passioni, di grande cibo, grande vino, donne incredibili. È piena di gente che vive la vita a fondo. È qualcosa a cui sento di potermi accomunare: gente che possiede, anche se il modo di dire è francese, la "joie de vivre"».

Otto anni fa, Stanley si sentiva molto meno ottimista: era pronto a smantellare i Kiss per sempre. Negli anni 90, un'ondata di nostalgia ha portato Stanley e Gene Simmons a riformare il gruppo. Poi il Farewell Tour del 2000-2001 ha rimesso assieme la formazione originale degli anni 70, quella con Stanley, Simmons, il chitarrista Ace Frehley e il batterista Peter Criss. Ma alla fine di quel "tour dell'addio", il cantante si sentiva profondamente infelice, pensava che i Kiss fossero arrivati alla fine del loro percorso. Tuttavia, presto ebbe un'illuminazione: «Ciò che abbiamo imparato, soprattutto dal Farewell Tour, è che niente deve per forza finire. Io per primo, sentendomi a quel punto infelice nella band, pensavo che dovevamo farla finita, quando invece tutto quello che bisognava fare era solo cambiare la formazione. Vorrei aggiungere che, essendoci stato fin dal primo giorno, quando per me il gioco smette di essere divertente, è mio diritto affermarlo, e chiunque sia responsabile di questa insoddisfazione se ne va a casa, perché non rende nessun servizio né a me, né ai fan. Quel tour mi è servito per aprire gli occhi, ho capito che non volevo smettere di suonare con i Kiss, ma volevo solo smettere di suonare con qualcuno dei Kiss».

Concluso il Farewell, i Kiss pubblicarono l'antologia The Box Set, cinque dischi che coprono la loro intera carriera. Il cofanetto racchiude classici e rarità, e avrebbe dovuto essere l'ultima uscita della band. Di sicuro, negli anni successivi dei Kiss si è venuto a sapere poco o niente... Poi, nel 2003, il gruppo (i fondatori Stanley, Criss e Simmons, più il nuovo Tommy Thayer) si è recato a Melbourne, in Australia, per registrare Kiss Symphony: Alive IV, la quarta puntata della serie del loro album live (la prima parte, Alive! 1, è uscita nel 1975). Il disco era stato concepito come una singola uscita, ma il successo commerciale, assieme all'epifania di Stanley che i Kiss avevano solamente bisogno di un cambio di formazione, incoraggiò la band a tornare sotto i riflettori. Dopo qualche show di riscaldamento nel 2007, tutto è culminato quest'anno, con lo stravagante Kiss Alive/35 World Tour e tonnellate di nuovi prodotti di merchandising.

Secondo Stanley, c'era qualcosa di inevitabile nel nuovo riformarsi della band: «Qualunque cosa si possa pensare, questo gruppo è molto più grande di ognuno di noi come singolo. I Kiss sono davvero molto di più di una band. Il mio parere è che noi ci definiamo tramite le regole che rompiamo, che siano i giornalini a fumetti o i fuochi d'artificio o le decine di altre cose che ci distinguono da una qualunque rockband. O ci ami per queste cose oppure ci odi, ma comunque fanno parte di chi siamo».

Oggi, con l'industria discografica in declino e le vendite dei cd ai minimi storici, è diventato sempre più difficile per le band, vecchie e nuove, rimanere commercialmente attive. Per i Kiss, tuttavia, i soldi non sono mai stati un problema: già negli anni 70 la band aveva sviluppato un modello di business al quale è rimasta fedele, ancora oggi. Invece di impazzire per le vendite degli album, i Kiss hanno sempre concentrato al massimo gli sforzi nelle esibizioni live e in una vasta gamma di articoli di merchandising dei quali, negli anni, hanno fatto parte una bara in dimensioni reali, una grande varietà di preservativi e anche un bong. Non a caso, il primo album del gruppo a ricevere il disco di platino negli Stati Uniti è stato Alive! 1, non una registrazione in studio, il che ha consolidato la reputazione di live-band.

