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Indice  ~  Get Off Of My Cloud  ~  The Black Crowes intervista

MessaggioInviato: 17 maggio 2008, 12:53
Avatar utenteMessaggi: 3987Località: MilanoIscritto il: 23 marzo 2008, 12:49
Black Crowes: fratelli coltelli
Dopo una separazione durata diversi anni, i fratelli Robinson hanno rimesso in piedi la band e sono tornati con un nuovo disco, ‘Warpaint’. Li abbiamo incontrati e abbiamo fatto una lunga chiacchierata



Seduti spalla a spalla su alti sgabelli, di fronte a una selva di microfoni agli Electric Lady Studios di New York, il cantante Chris e il chitarrista Rich Robinson dei Black Crowes non sembrano per nulla parenti, men che meno compagni in un gruppo. I due fratelli dalla Georgia stanno incidendo una dozzina di pezzi unplugged in duo, qualche settimana prima dell'uscita del nuovo album della band, Warpaint, sull'etichetta dei Crowes, la Silver Arrow. Composto di 11 robusti pezzi di Southern rock ed estatico R&B psichedelico, Warpaint è il primo album in studio dei Crowes in sette anni e il primo da quando i Robinson si sono riuniti nel 2005 dopo una tesa separazione durata tre anni. Come Ray e Dave Davies dei Kinks e i fratelli Gallagher negli Oasis, Chris e Rich - adolescenti al tempo in cui formarono la primissima versione dei Crowes ad Atlanta a metà anni 80 - sono famosi tanto per i litigi e le vere e proprie scazzottate quanto per il resto, compresa una certa estetica vintage-rock, le luci dei live-show e il successo multiplatino dei loro dischi Shake Your Money Maker (1990) e The Southern Harmony and Musical Companion (1992). E agli Electric Lady, a ogni intervallo tra le canzoni, i Robinson costituiscono un appassionante studio di opposti potenzialmente esplosivi.

Chris, 41 anni, è un travolgente hippie con una puntuta barba alla Gesù Cristo, capelli scurissimi e sottili e un fisico smilzo. È sempre in movimento, in un modo o nell'altro - batte un piede per terra, misura il pavimento a grandi passi, si accende una sigaretta fatta a mano - e parla a velocità vertiginosa in uno strascicato e vivissimo accento sudista punteggiato da una risata aguzza non appena trova divertente qualcosa, il che accade spesso. Vicino a tanta verve, Rich, 38 anni, è un'acqua cheta. Rasato di fresco, lineamenti infantili e fisico da portuale, parla il minimo necessario - in una voce profonda, sicura di sé, senza evidenti inflessioni Dixie - e sorride ancor meno, specie quando si ritrova il frenetico Chris gomito a gomito. «Questo devi proprio scriverlo», dice Chris, ridendo, quando Rich arranca all'inizio di una canzone, cercando di ricordarsi la parte di chitarra. «Quello che non fuma erba non si ricorda nulla!». Chris si volta verso Rich e gli dà una pacca sulla spalla. «È solo una piccola presa in giro a tue spese, fratellino». Rich abbassa lo sguardo. Quando i fratelli erano più giovani, tanto bastava per provocare grane serie. Pete Angelus, manager dei Black Crowes fin dal 1989, ricorda la loro prima seduta fotografica: «Volto le spalle per parlare al fotografo. Nel giro di tre minuti, scoppia una scazzottata. Fu scioccante pure per me. Come si poteva arrivare a quel punto in un arco temporale tanto breve?». Persino ora il mestiere di impresario ai fratelli, dice Angelus, «non è questione di fare una chiacchierata una volta la settimana. Ti ritrovi coinvolto a aiutarli a comunicare tutti i santi giorni». Secondo Chris, ne vale la pena. «Abbiamo costruito questa locomotiva», dice, spiegando i motivi del suo ritorno in gruppo dopo tre anni. «Il che non significa starsene seduti in un campo con le margherite che ci crescono in mezzo. Che la luce sia! L'importante per noi era lavorare. Il lavoro era l'unica cazzo di cosa interessante che succedeva».

