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MessaggioInviato: 19 giugno 2008, 16:21
Avatar utenteMessaggi: 3987Località: MilanoIscritto il: 23 marzo 2008, 12:49
Bob Dylan: la vita è un tour infinito

A 67 anni si esibisce in luoghi defilati. "Sul palco per non diventare un mito"

ANDREA SCANZI
AOSTA

Chatillon se ne è rimasta placida, ai piedi del Monte Cervino. Non ha percepito l'evento, che infatti non c'era. Bob Dylan ha scelto il parco del Castello Baron Gamba come ultima tappa del suo minitour italiano (dopo Trento e Bergamo), e anteprima del festival Aosta Classica. Da 20 anni, Dylan vive on the road, come scriveva Jack Kerouac. Per certi aspetti è più beat oggi di ieri. Era il 7 giugno 1988, uno dei momenti più bassi della sua carriera. Da allora, più o meno, non si è mai fermato. Il 16 ottobre 2007, in Ohio, ha festeggiato il duemillesimo concerto del tour. La media annuale è scesa da 150 serate a 90-100: sempre molte, per un uomo di 67 anni che non si è fatto mancare nulla e che nel 1997 è scampato a una grave malattia cardiaca.

Lo chiamano Never-Ending Tour, tour senza fine. «Ciò che faccio è qualcosa di molto immediato», ha detto in una delle poche interviste andate al di là di stizziti monosillabi: «Salgo sul palco, canto e ho una risposta. Il mio suonare è talmente immediato da cambiare la natura stessa dell'arte. Non voglio diventare il mito di me stesso». Sembra paradossale, ma questa sovraesposizione ha anzitutto a che fare con l'aspirazione all'assenza. Se Lucio Battisti aveva tentato di emanciparsi dal proprio mito scomparendo e riapparendo saltuariamente sotto mentite spoglie, da musicista nazional-popolare a cantante futurista folgorato sulla via di Panella, la negazione di sé di Dylan è pirandellianamente legata a questa ciclicità dimessa, fatta di concerti minori e luoghi periferici. I Pink Floyd, se si riunissero, sceglierebbero di nuovo Venezia o Pompei. Per Dylan il luogo meno battuto è una sorta di ulteriore "punizione" al proprio ruolo di mito. Bob Dylan si mostra - di continuo - per non mostrarsi, per allontanarsi dall'idea cristallizzata che gli altri hanno di lui, quella del Profeta che predisse la pioggia acida. Quel Dylan è morto a Woodstock il 29 luglio 1966, quando un banale incidente motociclistico coincise con una decisiva pausa sabbatica. Disse di avere rischiato la vita, non aveva nemmeno chiamato l'ambulanza. Per un po' si nascose negli scantinati a suonare con The Band. Poi, nel '68, l'anno della protesta, tornò con un disco biblico, John Wesley Harding.

Dylan non è mai venuto a patti con la propria identità. Si è cancellato il vecchio nome all'anagrafe, se trova un opuscolo con scritto «Robert Allen Zimmerman» è capace di cancellare il concerto. In Pat Garrett e Billy The Kid, per cui scrisse Knockin' on Heaven's Door, interpretava un bandito dal nome emblematico, Alias. E la fine dei Settanta l'ha vissuta da «rinato cristiano»: lui era l'apostolo, i concerti «un lungo calvario». Ora il calvario è diventato altro: sovraesposizione minimale, anelito alla normalità. Sul palco sale con un cappello che ne nasconde il volto, ormai centrifugato dalle rughe. La voce, un tempo di sabbia e catrame, è ormai carta vetrata. I concerti quando va bene sono piacevoli, quando va male orribili. I set acustici li lascia per i brani che conosce solo lui, quelli elettrici per punire i successi lontani (ieri ha letteralmente devastato All along the watchtower). Garantisce che «quella attuale è la mia migliore band»: sue chitarre, basso, batterio, violino, e lui che passa dall'armonica alla tastiera. Ha abbattuto anche il rituale delle prove, nessuno tranne lui conosce la scaletta: «Provare una canzone vuol dire semplicemente saperne titolo e tonalità».