All'inizio della carriera, i Kiss si sono tirati addosso un gran numero di critiche per avere abbandonato il modello di business prestabilito dell'industria musicale. Qualcuno disse che gli effetti pirotecnici e altre trovate live erano trucchi per attirare l'attenzione; qualcun altro vide il proliferare di prodotti di merchandising come lo sfruttamento della devozione incondizionata dei fan. Ma negli ultimi anni, le altre band e le etichette di tutto il mondo hanno cominciato a emulare quello che i Kiss hanno fatto per 35 anni. «Parlare di un modello di business ci attribuisce più meriti di quanti in realtà non abbiamo», riflette Stanley, «il fatto è che abbiamo sempre dato ai fan quello che volevano. Essendo noi stessi appassionati di musica, volevamo fondamentalmente essere la band che non avevamo mai visto. L'idea di fondo allora era che il finanziamento con le T-shirt, o le fibbie delle cinture, o qualsiasi altro tipo di gadget non fosse cool. Ma questo è assurdo, perché se i tuoi fan desiderano qualcosa, allora significa che, al contrario, è cool. Chi siamo noi per decidere quello che i fan dovrebbero volere? Se abbiamo successo con i nostri prodotti, non è perché siamo bravi: è perché stiamo a sentire che cosa vuole il nostro pubblico. Ed ecco, signori e signore, che oggi i fan club sono considerati cool e sono accettati. Quando, negli anni 80, abbiamo creato un fan club, era considerato una specie di residuato bellico, per noi, invece, si trattava solo di un punto d'incontro per la gente che ti ama. Non ho mai capito tutta l'ostilità di cui eravamo vittime. Ma, alla fine, avevamo ragione noi».

Nonostante le comodità di cui la band può godere oggi, e la sua distanza dalle preoccupazioni dell'industria discografica, gli occhi di Stanley si accendono di rabbia quando parla di quello che stanno attraversando le band contemporanee. È meno negativo di Simmons, che recentemente ha dichiarato che «il rock&roll si trova in condizioni patetiche», ma Stanley ammette che una crisi di grandi proporzioni dell'industria è uno scenario sempre più probabile. «Penso che la scena musicale stia lottando. Penso che stia cercando di trovare un'identità. E credo che la confusione creata da chi si prende gratis quello per cui si dovrebbe pagare, alla fine dei conti ostacoli la creatività, i musicisti non hanno la possibilità di essere supportati abbastanza, in modo da potere affinare la loro creatività. Credo che alcune band finiscano nel precipizio più in fretta di quanto dovrebbero, perché qualcuno là fuori ha deciso che la musica deve essere liberata. L'unica vera assurdità è avere qualcuno che detta il prezzo di qualcosa, senza che questa persona sia la stessa che fornisce il servizio».

Gli ultimi dieci anni sono stati molto intensi per Stanley. In aggiunta agli impegni con i Kiss, il cantante ha realizzato un album da solista (al quale ha fatto seguire un tour), si è risposato, ha avuto il secondo bambino, è apparso nel ruolo del fantasma nel musical Il fantasma dell'Opera e ha speso energie notevoli coltivando la carriera nelle arti visive, esponendo i suoi lavori in gallerie d'arte statunitensi ed europee.

Prima che la nostra intervista iniziasse, l'addetto stampa mi aveva detto che le domande avrebbero dovuto essere incentrate solo sulla band, ma quando durante la conversazione iniziamo a divagare, Stanley sembra più che felice di parlare delle altre sue attività. In particolare, il cantante sostiene che il lavoro di pittore lo abbia trasportato su un nuovo livello di soddisfazione artistica e creativa. Stanley è stato la forza trainante primaria dietro all'immaginario artistico dei Kiss prima maniera: era attivo nella progettazione del merchandising e, con Gene Simmons, aveva deciso che i membri della band avrebbero dovuto truccarsi e interpretare diversi personaggi. Negli anni 80, è stato fondamentale per il lancio del primo giornalino a fumetti dei Kiss, e ha giocato un ruolo molto importante nelle serie di comics che sono seguite, compresa quella dell'anno scorso, la raccolta Kiss 4K: Legends Never Die. A tutt'oggi, continua a essere impegnato in tutta la dimensione "grafica" dei Kiss: «Dipingere è diverso dal fare musica, perché non ci sono confini. Non ci sono regole. Per me, il confine della pittura è il margine della tela. Qualunque cosa accada sulla tela non ha niente a che vedere con le regole, mentre la musica ha per lo più una forma e una struttura a cui bisogna aderire: che sia lo schema degli accordi o lo schema dei versi o quello melodico, tutto deve coincidere. La pittura, invece, la vivo quasi come un flusso di coscienza, che usa colore e densità invece delle parole».