Quando la musica parte agli Electric Lady Chris e Rich si completano alla perfezione, veri fratelli di sangue nel rapporto canto-chitarra e nella maestria country-soul delle loro composizioni. In una versione scheletrica di Walk Believer Walk, un ballabile spalmato di gospel da Warpaint, il profondo ululato di Chris si alza alto per poi tuffarsi in un rapimento al contempo chiesastico e acido, mentre Rich fa faville al dobro e alla chitarra bottleneck. In una vecchia canzone dei Crowes, Wyoming and Me, Rich si innalza sopra il lamentoso guaito di Chris in un'armonia luminosa, enfatica. E quando rifanno Torn and Frayed, la grande canzone di strada da Exile on Main Street dei Rolling Stones, sembra che i Robinson stiano rivivendo tutto il bene e il male che hanno conosciuto, in gruppo e in famiglia. «Tu pensi che lui sia cattivo/Lui pensa che tu sia pazzo», Chris e Rich cantano insieme, dritti verso un ritornello che spiega perché, nonostante tutte le differenze, stiano ancora nei Black Crowes: «Finché la chitarra suona/Fatti rapire il cuore». «C'è qualcosa nei loro geni comuni», dice il bassista dei Crowes Sven Pipien, 40 anni, che conosce i Robinson da quando lui e loro erano in gruppi rivali alle superiori, ad Atlanta. «È molto difficile cantare con Chris: cambia inflessioni in continuazione. Ma Rich conosce il fratello. Io conosco Chris da tanto da riuscire a cantare con lui, ma non in maniera innata come Rich».

«Non è un modo corretto di cantare», dichiara giocosamente Chris nella sua stanza di albergo a Soho il giorno dopo le sessioni agli Electric Lady. «Non siamo proprio cantanti specializzati in armonie. Ma questo rientra in quella tradizione di stretta consonanza dei Louvin ed Everly: ciò che rende i fratelli che cantano insieme tanto speciali». Il padre di Chris e Rich, Stan, fu egli stesso una popstar per un istante nei tardi anni 50 - il suo singolo del 1959 Boom-A-Dip-Dip andò al numero 83 nelle classifiche di Billboard - e Chris lo ricorda come un negriero nelle feste in casa. «Quando eravamo bambini e volevamo partecipare, se non cantavi la parte armonica nel modo giusto», dice Chris, ridendo, «mio papà ti intimava di tacere». Aggiunge che, da quando lui e Rich hanno riformato i Crowes, «ciò che ci lega - la musica - è più forte». Dopo qualche falsa partenza nel ritorno alla composizione comune, i fratelli hanno prodotto i dieci pezzi originali di Warpaint poco prima delle sessioni a Woodstock, l'estate scorsa. I Robinson, Pipien, il batterista di lungo corso Steve Gorman, il tastierista Adam MacDougall e il nuovo chitarrista Luther Dickinson hanno realizzato l'intero disco nell'arco di tre settimane, incidendo lucenti colossi come We Who See the Deep, Evergreen e l'inno per la nazione freak Goodbye Daughters of the Revolution prevalentemente dal vivo in studio.

