Autore Messaggio

Indice  ~  Get Off Of My Cloud  ~  Danny Federici RIP

MessaggioInviato: 21 aprile 2008, 11:10
Avatar utenteMessaggi: 1069Località: torinoIscritto il: 22 luglio 2006, 15:11
Jacopo ha scritto:
ah, allora non l'ho mai visto dal vivo, come non detto


Ma hai visto San Siro 2003? Se sì lui c'era eccome... :wink:


Profilo WWW
MessaggioInviato: 21 aprile 2008, 16:04
Avatar utenteMessaggi: 1126Località: TorinoIscritto il: 25 dicembre 2006, 13:56
:cry: :cry:


Profilo
MessaggioInviato: 30 aprile 2008, 16:43
Avatar utenteMessaggi: 1069Località: torinoIscritto il: 22 luglio 2006, 15:11
ADDIO A DANNY
di Bruce Springsteen

[Questo è il testo dell’orazione funebre tenuta da Bruce
il 21 aprile a Red Bank, NJ, durante le esequie di Dan Federici.]

Lasciatemi iniziare con qualche storia che risale ai tempi
dei miracoli, quei giorni di frontiera in cui “Mad Dog” Lopez
e il suo particolare temperamento terrorizzavano la band,
i proprietari di piccoli locali, civili innocenti, nonché donne,
bambini e animali di piccola taglia. Giorni in cui poteva capi-
tare di vendere la propria vita firmando un contratto sul vo-
lante di un’auto parcheggiata a New York. Giorni immediata-
mente successivi a quello in cui un giovane fisarmonicista
dai capelli rossi trovò il suo primo momento di gloria nell’Ora
del Dilettante di Ted Mack e fu mandato in Svizzera assieme
alla madre per mostrare il proprio talento. Prima che i sederi
in bikini fossero sdoganati dalla copertina di Time.

Sto parlando dei tempi in cui la E Street Band era un’organiz-
zazione comunista, quando il pallido, silenzioso e timido Dan
Federici era capace di creare guai tra i più grossi della nostra
quarantennale carriera. E non era certo un compito facile, visto
che doveva comptere con “Mad Dog”. Ma Danny lo surclassò.

Forse fu durante gli scontri con la polizia a Middletown, nel
New Jersey, in un concerto che tenevamo per tirar su i soldi
necessari per tirare “Mad Dog” Lopez fuori dalla galera di Ri-
chmond, in Virginia, dopo che aveva avuto un alterco con al-
cuni poliziotti, aggravato dal fatto che avevamo suonato un po’
troppo a lungo… Secondo un’incerta ricostruzione, Danny ro-
vesciò i nostri grossi amplificatori Marshall addosso alla forza
pubblica di Middletown che era salita sul palco perché avevamo
infranto la legge… suonando, appunto, troppo a lungo. Mentre
io me ne stavo lì impalato ad osservare la scena, alcuni poliziotti
riuscirono a divincolarsi da sotto gli amplificatori e corsero a cer-
care assistenza medica. Uno di loro, invece, arrivò di fronte a me
e iniziò a far volteggiare il manganello insultandomi con epiteti
piuttosto coloriti. Fu in quel momento che vidi Danny tirato via per
un braccio da un piedipiatti ciccione che con l’altra mano teneva
Flo Federici, la prima moglie di Dan, che aiutava il suo uomo a
resistere all’arresto. A un certo punto, un ragazzino saltò sul palco
e distrasse momentaneamente il poliziotto con alcuni clamorosi
insulti, mentre Dan Federici – da quel giorno e per sempre “il Fan-
tasma” – si mischiava tra la folla scomparendo.

Un mandato di cattura e un mese di contumacia più tardi, Danny
non era ancora stato portato davanti a un giudice. Lo nasconde-
vamo in vari posti finché non si presentò un problema: dovevamo
fare un concerto al Monmouth College. Avevamo disperato biso-
gno di denaro e non potevamo assolutamente disertare lo show.
Provammo a sostituire Danny ma non funzionava. Così Dan,
per la nostra ammirazione, sbucò fuori dal suo nascondiglio e
disse che avrebbe rischiato la propria libertà.

Era la sera del concerto. Duemila fan urlanti nella palestra del
Monmouth College. Avevamo organizzato la cosa di modo che
Danny non sarebbe apparso sul palco fino al momento in cui a-
vremmo iniziato a suonare. Pensavamo che la polizia che era lì
per arrestarlo non l’avrebbe mai fatto durante il concerto, rischian-
do un nuovo tafferuglio.

Lasciatemi descrivere la scena. Danny era nascosto sul sedile
posteriore di una macchina nel parcheggio. Alle otto meno cinque
– e cioè all’ora in cui dovevamo iniziare – andai a chiamarlo. Bus-
sai al finestrino: “Danny, forza. È ora”. Da dentro sentii la sua voce:
“Non vengo”. “Cosa vuol dire che non vieni?” E lui: “I piedipiatti
sono sul tetto della palestra. Li ho visti. Se esco di qui mi beccano
in un secondo”. Quando aprii la portiera capii che Danny s’era fumato
qualcosa e che dava piuttosto sul paranoico. Gli sussurrai con calma:
“Danny, non c’è alcun poliziotto sul tetto”. “Ma io li ho visti”, rispose.
“Te lo giuro, li ho visti. Io non vengo”.

