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Indice  ~  Get Off Of My Cloud  ~  Rod Stewart

MessaggioInviato: 26 ottobre 2015, 22:29
Messaggi: 1822Iscritto il: 11 febbraio 2007, 4:36
Ciao Massimo.

Ben lieto di risponderti. Cercherò d’essere obiettivo, mettendo da parte l’amore. Ti dico subito che, probabilmente, non c’è davvero nulla che valga la pena di correre a comprare (io stesso alcuni, sebbene li conosca, non li ho presi. Proprio come con undercover – tasto dolente con te :D – e their satanic per gli stones…).

Quello che hai tu basta e avanza.
Però.. però…

Se proprio te ne dovessi consigliare un paio ti direi, senza ombra di dubbio, out of order 1988 e a spanner in the works 1995. Per carità, non ci troverai un’altra maggie may, ma rappresentano un tentativo (in alcuni momenti discretamente riuscito) di ritorno al rock, ai suoni acustici – specie nel secondo che citavo. In questi album rod abbandona, finalmente e del tutto, il shynth pop anni ottanta e le velleità dance. Per le stesse ragioni, un pelino sotto a questi due album qui, metto when we were the new boys 1998, dal titolo fortemente evocativo e nostalgico dove troviamo una bella versione di oh la la (forse pecco di eresia, ma a me piace addirittura di più dell’originale cantata da Ronnie Lane…).

Il periodo 78-86 è quasi tutto da gettar via. Per quanto più recente, suona molto più datato di uno smiler, tanto per capirci. I danni che si fanno scegliendo di seguire le mode del momento, allontanandosi dai “classici”, sono spesso irreparabili… Io da fan incallito posso pure ascoltare tonight i’m yours e do ya think i’m sexy. Certo però, non me la sento di chiedere la stessa cosa anche a te.

Il penultimo disco del 2013, che trovi recensito da me in questo topic qualche pagina fa – time – non è affatto malvagio. Come buono pare sia another country, di cui però ho solo ascoltato qualche brano sul tubo. Ecco, nell’ultimo le atmosfere celtiche ritornano in più brani di qualità E’ come se rod, resosi conto che make love to me tonight da time sia stato il brano migliore e con quelle caratteristiche da time, abbia insistito in questa direzione col suo nuovo disco.

In mezzo, negli anni duemila, 7/8 album di cover, li tengo tutti ma, francamente, trascurabilissimi. Se però ami i crooner (sinatra, dean martin, Fitzgerald etc etc) un paio di great american song book li puoi prendere. Ti ritroverai a canticchiare con rod i got my love to keep me warm. Album da atmosfera. Roba che accendi il camino, versi una coppa di porto a te e una alla tua compagna, lasci la bottiglia sul tavolino, luci soffuse e vi accomodate sul divano… il resto, rod insegna, dovrebbe venire da sé… :lol:

Questo per quanto riguarda i dischi in studio. Discorso a parte meritano un paio di compilation.

I must have sono 2 (be' forse, se non sei esaltato come me basta solo uno, il primo): la raccolta the rod Stewart sessions 1971-1998, 4 cd di bonus tracks e alternative takes davvero molto bello. Incredibile come gli scarti di alcuni album degli “anni bui” siano invece molto buoni! E poi, per la stessa ragione, è da avere the mercury years 69-74 del 2014. Universalmente riconosciuti come gli anni migliori della sua produzione. Io lo presi per puro feticismo, in quanto il 90 % dei brani presenti qui li trovi pure nella compilation di cui parlavo prima.

Se ti piacciono i live (a me, a parte quelli dei nostri, non è che mi facciano impazzire) prendi Live 1976–1998: Tonight's the Night
4 cd. Uno per ogni tour di quel periodo. Bello, anche se è forse quello che ascolto meno.

Chiedo scusa se sono stato prolisso, ma con Rod, l’avrete capito, si va proprio nel personale.

Saluti rock’n’roll


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MessaggioInviato: 26 ottobre 2015, 23:29
Messaggi: 4076Località: SALERNOIscritto il: 5 maggio 2008, 23:29
Grazie mille Totore per i tuoi preziosissimi consigli!!Volevo chiederti al volo:ma "Foot loose & fancy free" del '77 com'è?!Mi intriga molto...Un saluto!


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MessaggioInviato: 26 ottobre 2015, 23:53
Messaggi: 1822Iscritto il: 11 febbraio 2007, 4:36
questo è l'ultimo buono prima degli anni bui. Non avevo capito che questo ti mancava. :shock:
Va preso mail, hot legs, i was only joking e you're in my heart sono classici senza tempo!
Il resto non è da meno.
No, questo è da avere e nulla c'entra il mio amore per rod :D

è sempre un piacere parlare di rod ;)
ciao


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MessaggioInviato: 13 novembre 2015, 23:47
Avatar utenteMessaggi: 4034Località: Turate (CO)Iscritto il: 15 giugno 2006, 18:11
ascoltato varie volte, bellissimo album, procuratevelo

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MessaggioInviato: 14 novembre 2015, 0:05
Messaggi: 4076Località: SALERNOIscritto il: 5 maggio 2008, 23:29
@Totore

Come sono "Blonde have more fun" e "Tonight I'm yours"?!?