Sul palco non concede nulla. Due ore scarse di blues e r'n'r quasi scolastico, col pubblico che spera nel grande classico e alla fine ci rimane male. Colleziona ancora paranoie. A Bergamo si è imbufalito quando ha visto la sua immagine su una mongolfiera che pubblicizzava un festival con i Pankreas in cartellone. Ha alloggiato nell'hotel più lussuoso di Saint Vincent (il Grand Hotel Billia, a due passi dal Casinò) e chiesto un Suv con vetri oscurati. Ha l'incubo delle riprese, odia i videofonini, dice che le macchine fotografiche «immortalano spettri». Ha mandato il suo staff a comprare pesce fresco ad Aosta, chiedendo 100 chili di ghiaccio per mantenere inalterato il cibo a colazione, pranzo e cena.

La cosa più semplice sarebbe liquidare Dylan al ruolo di postumo di se stesso, ma la sua arte ha costantemente dato segno di sé ben oltre i Sessanta, da Blood on the tracks a Oh Mercy. «Provate a immaginare un posto dall'aria calda e sicura», cantava in Shelter from the storm (Riparo dalla tempesta). Qualcosa che protegga dalla «morte che ha occhi d'acciaio», «dalle corone di spine», «dalle informi creature». Questo è per lui il palco: riparo dalla tempesta. Più ancora, da se stessi.


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MessaggioInviato: 19 giugno 2008, 16:41
Avatar utenteMessaggi: 1658Località: TORINOIscritto il: 14 giugno 2007, 16:56
ognuno su Dylan scrive come vuole... sul concerto, se non sbaglio, di Trento il Giornale ha pubblicato un articolo dove si parlava di grande entusiasmo del pubblico: leggendo altri articoli si scopre che il pubblico in piedi ha invaso la zona vicino al palco, impedendo la visuale a chi era seduto be' alla faccia del concerto non evento! Di sicuro di Bob piaccia o meno non lo si puo' ignorare...


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MessaggioInviato: 19 giugno 2008, 20:05
Messaggi: 373Località: RomaIscritto il: 29 maggio 2007, 12:15
[quote="Olia"]Bob Dylan: la vita è un tour infinito

A 67 anni si esibisce in luoghi defilati. "Sul palco per non diventare un mito"

ANDREA SCANZI
AOSTA

Forse è soltanto stanco di se stesso, può essere che sia stanco di sentirsi idolatrato, quasi prigioniero della moltitudine che per forsa di cose lo circonda.
Forse quello che ha seminato ha prodotto nel tempo fitte foreste e tenta disperatamente di proporsi lontano da esse.
Tutto ciò potrebbe causargli lampi di odio-amore per il suo pubblico, percui lo colpisce con stravolgimenti dei brani classici e a volte con gemme rare.
L'ho notato anche in Lou Reed.
O forse ho scritto soltanto fandonie


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MessaggioInviato: 22 luglio 2009, 13:24
Messaggi: 1247Iscritto il: 11 giugno 2008, 19:39
Mi è stato regalato per compleanno l'unico album storico di Dylan che mi mancava Bing it all back home. Lo avevo sentito da un'amica anni fa e su internet qualche mese fa. Lo amavo già. Ma adesso che lo possiedo è un' altra storia. Penso che H61 sia il vertice della trilogia a livello di musica e di testi ma amo particolarmente il suono di Bring it. E come se Dylan dicesse sono rock ma sono ancora folk. Mi sono soffermato su Outlaw blues. Ma che accordatura ha la seconda chitarra? A me sembrano i Velvet. In effetti i Velvet nonostante tutte le prese di distanza di Lou dell'epoca vengono da Dylan (sentire i demos del 65 per rendersene conto). Dylan è avanguardia.


