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Indice ~ Generale ~ Piccolo genio della batteria |
seatedonafence
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Inviato: 2 febbraio 2007, 4:16 |
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Messaggi: 222Iscritto il: 1 agosto 2006, 5:46 |
Jacopo ha scritto: ma scusate ma se uno e' bravo tecnicamente mica vuol dire che non ha feeling mentre suona! esempio piu palese: Steve Gadd (uno dei migliori batteristi al mondo) andate a sentire come sta dietro a Clapton... piu uno e' bravo, piu e' capace di fare di tutto
..bravo Jaco!!...il feeling che trasmette il vecchio Steve Gadd è assolutamente unico!!...pazzesco con Clapton e Paul Simon...ascoltatevi l'intro di 50 ways to leave your lover di Simon...
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il Papa
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Inviato: 2 febbraio 2007, 16:10 |
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Messaggi: 185Località: Paese (TV)Iscritto il: 29 gennaio 2007, 1:18 |
Il garbato dissentire da quanto affermano gli altri è il sale di ogni serena conversazione, specie quando il tema rientra nell’ambito del gusto, opinabile per assioma. E non è certo nelle mie corde il pensare di essere l’unico detentore di qualche verità, assolutamente! Scrivo queste cose senza alcuna intenzione di alimentare ulteriori polemiche col batterista dei Donkeys, che tra l’altro è una band che apprezzo moltissimo, e anzi mi scuso se ho dato una risposta forse un po’ troppo secca: non è mai saggia cosa rispondere al fuoco col fuoco… Ma non mi posso esimere dall’esprimere la mia personale visione delle cose. Ovviamente sono sempre pronto a mettermi in discussione, ci mancherebbe, ma altrettanto ovviamente non posso essere tenue nel difendere ciò in cui credo: se non si è convinti di quanto si viene affermando, perché parlare infatti?
Un aneddoto narra che Paganini fu invitato alla corte del re di Francia per sostenere una tenzone musicale col primo violinista di quel paese. Il francese scelse uno spartito estremamente difficile e lo eseguì al doppio della velocità indicata. Concluse esclamando: “Così si suona in Francia!”. Paganini allora prese lo spartito, lo rovesciò, ed eseguì la stessa musica alla stessa velocità dell’altro ma al contrario. Alla fine a sua volta esclamò con un inchino: “E così si suona in Italia!”. Poi ruppe tre delle quattro corde del suo violino, ed eseguì di nuovo il tutto con una corda soltanto. Il re di Francia allora si alzò ed esclamò: “E così si suona in Paradiso!”… noi Italiani siamo tutti eredi della mentalità che sottende a questo aneddoto. È pressappoco dall’età rinascimentale, quando cioè le Arti divennero supreme regolatrici della vita sociale dell’epoca che ci è stato instillato il concetto dell’apprendistato e della fatica come metodo catartico per assurgere allo stato in cui è possibile “creare”. Il punto però è che alle scuole di quelle Arti si formavano gli artigiani e non gli artisti! Che poi quello stesso metodo abbia generato scultori e pittori sublimi, come successe alla corte del Magnifico, avvenne per puro incidente: in realtà i grandi insegnarono ad un fitto sottobosco che si affannava con le unghie e coi denti ma, ahimè, inutilmente ad apprendere ciò che ai loro maestri era concesso in dono da madre natura. Anni prima il Giotto andò ad apprendere solo gli indubbiamente necessari rudimenti tecnici da Cimabue, ma sviluppò ben presto una sua strada attraverso un lavoro di ricerca personale che non era volta a fare un dipinto in dieci secondi netti magari facendo roteare i pennelli in aria, ma ad esprimere le emozioni più profonde del suo animo. Ora io non sono affatto un assertore del mito del “Buon Selvaggio” alla Rousseau, e non credo all’assoluta istintività senza canoni da seguire, e se leggete gli altri miei post sul backbeat la cosa apparirà subito evidente. Ma sono altresì convinto che la tecnica, specie quando abbonda, sia una gran brutta bestia da domare e che spesso essa inibisca la verve creativa invece che aiutarla. La tecnica infatti è, per sua stessa natura, analitica, e l’analisi è frutto della mente e non del cuore. Figlia del cuore è invece la sintesi, l’espressione delle emozioni che si serve di tutto per emergere ma che conserva priorità assoluta su ogni ragionamento. Già ai tempi delle macchine da