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MessaggioInviato: 14 novembre 2015, 14:14
Messaggi: 1822Iscritto il: 11 febbraio 2007, 4:36
nel primo qualcosa si salva, il secondo è troppo 80. Non ce l'ho, ma conservo un brutto ricordo.
Another countru, l'ultimo, è un gran disco.
Appena ho un attimo di tempo ci scrivo qualcosa di più dettagliato.

Intanto, biglietti in tasca per lo show di amsterdam, 14 maggio

sono proprio contento!
:D


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MessaggioInviato: 14 novembre 2015, 14:17
Messaggi: 1822Iscritto il: 11 febbraio 2007, 4:36
@oscar
ma please non è identica a Miss you degli Stones (soprattutto a quella delle versioni live 90/2000)?

Solo a me ha fatto questo effetto?


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MessaggioInviato: 14 novembre 2015, 14:37
Avatar utenteMessaggi: 2483Iscritto il: 23 giugno 2006, 1:46
Ho notato che le date europee finiscono a Zurigo il 1/7/16, non ci sono date a ovest, ne Italia, ne Francia e Spagna.
Credo che ci sia un'estensione del tour in queste tre nazioni.
Per l'Italia, con un palazzetto adeguato c'è Torino e forse Roma
Sici


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MessaggioInviato: 14 novembre 2015, 15:10
Messaggi: 1822Iscritto il: 11 febbraio 2007, 4:36
Sici in Francia ci va rarissimamente, a memoria mi pare siano anni che manchi. Anche in Spagna non fa tanti concerti...

Chissà se torna da noi. A Verona fu una bella serata e, riempire un palazzetto da 6/7000 mila posti una città come Roma - specie d'estate, affollata di americani e inglesi - non dovrebbe essere ardua impresa.
Tra i latini europei non tira tantissimo, mentre va forte nei paesi sassoni e chiaramente in gran bretagna

Se torna in italia faccio il bis :D , ma non ci credo troppo...


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MessaggioInviato: 14 novembre 2015, 15:41
Avatar utenteMessaggi: 4034Località: Turate (CO)Iscritto il: 15 giugno 2006, 18:11
totore ha scritto:
@oscar
ma please non è identica a Miss you degli Stones (soprattutto a quella delle versioni live 90/2000)?

Solo a me ha fatto questo effetto?


l'ho riascoltata con più attenzione dopo la tua segnalazione e in effetti il giro è quello
ormai quasi tutto ricorda qualcosa di già sentito
comunque non sarà un capolavoro ma è un album che ascolto molto molto volentieri

ciao


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MessaggioInviato: 14 novembre 2015, 15:58
Avatar utenteMessaggi: 2483Iscritto il: 23 giugno 2006, 1:46
Io invece non sento Miss You, le prime note mi sembra l'attacco di Harlem Shuffle
Sici


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MessaggioInviato: 14 novembre 2015, 19:34
Messaggi: 1822Iscritto il: 11 febbraio 2007, 4:36
@sici
si, anche un amico mio ha detto la stessa cosa.
Diciamo che è un rockaccio alla Stones, specie nell'intreccio di chitarre.
Notevole canzone ad ogni modo, sicuramente anche per questo motivo :D


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MessaggioInviato: 17 novembre 2015, 13:32
Messaggi: 1822Iscritto il: 11 febbraio 2007, 4:36
ecco cosa penso di another country
Saluti


Ed eccomi qui, dopo poco più di due anni da Time – e dopo una lunga assenza dalle pagine virtuali de a newhope webzine – per raccontarvi l’ultimo disco di Rod Stewart. Chi l’avrebbe mai detto. Onestamente, a suo tempo, pensai che non avrei avuto più il piacere di commentare un inedito dello “scozzese” e che Time fosse stato il suo canto del cigno. Ma quando mai! Di mollare la scena, al biondo dalla voce rauca, non gli passa neanche per l’anticamera del cervello, ed a testimoniarlo c’è anche l’ incessante attività live del nostro che, da una 15ina d’anni ormai, è perennemente in giro.

Another Country, suo 28° album in studio, è uscito negli Stati Uniti (ed anche in Italia) il 23 ottobre, il 30 in Gran Bretagna. Come il predecessore, è un album nato sulla scia dei tanti ricordi, belli e meno belli, riaffiorati alla mente dell’autore mentre, qualche tempo fa, scriveva la sua esilarante autobiografia. Stewart ne firma e ne produce – insieme al suo storico collaboratore Kevin Savigar – dieci brani su dodici.

