Messaggi: 3012Località: TORINOIscritto il: 26 luglio 2006, 0:15 |
L'ascolto della radio/stereo è una costante, per me. Al mattino specialmente, e verso sera per rilassarmi. In passato ascoltavo musica alla radio anche alla sera, finito di studiare, e spesso mi addormentavo con la radio accesa o qualche cassetta che girava. Molte radio storiche sono state chiuse, i grandi network dominano l'etere. Voi che rapporto avete con i programmi radiofonici?
|
Messaggi: 36Località: LisondriaIscritto il: 12 ottobre 2010, 23:44 |
Anch'io ascolto spesso la radio a volte anche lavorando,aiuta a far passare meglio la giornata.Si,i grandi network la fanno da padrone nell'etere mandando in onda a mio avviso troppa musica commerciale da classifica trascurando altri generi anche se pezzi degli anni passati vengono passati spesso.Quando sto su internet apro sempre canali radio web di genere rock.L'unica radio nell'etere che trasmette solo rock è Virgin che ha da poco un canale tv come tanti altri d'altronde.
|
Messaggi: 3012Località: TORINOIscritto il: 26 luglio 2006, 0:15 |
Francia, il fallimento del protezionismo rock Per legge musica nazionale in radio, ma non basta MARINELLA VENEGONI
parigi Il Daily Telegraph ne parla senza nascondere una qualche ironia. Le radio francesi, dice, sono alle corde per via della legge che nel 1994, tentando di arginare l’invasione (barbarica) della musica anglofona, ha obbligato le emittenti nazionali a mandare in onda dalle 6,30 alle 22,30 il 40 % del repertorio locale, metà del quale di nuovi talenti. Allora la grandeur nazionale si fece norma contro le sirene del rock e del pop internazionali, inevitabilmente gorgheggianti in inglese. La formula aveva in verità attirato l’interesse della (scarsa) discografia autenticamente Made in Italy e non sotto l’egida delle major; ma un’idea simile da noi non è mai passata.
Adesso, il Daily ci racconta l’altra faccia della medaglia del protezionismo french. Le radio dei nostri cugini d’Oltralpe cercano, spiega l’autorevole quotidiano britannico, di arginare la marea delle canzoni in inglese, ma giurano di non poter più riempire la quota del 40 % di legge con il repertorio nazionale, perché diminuiscono i testi che nascono in francese, visto che gli artisti ansiosi di varcare i confini cantano in inglese: per dire, quest’anno alla Victoire de la Musique - premio nazionale tipo Grammy che noi non abbiamo in Italia, e l’esempio di Sanremo non è calzante - è arrivata vincitrice Yael Naim, nota anche da noi, francoisraeliana, il cui repertorio è per la maggior parte in inglese. E’ da gennaio, al Midem, che in Francia si discute. Anche perché il problema è tristemente strutturale: nel 2003 gli album usciti in francese sono stati 718, nel 2010 solo 138. Non sono più nati Brassens o Greco ad allargare l’immaginario musicale oltreconfine (e Carlà è italiana). Il capo di due emittenti, Fun e RTL2, è sbottato: «Non si può andare avanti così, la faccenda delle quote deve cambiare», ma subito si sono fatti avanti gli avversari, e David El Sayegh (poco francese anche lui, con quel cognome) responsabile dello Snep che protegge gli interessi discografici nazionali, gli ha risposto: «Le radio FM usano solo 15 singoli per coprire il 90 % della loro quota. E’ segno che sono terrorizzati dal nuovo materiale». Il Csa, una specie di Autorità francese per le Comunicazioni, per ora nicchia, ma c’è aria di conservazione. L’unica risposta arrivata finora salva la legge, stabilendo che se un francese canta in inglese, non rientra nella quota riservata ai prodotti nazionali. Come finirà?
da La Stampa 18-05-2011
|