scrivere usavo spesso questa metafora: saper fare le proverbiali 100 battute al secondo (metro di abilità per i dattilografi di allora) non vuol dire essere in grado di scrivere “I Promessi Sposi”. Di certo non lo impedisce, ma non c’entra niente con la capacità creativa che è invece prerogativa assoluta dell’arte. Se la padronanza tecnica fosse indispensabile presupposto all’arte, il blues non sarebbe mai nato! Ma non solo… se la capacità tecnica dovesse essere metro assoluto per valutare il genio musicale, dovremmo mettere Satriani sopra BB King, Malmsteem sopra Keith Richards, e chissà cos’altro! Ora è scontato che sia impossibile definire l’arte: ci hanno provato fin dai tempi più antichi i migliori filosofi al mondo, e non mi ci proverò nemmeno. Però “I know what I like”, e se tutti sono d’accordo col dire che c’è comunque un aspetto di essa che è innegabile e cioè che deve costituire messaggio, io continuo a privilegiare il contenuto di quel messaggio sulla forma linguistica che lo esprime. Non mi interessa l’arguta disquisizione altamente colta, preferisco la sanguigna ed immediata bestemmia espressa nella lingua degli scaricatori di Marsiglia, il “vaffanculo”diretto di chi non pone argini alle proprie emozioni. A me piace Richie Havens che va ad aprire Woodstock suonando la sua chitarra acustica con due dita in meno e riesce comunque a far saltare l’intera platea, mi piace BB King che fa tre-note-tre da una vita, ma che ancora continua a commuovermi a più di 80 anni, mi piace Louisiana Red che sbaglia le misure del blues perché è più preoccupato di cantare le strofe improvvisate al momento che della matematica delle strutture, mi piace Keef che con una corda in meno e tre accordi mi muove le viscere. Gli altri ben vengano! Steve Gadd è sicuramente un grande, ma non ha dato alla musica nemmeno un quarto di quello che ha dato Charlie Watts con tutti i suoi presunti limiti tecnici. E infine chiediamocelo: cosa è rimasto di tutti i grandi virtuosi che si sono avvicendati in testa alle classifiche di “più bravo del mondo”?
Con grande rispetto per le opinioni di tutti
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BRIAN
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Inviato: 3 febbraio 2007, 21:16 |
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Messaggi: 146Iscritto il: 25 gennaio 2007, 0:53 |
Beh, comunque gente come Van Halen, Jon Lord, Keith Moon (e altri che non mi vengono ora in mente) sono entrati nella storia del rock. :wink:
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mick87
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Inviato: 3 febbraio 2007, 21:40 |
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Messaggi: 3784Iscritto il: 7 luglio 2006, 14:44 |
Secondo me il bravo musicista deve trasmettere qualcosa all'ascoltatore, a prescindere dalla tecnica (parere di un ascoltatore che riesce a malapena a suonare il campanello di casa  )
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savon
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Inviato: 7 febbraio 2007, 20:17 |
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Messaggi: 416Località: napoli/romaIscritto il: 22 gennaio 2007, 17:38 |
avete mai sentito parlare di keith moon o magari mitch mitchell??
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lusio
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Inviato: 8 febbraio 2007, 4:10 |
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Messaggi: 1126Località: TorinoIscritto il: 25 dicembre 2006, 13:56 |
dunhill ha scritto: A me gli assoli di batteria stanno sulle palle, che li faccia Tery Bozzio, Charlie Watts o Neil Smith, non mi piacciono, mi annoiano.
Ricordo con orrore l'assolo di Matt Sorum con i GNR, quelli di Eric Singer con Alice Cooper e quelli del mio ex batterista.
I batteristi tecnici mi piacciono, come mi piacciono quelli assolutamente istintivi.
Personalmente mi fanno godere batteristi come Tommy Lee, Randy Castillo, Keith Moon o Stephen Perkins.
Charlie Watts ovviamente, ma non posso dire che sia il mio batterista preferito, più che altro perché quando ascolto gli Stones guardo più all'insieme che al particolare.
dunhill che me dici di anton fier però?(ok non è famosissimo-però a me sballa un casino?)(non conosco 3 dei 4 che hai citato a parte moon....  )
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