«Chris e Rich si integrano alla perfezione», dice Dickinson, 35 anni - figlio del leggendario musicista-produttore Jim - che suona pure nei North Mississippi Allstars insieme al fratello Cody. «Per tutta la vita, mio padre mi ha raccontato storie sugli Stones ai Muscle Shoals. Ha visto come lavoravano: caos, caos, caos, poi magia! Ecco come è andato Warpaint». «È la ricompensa per tutto il resto», dice Chris del nuovo disco, con un misto di trionfo e sollievo. «La quantità di grandi concerti e canzoni prodotti da me e Rich è incredibile, per due persone che fanno fatica a condividere la medesima stanza. Non credo che ciò abbia nulla a che fare con l'affetto. Rich e io lo facciamo per noi stessi: abbiamo sempre pensato in termini di "noi contro loro". Non riesco a credere che questo non esista più nel rock & roll. Dov'è finita una pur piccola sfida al sistema? Tutti si sforzano a tal punto di organizzarti la vita, cazzo, che ti passa proprio la voglia». Tuttavia esiste ancora, come dice lui «quella roba che ci divide: è come il terremoto a Los Angeles», dice Chris, che ora vive lì. «Non se ne parla. Quando uno solleva la sua testa da animale, ecco che succede. Come cazzo mi comporto in questo caso? Non lo so. Ma so che Rich direbbe la stessa cosa». Sotanzialmente vero. «Adoro quella canzone», dice Rich di Torn and Frayed, una settimana dopo averla incisa insieme al fratello. «Quando ci sintonizziamo a questi livelli, comunichiamo davvero. Proviamo le medisime cose. È buffo. Dopo Amorica» - il terzo album dei Crowes, pubblicato nel 1994 - «eravamo pronti a dividerci. Ci odiavamo l'un l'altro, cazzo. Ma poi siamo partiti in tour con gli Stones, e Chris e io abbiamo condiviso un momento che ci mancava da quando eravamo bambini: noi due in piedi, in ascolto, dietro gli amplificatori di Keith Richards. La nave salpava, e noi osservavamo le persone che ci avevano commosso in maniera tanto profondo. All'infuori della musica, probabilmente non ci parleremmo mai», continua Rich, ridendo, qualcosa che fa spesso quando Chris non è in giro. «È proprio così».

Chris è nella sua stanza d'albergo, con i capelli divisi in trecce stile pellirossa e E Pluribus Unum, l'album del 1968 del chitrrista raga-folk Sandy Bull che suona in sottofondo, e ci spiega chi ha preso cosa da quale parte della famiglia. «Io sono fatto esattamente come i parenti di parte materna, i Bradley del Tennessee - alto e magro», dice. «La parte Robinson assomiglia di più a mio fratello. Le sue spalle sono il doppio delle mie. Pure mio papà è grosso». E continua: «Mio papà è compagnone e socievole». Sua madre, Nancy, invece, «è sarcastica e asciutta. Molti diranno che io ho il temperamento di mia mamma. E i miei non credo che possano dire da dove venga Rich». Chris ride ma pare scherzare solo in parte. Rich ammette di aver preso dal padre, ma non solo nella costituzione: «C'è un calore in papà che non vedo in me, perché sono molto timido. Ma è una persona di cuore, e io sono sempre stato sensibile, spesso anche troppo. Sul palco il mio viso è decisamente impenetrabile. La gente dice: "È uno stronzo. Sembra arrabbiato". In realtà sto solo ascoltando, sforzandomi di ascoltare il gruppo nel suo insieme». «Se sei confinato in una famiglia con due fratelli, son dolori, sul serio», dice onestamente Rich. «Non ci sono sorelle, solo io e Chris. Siamo i raggi opposti di una ruota, della quale vogliamo essere il fulcro». Quando si ritrovano, insiste, Rich, «ciò porta a entrambi molta gioia. C'è armonia, davvero».