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MessaggioInviato: 22 luglio 2009, 14:44
Messaggi: 1822Iscritto il: 11 febbraio 2007, 4:36
Briano ha scritto:
Mi è stato regalato per compleanno l'unico album storico di Dylan che mi mancava Bing it all back home. Lo avevo sentito da un'amica anni fa e su internet qualche mese fa. Lo amavo già. Ma adesso che lo possiedo è un' altra storia. Penso che H61 sia il vertice della trilogia a livello di musica e di testi ma amo particolarmente il suono di Bring it. E come se Dylan dicesse sono rock ma sono ancora folk. Mi sono soffermato su Outlaw blues. Ma che accordatura ha la seconda chitarra? A me sembrano i Velvet. In effetti i Velvet nonostante tutte le prese di distanza di Lou dell'epoca vengono da Dylan (sentire i demos del 65 per rendersene conto). Dylan è avanguardia.


Ho una conoscenza "disordinata" di Dylan.
Ho comprato molti suoi cd ma non lo ascolto mai a lungo.
Mi piace da impazzire, si, ma ho l'impressione di doverlo ancora approfondire...non so se mi spiego...
Comunque, stando a bringin it all back home, è il mio preferito.


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MessaggioInviato: 29 agosto 2009, 14:38
Avatar utenteMessaggi: 4364Località: CelleIscritto il: 18 settembre 2006, 13:04
Ho scartabellato un po' a ritroso ma non ho trovato un vero e proprio thread a lui dedicato, a parte quello sui concerti e sul compleanno.

Sicuramente l'unico artista che mette tutti d'accordo su questo forum, non mi pare nessuno metta in discussione la sua grandezza, ma mi piacerebbe parlare dei suoi vari periodi, quali sono i vostri dischi preferiti, ad esempio ha fatto parecchi live, vedo che qualcuno ne predilige uno piuttosto che un altro... Le band che lo hanno accompagnato, le collaborazioni...

Mi pare interessante parlarne


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MessaggioInviato: 29 agosto 2009, 15:27
Messaggi: 1247Iscritto il: 11 giugno 2008, 19:39
Cerco di dividere per epoche come qualcuno ha fatto per gli Stones

Primo periodo 1962-1964: folk revival prima tradizionale poi sempre più autoriale ma interno alla tradizione. Periodo dei primi successi, dell'impegno politico, del movimento studentesco. Chitarra acustica e voce. Se si fosse fermato qui sarebbe entrato nella storia del folk ma non avrebbe brillato per originalità. Con Another side inizia il distaccamento dall'ambiente: non è un disco solo folk e non parla di politica. Quindi è un disco di transizione al secondo periodo...

Bob Dylan 1962

The Freewheelin' Bob Dylan 1963

The Times They Are a-Changin' 1964

Another Side of Bob Dylan 1964

Secondo periodo 1965-1966: periodo della svolta rock, ovvero della nascita del folk rock. Ispirato da Stones e Beatles ma anche da Animals e Byrds compie una delle più grandi rivoluzioni della musica popolare. Imbraccia gli strumenti elettrici e trascende il folk pur mantenendone elementi. I testi si fanno sempre meno politici e prende sempre più distanza dal movimento. L'ambiente folk non capisce, lo abbandona e lo contesta al festival di Newport. Ma Dylan ottiene successo di pubblico: è uno dei pochi casi della storia dove la qualità e il successo di vendite vanno di pari passo. I testi sono vere e proprie poesie paragonabili a opere di Rimbaud o Eliot. Questo è il periodo delle maggiori innovazioni musicali e quello che mette d'accordo tutti: è il Dylan migliore o almeno uno dei migliori. 3 album di cui uno doppio e pezzi come Like a Rolling Stone e Desolation Row: ovvero essere rock ed essere intelligenti. Dapprima si fa accompagnare da Mike Bloomfield, Paul Butterfield blues band e Al Kooper poi in Blonde on Blonde introduce Robbie Robertson.