“Il fatto che il mio ultimo disco sia stato così ben accolto, m’ha restituito fiducia e la voglia di tornare a scrivere canzoni” commenta Rod. E’ opportuno ricordare che invece durante tutti gli anni 2000 s’è esclusivamente e pigramente affidato a dischi di cover.

Sono andato a farmi un giro sui siti dei giornali stranieri per leggere qualche recensione e, incredibilmente, gli stessi che hanno tessuto le lodi di Time, accolgono oggi critici questo lavoro, adducendo le medesime ragioni per le quali esaltavano l’altro. “Eccessivamente acustico”, “lo sguardo troppo rivolto al passato”, “adatto ai nostalgici del primo Rod Stewart”.
Io non sono d’accordo. E non tanto (e non solo) perché a Rod Stewart gli voglio bene come ad uno di famiglia, quanto perché con Another Country Rod non ha fatto altro che prendere quanto di buono presente nel suo ultimo disco e riproporlo, a mio avviso migliorato. Forse, chissà, s’aspettavano uno Stewart in chiave neohipster, con la barba alla Bin Laden, intento a cantare per la causa “salviamo gli agnelli dalla mattanza Pasquale”.

Voglio dire, a questo punto della carriera, dopo aver suonato e sperimentato un’infinità di generi e tendenze, autocitarsi è piuttosto legittimo e naturale. 200 milioni di copie vendute in tutto il mondo sono un riferimento non trascurabile con cui fare i conti.

Forse si potrebbe obiettare che, se solo fosse stato un attimo più paziente ed avesse accorpato in un unico album le migliori tracce di questo e di quello, ne sarebbe venuto fuori un lavoro all’altezza di A Night on Town. Ma è voler cercare il proverbiale pelo nell’uovo. Ed allora, senza indugiare oltre, andiamo a scoprire gli highlights di Another Country.

Direttamente dal tetto della Capital Records,col sole che lentamente scompare dietro la collina di Hollywood, Stewart ci confida la sua personale visione sull’amore. Love is, singolo di lancio, disponibile sul tubo già dal 14 dal giugno scorso, è una trascinante ballata celtica banjo e violino che ti prende dalle primissime note. La più adatta per introdurci al disco; forse la migliore di tutto l’album. “E così venite da me con le vostre domande, su un argomento che conosco molto bene” è l’incipit della canzone. Nessuno, chiaramente, si sogna di mettere in discussione l’autorevolezza di Stewart al riguardo. Ragazzi, conviene stargli a sentire.

Please è un ottimo funky-rock anni ’70 dal testo lascivo. Il brano è sorretto da un poderoso giro di basso. L’intreccio delle chitarre suona come qualcosa degli Stones, ed i fiati verso la fine lo rendono ancora più potente e ballabile. Tutto perfetto; anche se sono piuttosto certo che Rod non ha dovuto supplicare con tanta veemenza nessuna ragazza, almeno da quando piazzò Maggie May al primo posto su entrambe le sponde dell’Atlantico.

E, precisiamo subito, l’uno-due iniziale già vale l’acquisto del disco.

Walking in the sunshine strizza l’occhio alle sonorità anni ’80, un decennio che, musicalmente, mi sta decisamente meno simpatico. Buona come colonna sonora per la pubblicità degli assorbenti …

Va invece molto meglio con Love and be loved, un reggae semplice semplice. I fan di Toots Hibbert potranno anche farsene beffe, ma a me piace un sacco e trovo sia un gradevole divertissment ascoltare Stewart alle prese coi ritmi giamaicani. Bello il solo di sax di del veterano Jimmy Roberts.

Sapevate che io e Rod Stewart abbiamo avuto una cosa in comune? No, sfortunatamente non sto parlando del numero di donne con le quali si è divertito; mi riferisco al fatto che, entrambi, per un breve periodo delle nostre vite, abbiamo seriamente ponderato l’eventualità di guadagnarci da vivere giocando professionalmente al pallone. Lui poi è diventato una rock star di fama planetaria (io neanche quello. Pazienza …), ciò malgrado il suo amore per il calcio e, soprattutto, per i Celtic di Glasgow è rimasto immutato negli anni. Pianifica i tour incastrando le date dei concerti con le giornate di campionato perché non vuole perdersi una partita. Quando anche per lavoro è costretto negli States, se la squadra ha un appuntamento importante nella Scottish Premiership, non si scoraggia: finito il concerto salta sull’aereo, raggiunge il Celtic Park e va a sedersi in tribuna d’onore, dove il club gli ha riservato una personalizzata poltrona in pelle dalla quale godersi la partita. Salta e partecipa calorosamente ai cori lanciati dalla curva. Le immagini di lui in lacrime, commosso dopo un’ incredibile vittoria in Champions contro il Barcellona, hanno fatto il giro del mondo. Ricordo un altro episodio che dà la misura della sua malattia: fu quando, tra gli sguardi attoniti dei giornalisti, si presentò ad una conferenza stampa nella hall del Caesar Palace Hotel di Las Vegas indossando una tuta dei Celtic! Come ogni tifoso, sembra porre in disparte la ragione, di tanto in tanto.