Tra il gennaio 2002, quando i Black Crowes annunciarono ufficialmente uno "iato", fino al marzo del 2005, quando il gruppo tenne sette concerti da tutto esaurito alla Hammerstein Ballroom di New York, regnò praticamente il silenzio. Chris ha una lista della spesa dei motivi per cui ha abbandonato il gruppo, comprese le tensioni interne («Nessuno era felice»), la propria impazienza («Non pensavo che stessimo lavorando abbastanza: non c'era musica a sufficienza») e i cambiamenti nella sua vita privata. A capodanno del 2000 Chris sposò l'attrice Kate Hudson. Nel 2001, aveva pure concluso «un periodo tossico della mia vita. Mi ritrovavo tutta questa energia extra. Avevo bisogno di fare qualcosa che non avesse nulla a che fare con i Black Crowes». L'unica cosa che Chris non può raccontare sullo scioglimento è la reazione di Rich alla fine improvvisa del loro gruppo. «Non lo so», confessa Chris. «Non ci siamo parlati per un paio d'anni. Io dissi: "Ci vediamo", e finì lì. Non che abbiamo grandi argomenti di discussione, comunque». «Ero decisamente accecato», dice Rich, seduto nell'ufficio di Manhattan della casa editrice di un amico. «C'erano state delle avvisaglie. Ma tutt'a un tratto arrivò un "Non ho più intenzione di continuare. Ci prenderemo una pausa"». I due non si riparlarono fino al gennaio 2004. «Chris mi chiamò il giorno della nascita di Ryder» (il figlio di Chris e della Hudson). «Era grande diventare zio». (Rich, che vive nel Connecticut, ha due figli da un matrimonio precedente). Chris e Kate Hudson divorziarono nel 2006. «È stata dura», dice il cantante. «Ma siamo amici, e ci siamo creati un'altra vita».

Durante il tempo passato divisi, Chris andò in tour con la sua band, i New Earth Mud, e realizzò due album, New Earth Mud nel 2002 e This Magnificent Distance due anni più tardi. Rich lavorò a colonne sonore e produzioni, pubblicando infine un disco solista, Paper, nel 2004. Tutti e tre gli album sono solidi, affascinanti esempi delle passioni comuni dei Robinson per la cruda poesia nella musica blues e country e la carica sperimentale della psichedelia dei tardi anni 60 e del power blues dei primi 70. Ma i dischi solisti dei fratelli Robinson si segnalano principalmente per ciò che manca loro: l'altro fratello. «Avevo la sensazione che Chris non sarebbe ritornato», dice Gorman, 42 anni, l'unico sopravvissuto della formazione originale che incise Money Maker (Chris e Rich hanno fatto il giro di quasi una dozzina tra chitarristi, bassisti e tastieristi in 17 anni). Gorman racconta di aver visto Chris suonare con i New Earth Mud a Nashville nel 2004. «Me ne stavo seduto sul palco, a pensare: "È così felice, tanto in pace con se stesso. Buon per lui". Quella notte ci fu una rimpatriatra molto gradevole. Ma fu buffo, perché si mise a parlare dei Black Crowes. E io riflettei: "Perché ci stai anche solo pensando?». Chris e Rich si erano già riuniti sul palco ai Jammys del 2004, la cerimonia di premiazione della jam-scene a New York, suonando Sometimes Salvation dei Crowes. Alla domanda sul perché non riuscisse a star lontano dal fratello, Chris la ripete a se stesso, poi si dà una risposta fulminea: «Lo sai qual è il nostro mestiere? Mantenere in vita questa comune, amico. Ci rimanda all'era che mi ispira. Il primo esempio sono i Grateful Dead. Loro avevano una filosofia, un modo di organizzare dinamiche e vite. E si facevano. Credevano in un luogo dove ti poteva portare l'arte. Nella manifestazione di un luogo che appartiene solo a te». Chris ricorda un momento negli anni 80 in cui i Crowes suonavano nei club di Atlanta di fronte a una dozzina di persone (in un concerto, la dozzina comprendeva la madre di Gorman), e Rich, che non aveva ancora l'età per bere alcolici nei locali, aspettava a lungo in auto fino all'ora del concerto. «Ci sedevamo tutti in una stanza - io, Rich e Steve», dice Chris, «e ci guardavamo l'un l'altro, dicendoci: "Non ritorneremo mai indietro"».