Così dovetti utilizzare una proceduura a cui sarei ricorso spesso
nei successivi quarant’anni per far ragionare il mio vecchio amico.
Lo adulai e lo minacciai. Finalmente uscì fuori. Corremmo dentro
la palestra e tenemmo un concerto fenomenale ridendo come ladri
al pensiero di come avevamo fregato i piedipiatti. Alla fine dello
show, durante l’ultima canzone, invitai sul palco tutto il pubblico
e Danny si confuse tra loro uscendo dalla porta principale. Ancora
una volta “il Fantasma” era riuscito a squagliarsela. (Mi capita an-
cora di ricevere ogni tanto delle cartoline dal vecchio capo della
polizia di Middletown, in cui invia a me e ai ragazzi i suoi più cor-
diali saluti. Le nostre storie sono legate a filo doppio per sempre).

E questo, comunque, amici miei, è solo l’inizio.

C’è stato un periodo in cui Danny lasciò la band durante alcune
settimane tumultuose al Mx’s Kansas City di New York, dopo
avermi spiegato che si licenziava per intraprendere la carriera
di riparatore di televisori. Gli chiesi di pensarci un po’ su e di
ritornare dopo un po’.

E mi ricordo di Danny, al volante della macchina che il gruppo
aveva affittato, fare strike con una serie di auto parcheggiate
dopo una notte di bagordi, e sbattere la testa al parabrezza
salvandosi per via del grosso e duro cappello da cowboy che
aveva da poco comprato in Texas.

Oppure di quando lasciò una piantina di marijuana sul sedile
anteriore della sua auto in un divieto di parcheggio. Ovviamente,
la macchina fu portata via. Danny venne da me e mi annunciò:
“Bruce, vado alla polizia a denunciarne il furto”. E io: “Non credo
che sia una buona idea”. Ma lui ci andò e ovviamente finì dritto
in gattabuia.

O quando Danny riuscì a diventare l’unico membro della E Street
Band ad essere buttato fuori dallo Stone Pony. E considerando tutti
i soldi che abbiamo fatto fare a quel locale, non era un’impresa facile,
onestamente.

O quando Danny subì (sopravvivendo) un assalto di un furibondo
sebbene sobrio “Big Man” Clarence Clemons dopo averlo fatto
incazzare di brutto.

Oppure Danny che mi aiuta a tirare fuori un piede da una cassa
del suo stereo dopo essere stato l’unico membro della band ad
avermi mandato davvero in collera.

E in mezzo a tutti questi casini, Danny suonava il suo meraviglioso
organo B3 per me, e il nostro amore continuava a crescere (la vita
è proprio strana!). Era molto più tollerante lui con i miei disastri che
io con i suoi.

Quando Danny non produceva caos, era un dolce, talentuoso, timido,
umile ragazzo di buon cuore che aveva la naturale capacità di far
andare tutto meravigliosamente storto.

Ma, a parte tutto, aveva un sacco di lati positivi. Ad esempio, era un
Ingegnere nato. Era sempre informatissimo sugli ultimi sviluppi della
tecnologia e ti spiegava tutto fin nei minimi dettagli. Lavorava sempre
per migliorare qualcosa: la sua macchina, il suo stereo, il suo organo…

Quando Patti si unì alla band fu il più entusiasta, prezioso e gentile
amico della prima donna che entrava nel nostro club di soli maschi.
Amava i suoi figli e si vantava sempre di Jason, Harley e Madison.
Amava molto anche sua moglie Maya per la ventata di aria nuova che
aveva portato nella sua vita.

E poi c’era il suo lato artistico. Era il musicista più intuitivo che io abbia
mai conosciuto. Il suo stile fluido riusciva a riempire tutti gli spazi che
gli altri della E Street Band lasciavano vuoti. Non s’imponeva mai, ma
preferiva essere complementare. Era un vero e proprio accompagna-
tore: il collante naturale che teneva insieme il sound del gruppo. Per
far questo, aveva creato per sé uno stile personalissimo. Quando a-
scolti Dan Federici non senti un uniforme e continua distesa di suoni,
ma senti un riff, compresso ed energico, che vola sopra tutto il resto
per pochi attimi e poi ritorna ordinatamente sui binari. “Phantom” Dan
Federici: un momento lo senti, e quello dopo non lo senti più.

Quando non era sul palco, Danny non sapeva dirti un singolo verso
o una singola progressione di accordi di alcuna delle mie canzoni.
Ma quando era sul palco le sue orecchie erano ben tese: ascoltava,
“sentiva” e suonava trovando il punto perfetto in cui inserire un accor-
do o una sequenza di note. Uno stile che creava per la nostra perfor-
mance un incredibile senso di spontaneità.