M’è sempre piaciuta questa cosa di Stewart. Vive da decenni sotto una campana di vetro, nel privilegiato Olimpo del show-business, lontano anni luce dai comuni mortali. Eppure la sua passione per il calcio gli restituisce una dimensione più terrena e popolare, diversa dall’immagine pubblica di un Mick Jagger o di un Michael Jackson, tanto per capirci.
Insomma, te lo immagini allo stadio che si agita ed impreca perché Brown ha preso un palo!

Tutto questo per dirvi che We Can Win, quinta traccia, è un inno dedicato allo storico club di Glasgow. C’è chi dice che You’re in my heart, capolavoro del lontano ’77, sia in realtà la vera canzone che Rod ha scritto per la Green Brigade; in realtà, seppure sono presenti alcuni riferimenti al calcio, parla di “una signora con le tette grandi e l’accento olandese…” Altro brano di tradizione celtica, nel finale diventa quasi una marcia militare. Lodevole negli intenti, ma con quel testo così affettato nutro dubbi che potremo mai sentirla cantare in coro dall’abbirrazzata platea del Celtic Park.

Another Country ricorda Rhythm of My Heart. E’ esattamente quello che vorreste sentire in un disco di Rod Stewart.

Di qui in avanti tutte ballads. Nessuna da gettar via, ma le due che innalzo sulle altre sono Can we stay home tonight? (anche qui ci sembra di sentire qualcosa dello Stewart più classico) e la raggiante country-song, banjo e batti mani, Hold the line.

Se negli anni settanta sul vinile si stampavano 8/9 tracce, difficilmente di più, oggi pare che se non fai un disco con almeno 15 canzoni non va bene. Ragion per cui nella deluxe version (acquisto consigliato), troviamo ben 5 bonus tracks.

Blues dylaniano, introdotto da un riff che non avrebbe sfigurato nella track di Smiler, You’re every rock’n’roll song to me è la più grande dichiarazione d’amore che una donna può ricevere da un rockers!

One night with you ci ricorda che Rod, a distanza di tutti questi anni, la lezione di Sam Cook, non l’ha dimenticata.

In a broken dream, dissoluta e disperatissima – perfetta a suo tempo nella colonna sonora di Best, film sul mitico e controverso campione del Manchester. Scritta nel ’72 dalla band rock Python Lee Jackson, viene pubblicata solo oggi ufficialmente su un disco di Stewart.

Insomma, in Another Country ce n’è da davvero per tutti i gusti. Rod Stewart ritrova l’ispirazione dei giorni migliori e, ripercorrendo gli stilemi musicali che l’hanno reso famoso, ci consegna, al netto di qualche isolato e trascurabile episodio minore, davvero un buon lavoro.
Non sarò certamente io a porre dei limiti alla provvidenza, tuttavia - nonostante sulla copertina del disco sembri quasi un mio coetaneo - la carta d’identità di Stewart (così come quella di tanti altri illustri rockers della sua età) è quella che è, ed io non mi faccio eccessive illusioni. Sarà meglio che inizi ad abituarmi all’idea che prima o poi, se gli eventi seguiranno il proprio corso naturale senza imprevisti, dovrò fare i conti con un mondo privo dei miei eroi. Non passa giorno senza che questa inquietante e dolorosa prospettiva, fonte di sconcerto e seria preoccupazione,
non mi venga a far visita.

Nel frattempo, però, finchè dura, me la godo tutta.

E allora Rod, continua a far roteare l’asta del microfono intorno alla tua testa, come da mezzo secolo a questa parte.
Noi ci si rivede il prossimo maggio allo Ziggo Dome di Amsterdam.


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MessaggioInviato: 17 novembre 2015, 13:54
Avatar utenteMessaggi: 4034Località: Turate (CO)Iscritto il: 15 giugno 2006, 18:11
niente da dire, condivido tutto di questa bellissima recensione fatta da un innamorato di questo grandissimo artista
grande Totore


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MessaggioInviato: 17 novembre 2015, 14:46
Avatar utenteMessaggi: 2114Località: ItalyIscritto il: 20 dicembre 2010, 22:27
Davvero una bellissima recensione. Ascolterò sicuramente il disco. Complimenti ancora a totore.
Giuseppe.

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