Sotto certi aspetti, Chris e Rich non sono cambiati per nulla. La reazione di Pipien quando vide i fratelli dal vivo per la prima volta, fu la seguente: «Chris aveva una notevole presenza. Io sapevo cantare, ma lui era un leader. E Rich era timido ma aveva grande competenza. Il suo forte erano le strutture di accordi, e non scherzava affatto. Era il piedistallo di cui Chris aveva bisogno». Patti Smith descrive Rich in termini analoghi. Dopo che Rich si fu presentato in un caffè di New York un paio di anni fa, la Smith lo invitò a suonare sul proprio album di cover, Twelve, e da allora i due hanno suonato insieme con entrambi i gruppi. «Lui è sicuro di sé senza essere egotista», dice Patti. «È importante poter disporre di un musicista che possieda tanta creatività e conoscenza, ma disposto a occupare un ruolo da gregario. Ma l'ho anche visto nei panni del domatore della banda. Se nessun altro si fa avanti, lui non ha problemi a presentarsi, senza che nessuno glielo chieda». Chris è tutto eccitazione, sempre. Durante le prove, dice Dickinson, «Chris balla rivolto a te, fissandoti, mentre suoni. Se non accade nulla di buono, allora inizia a cantare o dare indicazioni su qualcos'altro, un'altra idea. Poi balla rivolto a un altro. Ho sentito storie riguardanti Isaac Hayes e il suo modo di dirigere il proprio gruppo. Stessa cosa». «Mettiamola così, senza essere elitari», dice Chris con un sorrisetto diabolico. «Quando io non sono presente, non è che si produca poi granché. "Facciamo così". "È ora di iniziare": è questione di energia. Ecco ciò che io ho messo a disposizione di tutti, mi auguro». Il bassista dei Grateful Dead Phil Lesh, che ingaggiò Chris come cantante per il tour del 2005, concorda. «Una delle cose che amo di più in Chris è il suo entusiasmo. Non è mai moscio. In lui c'è sempre qualcosa che ti coinvolge. E la sua conoscenza della musica tradizionale è impressionante. Si avvicina probabilmente a quella dello stesso Dylan. Mi duplicava in continuazione cd: "Senti un po' questo": tutte vecchie canzoni cool e profonde"».

C'è qualche discordia sul fatto che Chris e Rich litighino in modo diverso, o minore, rispetto a prima della pausa. Le discordanze possono essere più intense, dice Pipien. «Quando sei più sicuro di chi sei, sei disposto a lottare molto più duramente per ciò in cui credi». Ribatte Angelus: «C'è una cosa che accade ora e non succedeva mai quando erano più giovani: hanno imparato che magari è meglio allontanarsi per qualche minuto. Questo è un nuovo sistema comunicativo. Aggiungo, a mo' di osservazione umoristica: nell'ottobre del 2007, sul tour bus ci fu un'animata discussione. La progressione fu più rapida di quanto mi aspettassi. E ricordo di aver detto: "OK, basta così. Qualcuno mi ha appena dato un calcio nelle palle". Ci ero finito in mezzo io». «Forse Chris e Io dobbiamo aggiustare qualcosa di una vita passata», suggerisce Rich. Segue un breve, smilzo sorriso. «Non sarebbe male se ci conoscessimo e potessimo semplicemente andare d'accordo». Chris è troppo preso dal futuro per continuare a parlare di ciò che sarebbe potuto essere. «Non importa ciò che è accaduto, non sono affatto amareggiato», dice, agitandosi sulla sedia dopo due ore di chiacchiere senza interruzioni. «Non ho rimpianti. Ho fatto delle sciocchezze. Ho detto cose che avrei fatto meglio a tacere. Pazienza, amico. Le scelte sono state fatte, quindi prepariamoci a quelle future, che mi auguro migliori. Ecco perché sono ispirato da quell'ondata acida, da quelli che c'erano prima che le mappe fossero tracciate. Erano quelli che dicevano: "Ci vediamo dall'altra parte. Teniamo duro, tutti"». «Ho bisogno di tutti quelli con cui ho suonato», conclude Chris, sempre frenetico, «per credere a quanto disse una volta Miles Davis: la musica ti cambia. Ci sono occasioni in cui non hai una risposta a quanto succede. Ma la musica non ti deluderà mai».


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MessaggioInviato: 19 maggio 2008, 11:32
Avatar utenteMessaggi: 1069Località: torinoIscritto il: 22 luglio 2006, 15:11
Molto bello, grazie mille :wink: 8)


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