In studio, se volevo far evolvere il pezzo che stavamo registrando
mettevo al lavoro Danny senza dirgli cosa suonare. Lo lasciavo libero.
Portava con se i suoni dei luna-park, delle sale-giochi, dei lungo-oceano
e della spiaggia – la geografia della nostra giovinezza, il cuore e l’anima
del paese natale della E Street Band.

Poi siamo cresciuti. Molto lentamente. Abbiamo passato insieme anche
momenti di difficoltà e tribolazioni. Ma la reazione di Danny a un errore
sul palco o a un problema o a un qualsiasi evento catastrofico era nor-
malmente una scrollata di spalle e un sorriso. Come dire: “Siamo in
mezzo al mare in burrasca, ma non siamo ancora annegati”.

Ho visto Danny combattere e sconfiggere alcune serie dipendenze.
L’ho visto darsi da fare a rimettere insieme i pezzi della sua vita e
– durante l’ultimo decennio durante il quale si era riunita la band –
letteralmente rinascere sedendosi allo sgabello dietro il suo grande
organo, di nuovo pieno di vita e, sì, con una nuova maturità e una
rinnovata passione per il suo lavoro e la sua famiglia.

Alla fine, l’ho visto combattere contro il cancro senza piangersi
addosso, con grande coraggio. Quando ultimamente gli ho chiesto
come andassero le cose, mi ha risposto: “Cosa posso fare? Posso
solo sperare nel domani”. Ecco Danny, il fatalista ottimista. Non si
è mai arreso fino all’ultimo.

Qualche settimana fa è salito sul palco a Indianapolis per quello
che sarebbe stato il suo ultimo concerto. Prima di iniziare gli ho
chiesto cosa volesse suonare e mi ha detto: “Sandy”. Voleva vo-
lare sulla sua fisarmonica per ricordare il boardwalk della nostra
giovinezza nelle sere d’estate quando passeggiavamo su quelle
assi di legno con tutto il tempo del mondo. “Che ne dici se ci but-
tiamo in macchina? È una notte splendida!”… “Che ne dici se ci
facciamo una nuotata anche se siamo ricercati dall’intero diparti-
mento di polizia di Middletown?”… Voleva suonare ancora una
volta quella canzone che parlava della fine di qualcosa di mera-
viglioso e dell’inizio di qualcosa di sconosciuto e nuovo.

Torniamo un attimo a quei giorni miracolosi. Pete Townshend ha
detto: “Un gruppo rock è una pazzia. Conosci delle persone quando
sei un ragazzino e, a differenza di ogni altro lavoro, ne resti avvinto
per tutta la vita, chiunque essi siano o qualunque stupida cosa essi
facciano”.

Se non avessimo suonato insieme, oggi noi della E Street Band
probabilmente non ci conosceremmo affatto. Non saremmo qui
in questa stanza tutti assieme. Ma l’abbiamo fatto: abbiamo suo-
nato insieme. Tutte le sera, alle otto, entriamo in scena insieme
e quello là, sul palco, amici miei, è il posto dove avvengono i mi-
racoli… vecchi e nuovi miracoli. E le persone con le quali assisti
a un miracolo non te le scordi più. La vita non riesce a separarti
da loro. E nemmeno la morte può farlo. Sei fiero di far parte di
gente che crea miracoli per te, come ha fatto Danny per me ogni
sera.

Certo, siamo cresciuti e sappiamo che “è solo rock ‘n’ roll”. Ma
in realtà non lo è. Dopo una vita intera passata a guardare un
uomo che fa miracoli per te, sera dopo sera, capiamo che si tratta
di amore.

Quindi, oggi, mentre fa la sua ennesima uscita misteriosa, diciamo
addio a Danny, Dan “il Fantasma”. Padre, marito, mio fratello, mio
amico, mio mistero, mia spina, mia rosa, mio tastierista, mio uomo
dei miracoli e membro a vita della scuoti-pavimenti, cala-pantaloni,
terremota-mondo, smuovi-piedi, spezza-cuori e… sì… sconfiggi-morte,
leggendaria E Street Band!


Profilo WWW
MessaggioInviato: 30 aprile 2008, 16:58
Avatar utenteMessaggi: 4253Località: ladispoliromaitaliaeuropamondoIscritto il: 9 gennaio 2008, 22:17
:cry: :cry: :cry:


Profilo WWW
MessaggioInviato: 30 aprile 2008, 17:02
Avatar utenteMessaggi: 2966Località: Lamezia TermeIscritto il: 16 febbraio 2007, 19:51
Bellissimo


Profilo

Visualizza ultimi messaggi:  Ordina per:

Tutti gli orari sono UTC +2 ore [ ora legale ]
Pagina 2 di 2
20 messaggi
Vai alla pagina Precedente  1, 2
Visitano il forum: Nessuno e 11 ospiti
Cerca per:
Apri un nuovo argomento  Rispondi all’argomento
Non puoi aprire nuovi argomenti
Non puoi rispondere negli argomenti
Non puoi modificare i tuoi messaggi
Non puoi cancellare i tuoi messaggi
cron