Bringing It All Back Home 1965

Highway 61 Revisited 1965

Blonde on Blonde 1966


Terzo periodo 1967-1968: Dylan non vuole più continuare nella linea dell'innovazione. Non si sente all'altezza di una svolta elettronica e di un'ulteriore complicazione della musica. Non vuole rivaleggiare con la complessità delle scelte psichedeliche di Beatles e Zappa e come sempre nella sua carriera sceglie un'altra strada. E come sempre la strada che sceglie si porta dietro un'intera scena musicale. Dylan ha l'incidente in moto: il mistero della sua vita per dinamiche e cause. L'abuso di droga, un matimonio burrascoso e la vita da rockstar influiscono. Si ritira a Big Pink una casa di campagna a Woodstock dove in cantina suona di nuovo musica tradizionale e compone brani nuovi. Il gruppo che lo accompagna in questa avventura è la Band di Robbie Robertson, primo gruppo del back to the roots. E tutto questo nell'anno della psichedelia. Dylan ha smesso la gara all'innovazione e ripiega sulla tradizione: John Wesley Hardin non lo incide con la Band ma con dei turnisti a Nashville. E' un album tendenzialmente folk e acustico ma con la strumentazione di una band. Ma le centinaia di brani incisi a Big Pink faranno la storia grazie a pubblicazioni illegali.

John Wesley Harding 1967

Quarto periodo 1969-1974: periodo confusionario e altalenante. Se il ripiegamento verso la vita privata e la tradizione era la conferma della sua propensione a distaccarsi dai suoi fan nel tentativo perenne di stupire il pubblico Nashville Skyline segna un punto di non ritorno. Sembra che Dylan voglia deludere chi lo crede un mito. Realizza un album a mio modo di vedere pregevole ma completamente addentro alla musica country: ovvero un pugno nello stomaco sia ai fan del folk revival della prima ora sia a quelli della svolta elettrica. Per di più oltre al nashville sound più standard utilizza anche uno strano falsetto nel cantare, camuffando quindi il caratteristico gracchio che lo aveva reso celebre. Stranamente l'album ha successo anche in Inghilterra. Allora Dylan fa di più: chiama "autoritratto" un album scadente e di cover (qualche anno dopo la casa discografica editerà Dylan, ovvero gli scarti delle sessions........) che reca in compertina un suo dipinto che non gli somiglia per nulla. Da lì in poi seguono album come New Morning che alludono ad una rinascita ancora da venire e la colonna sonora di Pat Garrett e Billy the kid (in cui recita il ruolo di Alias) disco buono, pieno di strumentali country western ma con la perla assoluta di Knockin on heaven's door.

Nashville Skyline 1969

Self Portrait 1970

New Morning 1970

Pat Garrett & Billy the Kid 1973

Dylan 1973

Planet Waves 1974

Quinto periodo 1974-1976: la vera rinascita. Blood on the tracks è l'album più bello e convincente dai tempi di John Wesley Hardin. E' un album rock con venature folk. Dylan è tornato. Intanto pubblica il live Before the flood: testimonianza del primo tour in compagnia della Band dalla caduta dalla motocicletta. Si apre la stagione della Rolling Thunder, sorta di carrozzone di musicisti e teatranti coinvolti in un tour senza fine. Dylan incide Desire più orientato verso il Tex Mex ma molto valido. Si fa aiutare da Jacques Levy nei testi. Da lì in poi non me ne intendo: album di transizione come street legal poi la svolta cristiana e poi in alternanza album più rock o al contrario più folk. Lascio a chi ne sa più di me la parola.

Blood on the Tracks 1975

Desire 1976


PS

Consiglio tutte le bootleg series.


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MessaggioInviato: 29 agosto 2009, 16:23
Avatar utenteMessaggi: 1658Località: TORINOIscritto il: 14 giugno 2007, 16:56
continuo io...

1977 Street Legal album affascinante molti fiati tastiere di transizione ma da ascoltare assolutamente!

1978-1982 la conversione cristiana porta 3 album controversi ma, soprattutto Slow Train Coming e Shot of Love, di grande valore. Testi magari discutibili ma musiche "nere" e live di grande suggestione (attendiamo le BS per Avignone 81')...

1983-1988 un Dylan confuso alterna dischi di valore come Infidels ad album belli ma con troppa elettronica (Empire Burlesque) ad altri discutibili e "casuali" come Knocket out Loaded e Down in the Groove... i live sono spesso ottimi, abbondano le collaborazioni con Tom Petty e in particolare con i Grateful Dead (Dylan and the Dead)...