Un altro punto di svolta recente nella vita di Stanley è stato l'apparizione nella produzione canadese del Fantasma dell'opera, nel 1999. Prima di allora, non era mai apparso sul palco tranne che con i Kiss, ma i commenti positivi ricevuti sulle sue abilità di attore teatrale pare lo stiano spingendo a considerare di rimettere i panni del "fantasma" per una tournée negli Stati Uniti o magari in Gran Bretagna: «Ho visto Il fantasma dell'opera per la prima volta nel 1988, a Londra, e ho sentito qualcosa dentro, un po' come quando avevo visto per la prima volta i Beatles. Mi sono detto: "Devo fare questa cosa". Dieci anni dopo, i produttori mi hanno chiamato e mi hanno chiesto: "Vuoi un'audizione?". Non me l'hanno certo messa su un vassoio d'argento. Una produzione come quella, con un giro d'affari da un miliardo di dollari, non ha bisogno di un idiota qualunque, così ho dovuto superare tutte le audizioni. Ma ho ottenuto la parte e ho passato sei mesi a otto spettacoli a settimana».

Per Stanley, la varietà è il sale della vita. Anche ora, dopo avere ottenuto così tanto, sta ritornando ad antiche sfide osservandole da una nuova prospettiva. Ha sposato da poco la fidanzata Erin Sutton e ha un nuovo bambino, Colin. Dice di essere determinato a fare un lavoro migliore questa volta, sia come marito sia come padre: «Sono fortunato perché riesco a vivere come in quel film, Ricomincio da capo... Posso fare, rifare e rifare ancora: 13 anni e mezzo dopo il mio primo figlio ne ho un altro, 17 anni dopo che la formazione originale si è sciolta la rimettiamo assieme, quella arriva al fondo della corsa e noi la riaccendiamo con membri diversi. Ci sono sempre più sfide da affrontare e la cosa più interessante quando si può rifare qualcosa è che puoi farlo da un nuovo punto di vista, più consapevole. Essere padre per la seconda volta non è uguale alla prima. E la band di 35 anni dopo non è la stessa band che si è formata nel 1973».

Anche se i Kiss del 2008 non hanno gli stessi membri degli anni 70, le vibrazioni e lo spirito che hanno incantato i fan della prima ora sono ancora intatti. Ma che cosa dice a quei fan che vorrebbero il ritorno del chitarrista e del batterista originari? «La questione di fondo è che la gente vuole i Kiss. Che tutti siano i membri originari sembra importare solo a una manciata di persone e onestamente, i 55mila spettatori di Melbourne la settimana scorsa, tutti quelli a Sydney stasera e tutti quelli che hanno già comprato i biglietti per le date europee e italiane, mi sembra non siano d'accordo...».

Un membro dell'entourage dei Kiss bussa alla porta del camerino. È ora per la band di iniziare a truccarsi: un rito che, dopo 35 anni di esperienza, richiede "solo" due ore ogni sera. Prima di andarsene, Stanley riassume la filosofia che lo ha portato così lontano, e continua regolarmente a fargli spuntare nuove opportunità: «La cosa più importante è che faccio tutto alle mie condizioni. Esclusivamente alle mie condizioni. Non ci sono compromessi. La cosa che ho imparato è che le uniche volte in cui mi trovo nei guai sono quando non faccio le cose che mi soddisfano. Se sono soddisfatto, tutto il resto andrà a finire al posto giusto. Se provo a interpretare ciò che pensa il pubblico finisco nei guai. Non mi importa sbagliare, se sbaglio secondo le mie regole. E nel caso di vittoria, questa diventa molto più gustosa».

Kiss... me!


Profilo

Visualizza ultimi messaggi:  Ordina per:

Tutti gli orari sono UTC +2 ore [ ora legale ]
Pagina 1 di 1
1 messaggio
Visitano il forum: Nessuno e 1 ospite
Cerca per:
Apri un nuovo argomento  Rispondi all’argomento
Non puoi aprire nuovi argomenti
Non puoi rispondere negli argomenti
Non puoi modificare i tuoi messaggi
Non puoi cancellare i tuoi messaggi
cron