1988- 1991 da segnalare la super-collaborazione Travelling Wilburys (tra gli altri con George Harrison e Roy Orbison)... la rinascita di Oh Mercy (prima collaborazione con Daniel Lanois) non trova grandi corrispondenze col confuso Under a Red Sky. Il divorzio dalla seconda moglie ha ripercussioni sui Live: inizia il NeverEnding Tour basato su palcoscenici piu' piccoli ma nel 90-91' Dylan e' spesso ubriaco e la sua popolarita' scende ai minimi...

1992-1994 la duologia folk e il concerto con superospiti del 30simo anniversario con la Columbia fanno ritrovare credito a Dylan

1995-2001 l'Unplugged e soprattutto il nuovo disco Time out of Mind, prodotto da Lanois e pieno di suggestioni rock-blues fanno riscoprire Dylan a un grande pubblico. La malattia che ha colpito Dylan intorno all'uscita dell'album, nel 1997, alimentano suggestione sui temi della morte e dell'eternita' di molte canzoni. I live si mantengono a un buon livello grazie anche a musicisti come Charlie Sexton, il fidato bassista Garnier e raggiungono l'Italia nel 1998.

2001-2006 la duologia di rock-blues quantomai asciutto e volutamente povero di effetti da studio (il produttore Jack Frost e' lo stesso Dylan), Love and Theft (2001) e Modern Times (2006) hanno ottimo successo e si accompagnano a un Oscar nel 2003. 2 film (uno e' la biografia di Dylan "I'm not there") e una continua presenza sul palco contribuiscono ad assicurare lunga vita al nostro vate. Il resto e' storia recente...


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MessaggioInviato: 29 agosto 2009, 16:34
Messaggi: 4076Località: SALERNOIscritto il: 5 maggio 2008, 23:29
Complimenti ragazzi,ottima idea e retrospettiva fatta molto bene, sarebbe bello farlo spesso con gli artisti piu' disparati cosi' ognuno avrebbe modo di "avvicinarsi" a questo o quell'artista, capire alcune cose e capire da dove "Iniziare"...Complimenti ancora!


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MessaggioInviato: 29 agosto 2009, 16:44
Avatar utenteMessaggi: 1658Località: TORINOIscritto il: 14 giugno 2007, 16:56
:wink:


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MessaggioInviato: 29 agosto 2009, 16:58
Avatar utenteMessaggi: 4670Iscritto il: 8 luglio 2006, 17:02
grazie albix e briano, illuminante! :D
si sarebbe bello fare una cosa del genere per molti altri gruppi...ci vuole tempo e soprattutto conoscenza...grazie in anticipo

Bob Dylan l'ho visto ad Avignone nell'80 o giù di lì... non ho un ricordo preciso di quel concerto, tranne che uno del pubblico è morto fulminato per essersi fiondato sul palco e aver toccato un cavo....
Ricordo bene invece come ne parla Marianne Faithfull nella sua autobiografia...,era visto come una specie di dio in terra, quando arrivò a Londra verso la metà degli anni 60...ora vedo se trovo le parole esatte nel libro...


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MessaggioInviato: 29 agosto 2009, 17:26
Avatar utenteMessaggi: 1658Località: TORINOIscritto il: 14 giugno 2007, 16:56
si, Avignone 81'...


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MessaggioInviato: 30 agosto 2009, 18:48
Avatar utenteMessaggi: 1658Località: TORINOIscritto il: 14 giugno 2007, 16:56
dai chi mi dice il suo album di Dylan preferito...


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MessaggioInviato: 30 agosto 2009, 18:50
Avatar utenteMessaggi: 4364Località: CelleIscritto il: 18 settembre 2006, 13:04
Grazie per i vostri post: non ho ancora avuto tempo di leggere tutto con attenzione, al più presto intervengo, album preferito? difficilissimo!


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MessaggioInviato: 30 agosto 2009, 19:02
Messaggi: 1247Iscritto il: 11 giugno 2008, 19:39
Preferito: Bring it all back home, più bello Highway 61... ma è solo una delle 7 o 8 possibilità


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